Il Fatto Quotidiano

Insieme ma diversi: i fratelli di Brancaccio

Filippo più loquace e più ambiguo, Giuseppe il capo militare venerato dai killer

- GLB

Di loro i pentiti dicono che erano “una persona sola”. Insieme facevano affari (il villaggio Euromare, la Palermitan­a Blocchetti, la Renault Service), insieme i divertimen­ti e le vacanze (nel 1992 a Triscina ospiti di Matteo Messina Denaro, nell’estate del 1993 a Forte dei Marmi e poi in Sardegna, a Milano, Abano Terme, Rimini), insieme sono stati arrestati il 27 gennaio ’94 al ristorante Gigi il Cacciatore di Milano.

INSIEME, ma diversi, Giuseppe e Filippo Graviano, i boss stragisti del quartiere palermitan­o di Brancaccio hanno rivelato nei processi caratteri e comportame­nti diseguali: Giuseppe è il capo militare, venerato dai suoi killer che lo hanno ribattezza­to “madre natura”, ed è lui ad andare in commission­e con Totò Riina.

E nel 2009, quando arriva la svolta con il pentimento dell’ex fedelissim­o Gaspare Spatuzza che racconta di avere avuto un via libera a parlare da Filippo Graviano, incontrato in carcere nel 2004 (“mi disse che se non arriva niente da dove deve arrivare è bene che anche noi cominciamo a parlare con i magistrati”) davanti ai giudici si nasconde dietro la facoltà di non rispondere, motivata dalla sofferenza procurata dal 41-bis.

Filippo, invece, è più loquace, e lancia ambigui messaggi: rivela di avere intrapreso da dieci anni un “percorso di leg al i tà ”, giurando di “astenersi da comportame­nti astuti”, e raccontand­o la sua passione per lo studio e la matematica in particolar­e, che in- segna agli altri detenuti. Con questa premessa in aula si sfiora il colpo di scena, quando Filippo Graviano conferma di avere incontrato in carcere Spatuzza: “Mi disse che aveva incontrato Vigna’’. Ma il boss dosa la suspense (“sul contenuto non vorrei dire qualcosa di errato”) lasciando intendere di essere pronto a parlare, per poi negare tutto: “A Spatuzza non ho detto quelle parole, né potevo dirle. Sono stato arrestato nel ’94, dovevo scontare quattro mesi. Nessuno doveva prometterm­i niente. Se avessi dovuto consumare una vendetta, l’avrei fatto allora, nel 2004, non è che stavo in un hotel. Per le mie scelte deci- do io, non Spatuzza né mio fratello Giuseppe”.

Chiusura totale, confermata dalla risposta all’ultima domanda del pm: “S ignor Graviano, ha conosciuto il senatore Dell’Utri?”. “Assolutame­nte no’’. E quando, alla fine dell’udienza, i giornalist­i chiedono all’avvocato dei Graviano se le parole di Giuseppe indicano che sarebbe disponibil­e a parlare solo qualora gli fosse revocato il 41-bis, il legale risponde: “Non dovete interpreta­rla così, sono cose che dice dal '94. Però se le sue condizioni di salute dovessero migliorare, come ha spiegato, potrebbe parlare”.

La storia Fino all’arresto erano inseparabi­li, poi hanno rivelato caratteri e comportame­nti differenti

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I boss stragisti di Brancaccio, Filippo (a sinistra) e Giuseppe Graviano, arrestati insieme a Milano nel 1994
Ansa Da giovani I boss stragisti di Brancaccio, Filippo (a sinistra) e Giuseppe Graviano, arrestati insieme a Milano nel 1994
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