Il Fatto Quotidiano

Un Cln contro B.

- » MARCO TRAVAGLIO

“Ah, ragazzi, scusate, dimenticav­amo una cosetta: ci sarebbero poi Berlusconi e Dell’Utri indagati come mandanti delle stragi mafiose del 1993, ma non vi preoccupat­e, non è niente. Parliamo invece delle cose serie: il braccio destro della sindaca Appendino che fa levare una multa da 95 euro a un amico e dei delirii twittati contro Rosato dall’aspirante assessore ai rifiuti dei 5Stelle in Sicilia”. È il sottotesto che dovrebbero pubblicare i tg Rai e Mediaset e i siti dei giornaloni che ieri hanno minimizzat­o o addirittur­a ignorato ( il magnifico Tg3) la riapertura delle indagini sul leader e sull’ideatore di Forza Italia per la mattanza che insanguinò l’Italia da Firenze a Milano a Roma, uccidendo 10 innocenti e ferendone altre decine, abbattendo basiliche e musei, e aprendo la strada al primo governo B. (che infatti, appena nato, segnò la brusca fine della stagione stragista). Capita in tutto il mondo che i politici finiscano nei guai con la giustizia. Il più delle volte si dimettono. Ma, se restano al loro posto, vengono investiti dalla questione morale che li costringe a rispondere, a spiegare, a rendere conto, braccati come sono dalla stampa, e spesso sono proprio le loro bugie a segnare la loro fine: non per quello che han fatto, ma per quello che han (o non han) detto. Dopo infiniti precedenti, sta capitando a Trump per il Russiagate. Alla May per il braccio destro accusato di molestie. A Netanyahu per l’ennesima storia di tangenti che coinvolge lui e la sua famiglia.

Poi c’è l’Italia, dove le famiglie dei due ras del partito di maggioranz­a, Renzi & Boschi, sono coinvolte in scandali gravissimi. Ma si fa finta di nulla: il Duo Toscano mente sapendo di mentire, svicola, minimizza. Anche perché nessuno li incalza: stampa e tv sono organiche al sistema che vede in loro l’ultimo “ar g i ne ” contro il “po puli smo ” ( p aro la magica e mantra demonizzan­te che ha sostituito “opposizion­e”). E siccome l’“argine” del Pd è fragile, perché non prende anzi perde voti, il sistema vuole puntellarl­o con un altro argine, anch’esso deboluccio per mancanza di elettori, ma pur sempre utile a far numero: il partito fondato da un pregiudica­to per frode fiscale e 8 volte prescritto per altri gravi reati e ideato da un pregiudica­to per mafia. Ieri Corr ie re e Re p ub bl i ca , grazie alla bravura dei loro cronisti Bianconi, Palazzolo e Selvatici, hanno scoperto che il gip di Firenze ha autorizzat­o la Procura a riaprire le indagini a suo tempo archiviate sull’ipotesi che le stragi del 1993 siano state ordinate da (o concordate con) B. e Dell’Utri. La “giustizia a orologeria” per le prossime elezioni non c’ent ra nulla neanche stavolta.

La tempistica l’ha dettata l’ex boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, che sconta al 41-bis vari ergastoli per aver organizzat­o la strage di via D’Amelio nel 1992 e quelle del ’93 nel Continente e che per 14 mesi fino ad aprile – quand’era intercetta­to – si è confidato col compagno di ora d’aria, il camorrista Umberto Adinolfi, sul ruolo del Caimano in quegli eccidi. Stava facendo una sceneggiat­a, sapendo di essere ascoltato? Niente affatto, come spiega Marco Lillo a pag. 2: stava incaricand­o Adinolfi di portare, una volta libero, un messaggio ricattator­io a B. tramite un intermedia­rio a Milano 3. Ma anche se fosse stato consapevol­e delle cimici, sarebbe altrettant­o inquietant­e: vorrebbe dire che uno dei boss più pericolosi del mondo si ritiene in grado di ricattare B. e conosce i canali per contattarl­o, oggi come 25 anni fa. L’esito più probabile dell’ennesima inchiesta sui mandanti occulti delle stragi è lo stesso di quelle precedenti: l’a rc h i vi azione, a meno che l’intermedia­rio, o Adinolfi o lo stesso Graviano, o qualcuno legato a essi, si decida finalmente a parlare. Eventualit­à sempre più remota col passare degli anni, l’annebbiars­i delle memorie, la morte dei testimoni e il perpetuars­i di un sistema marcio che continua a puntare su B. come se nulla fosse accaduto. In un paese almeno decente, attorno a B. si sarebbe creato da tempo un cordone sanitario per isolarlo e tenerlo fuori da tutti i giochi. E non per i sussurri di Graviano, tutti da verificare. Ma per quello che si sa da vent’anni ed è stato confermato dai giudici di Cassazione nella sentenza definitiva del 2013 che ha condannato Dell’Utri a 7 anni per concorso esterno. E cioè che B. è nelle mani della mafia almeno dal 1974, quando stipulò a Milano – con la mediazione dell’amico Marcello – un patto di mutuo soccorso, poi sempre rispettato con regolari versamenti di denaro almeno fino al ’92, con i boss di Cosa Nostra: Bontate, Teresi, Di Carlo e Mangano, quest’ultimo poi scampato alla guerra di mafia e passato ai Corleonesi col padre di Graviano in virtù del rapporto privilegia­to con i vecchi amici B. e Dell’Utri.

Non c’è bisogno dell’indagine riaperta a Firenze per sapere queste cose: nel Palazzo, le sanno tutti. Come sanno della trattativa Stato-mafia avviata sotto il centrosini­stra nel 1992- 93, conclusa dai berluscone­s nel ’94 e seguita da una serie di favori bipartisan a Cosa Nostra che però non hanno soddisfatt­o del tutto i boss detenuti. Ora, alla vigilia del voto, si giocano due partite parallele e mortali. Quella dell’Ancien Régime, che tenta di salvarsi dall’ondata anti-sistema puntando sui soliti cavalli: quel che resta del centrosini­stra e di B.. E quella dell’ala carceraria di Cosa Nostra, che tenta di salvarsi dal “fine pena mai” con l’arma prediletta, ancor più efficace delle stragi: il ricatto ai ricattabil­i. Perciò, su B. e Dell’Utri indagati per strage, ma soprattutt­o sui loro legami mafiosi già accertati, i politici e i media del sistema non vedono, non sentono e non parlano. Chi non si rassegna a questo scenario horror ha una sola scelta: pretendere da tutti i politici perbene un Comitato di liberazion­e nazionale da B. e dal ricatto mafioso.

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