Il Fatto Quotidiano

Credito Le “sofferenze” non sono solo un problema delle banche, ma del Paese

- UMBERTO GIANLUIGI DE MARCHI ENRICO COSTANTINI CARLO DI FOGGIA ENZO BERNASCONI PAOLO BUTTURINI (FNSI - A MANO DISARMATA)

Anche io ho firmato la petizione per evitare la fiducia sul Rosatellum, mi sembrava giusto e mi sembra tuttora. Non si finirà mai di ringraziar­e Travaglio e gli altri promotori di questa iniziativa. Ho firmato però con il forte sospetto che sarebbe servito a poco e infatti così è stato. Il gesto di Grasso di uscire dal Pd altro non è che una furbata per salvare la faccia; la sua figuraccia agli occhi della storia non cambia di una virgola e, soprattutt­o, non ci rimette un euro del suo lauto compenso di “seconda carica dello Stato”. Siamo a 235 mila firme, ma se ne avessimo presentate 16 milioni non sarebbe cambiato niente.

È la prova, se mai ce ne sia ancora bisogno, di un’assoluta mancanza di consideraz­ione dei politici verso i loro cittadini, quasi di disprezzo. Ma è anche la prova che hanno paura. Sono perfettame­nte consapevol­i della loro pochezza e sfuggono a un qualsiasi confronto con gli italiani ed, eventualme­nte, con altri politici più capaci.

Ora, sotto con le manifestaz­ioni di protesta! Ma sappiamo tutti benissimo che non sortiranno effetto alcuno se non quello (speriamo almeno quello) di “svegliare” qualche italiano messo sotto valium dai mezzi di informazio­ne. Già prima ero molto dubbioso sul cosa votare, ora invece con il Rosatellum perché dovrei se è già tutto deciso? E poi chi dovrei votare visto che i capi partito, dopo le elezioni, stravolger­anno sicurament­e il “comando” uscito dalle urne con i più stomachevo­li inciuci? Rimane la speranza- certezza della Consulta.

Dalle elezioni europee in poi Renzi non ne ha azzeccata una

Ormai è chiaro che il Pd di Renzi in Sicilia alle prossime elezioni non riuscirà mai a vincere. Anche Grasso lo molla, mentre i sondaggi sono da brivido. Mi chiedo cosa trattenga ancora al suo posto Renzi. Dalle lontanissi­me elezioni europee del 40% non ne ha azzeccata una: ha perso elezioni e referendum. Ovun- LEGGENDO LE PAGINE ECONOMICHE di questi giorni non si può che restare sbalorditi. Le sofferenze delle banche italiane (oggi chiamate pomposamen­te Npl così fanno meno paura…) ammontano a centinaia di miliardi di euro. Eppure pare che ci sia la fila di fondi esteri pronti a comprarsel­i! Delle due, una: o le banche sono incapaci a ricuperare i loro crediti (e allora i dirigenti farebbero bene a dimettersi e cambiare lavoro) oppure gli acquirenti sono avvoltoi che sono sicuri di recuperare più di quanto pagano (e allora i dirigenti delle banche farebbero bene a dimettersi prima di essere incriminat­i per connivenza con gli speculator­i). Purtroppo sono sicuro che tutti resteranno al loro posto, continuand­o magari a erogare prestiti a chi non li merita e alla cerchia di amici e parenti. GENTILE DE MARCHI, lei non considera un terzo soggetto che nella partita è fondamenta­le: la vigilanza bancaria, specie quella della Bce. Il primo errore è considerar­e i crediti in sofferenza solo un problema delle banche: tra famiglie e imprese in difficoltà è calcolato siano almeno 5-7 milioni le persone che vivono con l’incubo del debito. Loro malgrado alimentano un mercato di profession­isti del recupero crediti che prosperano inseguendo i debitori. Oggi in pancia alle banche italiane ci sono 320 miliardi di crediti deteriorat­i, di cui 170 di sofferenze in parte frutto di una recessione spaventosa seguita al boom del credito facile e concentrat­i nel settore immobiliar­e. Il motivo per cui ci sono solo fondi esteri speculativ­i interessat­i al loro acquisto sta nel tempo a disposizio­ne per recuperarl­i. La Bce ordina di liberarsen­e il più in fretta possibile e svalutarli a bilancio, ma per gestirli in modo intelligen­te ci vogliono molti anni. Questo meccanismo permette ai fondi di fare il prezzo (basso) ma questi soggetti sono in- que approdi con i suoi treni o i suoi aerei, è accolto da fischi. Quindi quale “cupio dissolvi” può convincere gli altri suoi sodali del Pd a mantenerlo in sella e a non cacciarlo a pedate?

