Gentiloni, Minniti, Franceschini I “derogandi” del Pd renziano
Da 15 anni in Parlamento: dovrebbero essere incandidabili
Secondo le regole del Partito democratico, il premier Paolo Gentiloni non potrebbe candidarsi nelle liste delle prossime elezioni politiche. Come lui, resterebbero fuori ministri e volti storici, come Dario Franceschini, Marco Minniti, Anna Finocchiaro, Andrea Orlando e Roberta Pinotti. Lo statuto lo stabilisce in modo chiaro: la durata massima di una carriera parlamentare è di tre mandati. Nel 2012 la norma è stata interpretata in modo estensivo: il limite è di tre legislature piene, ovvero 15 anni. Gran parte dei ministri sopra citati supera anche questa soglia.
Lo statuto però prevede pure una via di fuga: i parlamentari di lungo corso possono chiedere una deroga, che viene valutata dalla direzione del partito. In pratica, deciderà la maggioranza che fa capo a Matteo Renzi. Un bel paradosso per l’uomo che ha scalato la politica italiana con la promessa di rinnovare radicalmente ( rottam are) la sua classe dirigente. Il segretario del Pd avrà l’ultima parola sulle richieste di una lunga lista di “derogati” che siedono in Parlamento da almeno tre lustri.
IL CASO PIÙ clamoroso, dicevamo, è quello dell’at t u a l e presidente del Consiglio. La carriera parlamentare di Paolo Gentiloni è lunga 16 anni e 135 giorni. Quella di Dario Franceschini, ministro della Cultura, è di qualche settimana più longeva: 16 anni e 156 giorni. La stessa di Pinotti eMinniti, ministri della Difesa e dell’Interno (l’ex dalemiano è il politico più in ascesa del governo). Finocchiaro, titolare dei rapporti con il Parlamento, è all’ottava legislatura, per un totale di 30 anni e 123 giorni. Il Guardasigilli Orlando è invece alla terza legislatura, ma è entrato in Parlamento nel 2006, sarebbe quindi al di sotto della soglia dei 15 anni.
Non c’è solo mezzo esecutivo nella “tagliola” dello statuto, ma pure molti parlamentari semplici. Al Senato sono i seguenti, in ordine di longevità: Giuseppe Lumia, U go S p os e t t i, Sergio Zavoli, Walter Tocci, Alessandro M a r an , Giorgio Tonini e Vannino Chiti (tutti con una carriera compresa tra i 16 anni e i 23 anni, dati Openpolis). Alla Camera: Rosy Bindi, Gianclaudio Bressa, Giuseppe Fioroni , Francesco Monaco, Sesa Amici, Barbara Pollastrini , Giovanni Burtone, Andrea Martella, Roberto Giachetti, Marina Sereni, Andrea Rigoni, Ermete Realacci, Raffaella Mariani, Ti- “L’epoca
in cui si sta insieme a prescindere è finita, si sta insieme se si condivide un progetto e un programma, non ci possono chiedere un atteggiamento da vassalli”. Alfredo D’A ttorre, deputato e esponente di Mdp, non ha preso bene il solenne annuncio del segretario regionale del Pd, Alessandro Alfieri, al termine della direzione del Pd lombardo che ha votato all’unanimità Giorgio Gori come candidato alla presidenza della Regione Lombardia nelle elezioni 2018.
Allora il Pd ha deciso: sarà il sindaco di Bergamo a guidare la coalizione di centrosinistra e a sfidare Roberto Maroni per la presidenza della Regione Lombardia Senza un minimo di condivisione del programma e senza un sistema democratico per individuare il candidato giusto non se ne parla proprio. Pd, Patto Civico, Campo progressista, Partito socialista, Italia dei Valori e Verdi hanno espresso ampia condivisione sullo svolgimento delle primarie in tempi stretti e non oltre il 3 dicembre ma dicono che non si è ottenuta la necessaria convergenza di Articolo 1 - Mdp. no Iannuzzi (anche qui, con carriere tra i 16 e i 23 anni).
A CHIEDERE la deroga alla direzione, quindi, potrebbero essere 5 ministri (o 6 contando Orlando) e 21 parlamentari (tra cui il renziano di ferro Giachetti, vicepresidente della Camera). Finora in pochissimi hanno dichiarato la rinuncia alla candidatura: Finocchiaro l’ha fatto in un discorso al Senato, il 4 febbraio 2016 (e dal suo staff riferiscono che non ha cambiato idea).
Bindi, presidente della commissione Antimafia, l’ha annunciato in un’intervista al Fatto dello scorso aprile. Sposetti, ex tesoriere dei Ds, ha comunicato che continuerà a fa- re politica fuori dai Palazzi.
Per lo statuto, eventuali deroghe “devono essere deliberate dalla Direzione nazionale con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti”.
IL COORDINATORE della segreteria Lorenzo Guerini fa sapere che “la Direzione si riunirà entro dicembre per stabilire i criteri delle deroghe”. Filtra l’ipotesi di riconoscerle automaticamente a tutti i ministri, nel caso chiedano di essere ricandidati.
Nel 2012 il segretario del Pd era Bersani, le deroghe furono 10. Renzi era ancora rottamatore. Ora tocca a lui.