Tra sogno e realtà, c’è solo la Champions
La Roma ospita il Chelsea, Juve a Lisbona dallo Sporting: altro test oltre al campionato
Dal campionato all’Europa, è in questo passaggio che si parrà la loro nobilitate. Le trombe della Champions diffondono, a Lisbona, Sporting-Juventus e, all’Olimpico, Roma- Chelsea. Domani sera, al San Paolo, niente meno che Napoli-Manchester City, la prima d’Italia contro la prima d’Inghilterra. Il nuovo testamento di Sarri contro il pensiero totalizzante di Guardiola: i puristi si leccano i baffi.
FUOCO ALLE POLVERI. Nei nostri cortili, sono tutti fenomeni. Prendete l’Higuain di sabato: ha sollevato il Milan per il bavero e l’ha crivellato, letteralmente. Due gol, e che gol. Splendidi. Ecco: stiamo parlando dello stesso centravanti che, con il Real a giugno, non toccò palla persino nel primo tempo, quando la parità lasciava presagire chissà quali scenari. Dal fumo di Cardiff al l’arrosto d i San Siro “quantum mutatus ab illo”, chioserebbe Berlusconi.
Che discorsi: il Real è il Real e il Milan è il Milan. Certo. Ma proprio per questo lo spaccio di iperboli andrebbe regolato per legge. Appartiene, il Pipita, alla tribù dei bomber che soffrono gli sbalzi di censo e di pressione. Un po’ meno, Dzeko. La doppietta del traliccio bosniaco aveva decorato il romanzesco 3-3 a Londra. Gran volée di sinistro e gran colpo di testa. La classe non è acqua, ma se sai nuotare è meglio. Dicono che Conte sia sempre in guerra con Abramovich, anche se il Chelsea ha ripreso a vincere. Il paradosso della Roma riguarda la difesa, per tradi- zione il reparto più vulnerabile. Di Francesco è un “figlio” di Zeman che la carriera ha portato a una dolce revisione della scintilla primigenia. Con cinque reti subìte in dieci partite (ne manca una, quella di Marassi con la Sampdoria), vanta il bunker più blindato del reame. Quasi un ossimoro, se pensiamo all’infarinatura culturale.
E poi Mertens. L’esterno che, con Sarri, è diventato “nueve” verissimo, altro che falso. Nei nostri cortili, una fabbrica di emozioni. Non ancora nel vasto mondo. In Ucraina, contro lo Shakhtar, cominciò in panchina e si procurò un rigore, poi trasformato da Milik. Il Napoli perse, comunque. Si rifecero, entrambi, con il Feyenoord: 3-1 e un gol.
NELL’ ANDATA a Manchester, in compenso, il belga, proprio lui, sciupò un penalty e il City s’impose di misura, 2-1. Fu un’ordalia di imbarazzante lettura: dopo mezz’ora, tirava aria di 4-0; alla fine, di 2-2.
Guardiola pressa alto e punta a un tambureggiante recupero-palla. Il suo è un calcio seducente e misterio- so come un giro di roulette, in sacrilego bilico tra azioni stordenti e coperture indecenti. Sarri lavora a Napoli da tre stagioni, la formazione- base è ormai una filastrocca, la manovra si snoda attraverso triangoli memorizzati, e pure la fase difensiva è migliorata. In Italia, sul piano del gioco, c’è il Napoli e ci sono altre diciannove squadre, Juventus compresa. La qual cosa non significa che il Napoli vincerà lo scudetto: significa, semplicemente, che la società ha sposato una filosofia diversa.
Roma- Chelsea e Napoli-Manchester City ci aiuteranno ad aggiornare i confini tra Premier e serie A. Come quattrini (e distribuzione dei medesimi) c’è un abisso; a livello tecnico e tattico, no. Hanno più soldi, non sempre più idee.