Quei “contatti tra FI e i boss” e la condanna di Marcello
In Sicilia e in Toscana i magistrati archiviarono i fondatori di FI sottolineando i rapporti e i passaggi di denaro verso Cosa Nostra
Èil 7 agosto 1998 quando quattro magistrati della Procura di Firenze (il procuratore aggiunto Francesco Fleury, Gabriele Chelazzi, Giuseppe Nicolosi, Alessandro Crini insieme all’allora sostituto in Dna Pietro Grasso) firmano la prima richiesta di archiviazione per Silvio Berlusconi accusato di strage, scrivendo che la natura e la durata del rapporto tra l’uomo di Arcore, Dell’Utri e i capimafia “non ha mai cessato di dimensionarsi (almeno in parte) sulle esigenze di Cosa Nostra, vale a dire sulle esigenze di un’org aniz zazione criminale”.
SEDICI ANNI dopo, sarà la Cassazione a confermare quelle parole ritenendo Marcello Dell’Utri il garante decisivo per 18 anni, dal ’74 al ’92, dell’accordo tra Silvio Berlusconi e Cosa Nostra, sostenendo che “la sistematicità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro da Marcello Dell’Utri a Gaetano Cinà sono indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione all’accordo al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di Cosa Nostra”.
In mezzo ci sono quasi vent’anni di indagini antimafia arenate sull’assenza di riscontri dell’“intesa preliminare’’ stragista che hanno indotto i pm dell’inchiesta sulla Trattativa Stato-mafia a considerare il leader di Forza Italia vittima del “ricatto allo Stato” nel ’94, al momento della sua nomina a presidente del Consiglio.
Uno “status”, quello di vittima, in bilico sulle parole del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano visto che, come ha detto l’ex pm Antonio Ingroia, “se la cortesia di cui parla Graviano, che Berlusconi gli avrebbe chiesto poco prima di scendere in campo, fosse da collegare con le stragi sarebbe difficile affermare che l’ex Cavaliere è stato solo una vittima del ricatto allo Stato; se fosse stato addirittura complice delle stragi – ha aggiunto Ingroia – che furono strumento della trattativa, Berlusconi dovrebbe essere considerato complice anche della trattativa’’.
E SE NEL 1998 a Firenze Berlusconi e Dell’Utri vennero iscritti come “Autore 1” e “Autore 2”, tre anni dopo alla Procura di Caltanissetta, questa volta per le stragi del ’92 contro Falcone e Borsellino, i loro nomi in codice divennero “Alfa” e “Beta”, posizioni archiviate con una motivazione analoga per la severità del giudizio: “Gli atti del fascicolo – scrisse il gip Giovambattista Tona – hanno ampiamente dimostrato la sussistenza di varie possibilità di contatto tra uomini appartenenti a Cosa Nostra ed esponenti e gruppi societari controllati in vario modo dagli odierni indagati. Ciò di per sé legittima l’ipotesi che, in considerazione del prestigio di Berlusconi e Dell’Utri, essi possano essere stati individuati dagli uomini dell’organizzazione quali eventuali nuovi interlocutori’’.
A parlare furono i pentiti, quasi tutti di Brancaccio, ritenuti non sufficienti per un rinvio a giudizio: Pietro Romeo raccontò le confidenze ricevute da Francesco Giuliano ( condannato per le stragi, ndr) su un politico di Milano “che diceva a Giuseppe Graviano di mettere le bombe e che era in grado di fargli conoscere i luoghi in cui si trovavano i pentiti”, confidenze che Giuliano avrebbe fatto anche a Giuseppe Ciaramitaro, rivelandogli che c’era un politico che proteggeva gli stragisti, che dietro le stragi c’erano Berlusconi e altri politici’’. Fino ad arrivare a Giuseppe Monticciolo, fedelissimo di Giovanni Brusca, che raccontò di un incontro in una villetta di Villagrazia tra lui, il boss Leoluca Bagarella e Marcello Dell’Utri, con uno scambio di lettere. Lì Dell’Utri avrebbe detto che Berlusconi vuole una “cortesia’’ e gli avrebbe dato una lettera con un elenco di monumenti da far saltare in cambio di benefici sul 41-bis.
Lo stesso termine, “cortesia’’, adesso utilizzato in carcere da Graviano nelle conversazioni intercettate che hanno indotto i pm di Firenze a riaprire le indagini: “Berlusca mi ha chiesto questa cortesia… per questo è stata l’urgenza di… lui voleva scendere… però in quel periodo c’erano i vecchi…”.
La “cortesia”
Il pentito Monticciolo usò sugli eccidi lo stesso termine del boss intercettato