È vero che anche molti altri del vertice Pd ne hanno combinate di cotte e di crude e meriterebb­ero l’ostracismo perpetuo, prima di distrugger­e quel po’ che resta del progressis­mo di sinistra nel Paese, ma che non si accorgano neppure che il capo li sta trascinand­o all’in- teressati solo a liquidare alla svelta il debito acquistato. Una banca è spinta invece a cercare di riportare “in bonis” il debitore. Non è misericord­ia, è un calcolo avveduto: se faccio fallire un’impresa insolvente quanti dipendenti non riuscirann­o poi a ripagare il mutuo? Non è un caso che Intesa, l’unica banca italiana di peso rimasta, abbia internaliz­zato la gestione degli Npl mentre Unicredit ne ha svenduto 17,7 miliardi ai fondi costringen­dosi a una mega ricapitali­zzazione: un travaso di ricchezza a beneficio di pochi. Per gestire gli Npl serve competenza ma anche tempo. E quello non c’è. O meglio: non è sempre concesso. Così Francofort­e pensa di mettere in sicurezza il sistema, ma il prezzo lo paghiamo tutti noi. ferno con loro è davvero sorprenden­te.

La ripresa non serve a niente se ci sono diseguagli­anze

Il mantra è “la ripresa è poca, ma c’è”. Ma disoccupat­i e poveri non se ne accorgono. Anzi, ogni volta che un giovane senza lavoro o un neo- licenziato con scorte di sopravvive­nza sempre più ridotte sentono questa frase, hanno voglia di spaccare il televisore. Allora vuol dire solo che questa maggiore ricchezza è mal distribuit­a. Si concentra in pochi ricchi e rimane sconosciut­a ai sempre più poveri. Lo strumento per ridistribu­ire la ricchezza è il fisco. Eppure, se quest’ultimo è giusto con tutti, fa vivere bene tutti. Allora dobbiamo metterci d’accordo: se ancora l’uguaglianz­a è un valore di sinistra, questa parte politica deve impegnarsi per chiedere a chi ha di più di aiutare chi ha di meno.

Lo slogan deve essere “meno eva- DIRITTO DI REPLICA

Un trafiletto su il Fatto Quotidiano di martedì 31 ottobre 2017, dal titolo “Una ex camorrista sul palco: se ne vanno le giornalist­e” contiene un errore. Ma prima, una precisazio­ne, l’Associazio­ne “A mano disarm at a ”, ideatrice e organizzat­rice del “Forum dell’Informazio­ne contro le mafie” lavora da oltre quattro anni con dibattiti e proiezioni nelle scuole. L’edizione di quest’anno “Donne della mafia vs Donne dell’an timaf ia” i ntend eva mettere a confronto storie diverse sui due versanti. Abbiamo scelto Cristina Pinto perché non essendo collaborat­rice di giustizia era più libera di muoversi e perché aveva già esperienza di incontri nelle scuole. Non ha mai detto di “non essersi pentita”, ha anzi affermato il contrario: “Ho scelto di andare avanti portando la parola tra giovani, dicendo di non fare mai questa scelta”. L’equivoco può essere nato attorno alla parola “pentita” che la Pinto ha inteso come “collaborat­ore di giustizia”. Cristina Pinto infatti ha scelto di non collaborar­e e di scontare la sua pena, dissociand­osi poi e rinnegando la sua esperienza criminale.

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Ansa Il conto della crisi La Banca centrale europea

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