Puigdemont tra Belgio e Spagna “Garanzie per processo equo”
Il presidente decaduto sulla via del ritorno tenta una trattativa prima del tribunale
Alle 12 e 50 di ieri, con un ritardo di 20 minuti sull’orario annunciato e in una sala diversa e molto più piccola rispetto a quella dov’era inizialmente prevista, comincia la conferenza stampa di Puigdemont, da Bruxelles, dove è arrivato la notte di domenica accompagnato da alcuni consiglieri del suo governo. Spiega le ragioni del suo viaggio Puigdemont, con destinazione la capitale della Ue, piuttosto che il Belgio, perché “abbiamo pensato che il modo migliore per esprimerci come governo legittimo della Catalogna è dalla capitale d’Europa”. “Non sono qui per chiedere asilo, non vogliamo sottrarci alle nostre responsabilità davanti alla giustizia”, chiarisce; ma vuole garanzie internazionali perché cessi la persecuzione del governo spagnolo sulle persone, sulle idee, com’è nella querela per ribellione del procuratore generale Maza “che non si sostiene giuridicamente”.“Non voglio esporre i miei concittadini a una nuova violenza da parte dello Stato e se ci fosse la garanzia di un giudizio giusto, tornerei immediatamente” e invece non sa quanto tempo si fermerà a Bruxelles.
SPIEGA CHE IL SUO GOVERNO è parte a Bruxelles, parte a Barcellona e che ciascuno continuerà a fare il suo lavoro; appoggia tutte le iniziative pacifiche per evitare che il com- missariamento smonti il sistema catalano. Assume “le elezioni dello Stato spagnolo come una sfida democratica”. Elezioni che pensa come plebiscitarie, alludendo a una lista unitaria degli indipendentisti, forse estesa anche a una parte del sovranismo. “Noi rispetteremo i risultati delle elezioni del 21 dicembre. Farà lo stesso il governo spagnolo se ci sarà una maggioranza indipend e nt i s t a? ”, chiede rivolto a Madrid, perché c’è chi ha detto che se le elezioni dovessero confermare la maggioranza agli indipendentisti come indicano gli ultimi sondaggi, si potrebbe prorogare il commissariamento della Catalogna.
MILLO, DELEGATO del governo spagnolo in Catalogna, sottolinea come “Pui gde mo nt abbia riconosciuto le elezioni”.
Puigdemont conclude e- sortando l’Europa a reagire “perché la causa catalana si fondamenta sui valori europei” e “al popolo catalano di attrezzarsi per un cammino lungo, con il pacifismo come unica arma”. E l’Audiencia Nacional lo ha già convocato, assieme a Junqueras e agli altri componenti del governo catalano per giovedì e venerdì prossimi, indagati per i delitti di ribellione, sedizione e malversazione di fondi pubblici; la giudice istruttora è Lamela, la stessa che ha mandato in carcere i Jordis. In tarda serata si apprende che da Bruxelles starebbero rientrando a Barcellona alcuni dei consiglieri che accompagnano Puigdemont, forse lui stesso. Anche la presidente del parlamento catalano Carme Forcadell che ieri ha detto che “ci vogliono in cella per le nostre idee” assieme ad altri 5 componenti della presidenza, comparirà in quei giorni davanti al Tribunal Supremo, indagata per gli stessi delitti.
Il popolo indipendentista guarda con sgomento l’evolversi degli avvenimenti e il sentimento prevalente è di confusione. Se Puigdemont non si presenterà domani a Madrid la procura potrà chiedere di ordinare l’accompagnamento coatto emettendo un mandato d’arresto europeo. Ma in Belgio la legge prevede che possa essere eseguito senza un esame dei tribunali solo per alcuni reati: ”ribellione” e “sedizione” non ne fanno parte
“Carcere politico” Forcadell, presidente del Parlamento: “Ci vogliono in cella per le nostre idee” La scheda