Credito Le “sofferenze” non sono solo un problema delle banche, ma del Paese
Anche io ho firmato la petizione per evitare la fiducia sul Rosatellum, mi sembrava giusto e mi sembra tuttora. Non si finirà mai di ringraziare Travaglio e gli altri promotori di questa iniziativa. Ho firmato però con il forte sospetto che sarebbe servito a poco e infatti così è stato. Il gesto di Grasso di uscire dal Pd altro non è che una furbata per salvare la faccia; la sua figuraccia agli occhi della storia non cambia di una virgola e, soprattutto, non ci rimette un euro del suo lauto compenso di “seconda carica dello Stato”. Siamo a 235 mila firme, ma se ne avessimo presentate 16 milioni non sarebbe cambiato niente.
È la prova, se mai ce ne sia ancora bisogno, di un’assoluta mancanza di considerazione dei politici verso i loro cittadini, quasi di disprezzo. Ma è anche la prova che hanno paura. Sono perfettamente consapevoli della loro pochezza e sfuggono a un qualsiasi confronto con gli italiani ed, eventualmente, con altri politici più capaci.
Ora, sotto con le manifestazioni di protesta! Ma sappiamo tutti benissimo che non sortiranno effetto alcuno se non quello (speriamo almeno quello) di “svegliare” qualche italiano messo sotto valium dai mezzi di informazione. Già prima ero molto dubbioso sul cosa votare, ora invece con il Rosatellum perché dovrei se è già tutto deciso? E poi chi dovrei votare visto che i capi partito, dopo le elezioni, stravolgeranno sicuramente il “comando” uscito dalle urne con i più stomachevoli inciuci? Rimane la speranza- certezza della Consulta.
Dalle elezioni europee in poi Renzi non ne ha azzeccata una
Ormai è chiaro che il Pd di Renzi in Sicilia alle prossime elezioni non riuscirà mai a vincere. Anche Grasso lo molla, mentre i sondaggi sono da brivido. Mi chiedo cosa trattenga ancora al suo posto Renzi. Dalle lontanissime elezioni europee del 40% non ne ha azzeccata una: ha perso elezioni e referendum. Ovun- LEGGENDO LE PAGINE ECONOMICHE di questi giorni non si può che restare sbalorditi. Le sofferenze delle banche italiane (oggi chiamate pomposamente Npl così fanno meno paura…) ammontano a centinaia di miliardi di euro. Eppure pare che ci sia la fila di fondi esteri pronti a comprarseli! Delle due, una: o le banche sono incapaci a ricuperare i loro crediti (e allora i dirigenti farebbero bene a dimettersi e cambiare lavoro) oppure gli acquirenti sono avvoltoi che sono sicuri di recuperare più di quanto pagano (e allora i dirigenti delle banche farebbero bene a dimettersi prima di essere incriminati per connivenza con gli speculatori). Purtroppo sono sicuro che tutti resteranno al loro posto, continuando magari a erogare prestiti a chi non li merita e alla cerchia di amici e parenti. GENTILE DE MARCHI, lei non considera un terzo soggetto che nella partita è fondamentale: la vigilanza bancaria, specie quella della Bce. Il primo errore è considerare i crediti in sofferenza solo un problema delle banche: tra famiglie e imprese in difficoltà è calcolato siano almeno 5-7 milioni le persone che vivono con l’incubo del debito. Loro malgrado alimentano un mercato di professionisti del recupero crediti che prosperano inseguendo i debitori. Oggi in pancia alle banche italiane ci sono 320 miliardi di crediti deteriorati, di cui 170 di sofferenze in parte frutto di una recessione spaventosa seguita al boom del credito facile e concentrati nel settore immobiliare. Il motivo per cui ci sono solo fondi esteri speculativi interessati al loro acquisto sta nel tempo a disposizione per recuperarli. La Bce ordina di liberarsene il più in fretta possibile e svalutarli a bilancio, ma per gestirli in modo intelligente ci vogliono molti anni. Questo meccanismo permette ai fondi di fare il prezzo (basso) ma questi soggetti sono in- que approdi con i suoi treni o i suoi aerei, è accolto da fischi. Quindi quale “cupio dissolvi” può convincere gli altri suoi sodali del Pd a mantenerlo in sella e a non cacciarlo a pedate?
È vero che anche molti altri del vertice Pd ne hanno combinate di cotte e di crude e meriterebbero l’ostracismo perpetuo, prima di distruggere quel po’ che resta del progressismo di sinistra nel Paese, ma che non si accorgano neppure che il capo li sta trascinando all’in- teressati solo a liquidare alla svelta il debito acquistato. Una banca è spinta invece a cercare di riportare “in bonis” il debitore. Non è misericordia, è un calcolo avveduto: se faccio fallire un’impresa insolvente quanti dipendenti non riusciranno poi a ripagare il mutuo? Non è un caso che Intesa, l’unica banca italiana di peso rimasta, abbia internalizzato la gestione degli Npl mentre Unicredit ne ha svenduto 17,7 miliardi ai fondi costringendosi a una mega ricapitalizzazione: un travaso di ricchezza a beneficio di pochi. Per gestire gli Npl serve competenza ma anche tempo. E quello non c’è. O meglio: non è sempre concesso. Così Francoforte pensa di mettere in sicurezza il sistema, ma il prezzo lo paghiamo tutti noi. ferno con loro è davvero sorprendente.
La ripresa non serve a niente se ci sono diseguaglianze
Il mantra è “la ripresa è poca, ma c’è”. Ma disoccupati e poveri non se ne accorgono. Anzi, ogni volta che un giovane senza lavoro o un neo- licenziato con scorte di sopravvivenza sempre più ridotte sentono questa frase, hanno voglia di spaccare il televisore. Allora vuol dire solo che questa maggiore ricchezza è mal distribuita. Si concentra in pochi ricchi e rimane sconosciuta ai sempre più poveri. Lo strumento per ridistribuire la ricchezza è il fisco. Eppure, se quest’ultimo è giusto con tutti, fa vivere bene tutti. Allora dobbiamo metterci d’accordo: se ancora l’uguaglianza è un valore di sinistra, questa parte politica deve impegnarsi per chiedere a chi ha di più di aiutare chi ha di meno.
Lo slogan deve essere “meno eva- DIRITTO DI REPLICA
Un trafiletto su il Fatto Quotidiano di martedì 31 ottobre 2017, dal titolo “Una ex camorrista sul palco: se ne vanno le giornaliste” contiene un errore. Ma prima, una precisazione, l’Associazione “A mano disarm at a ”, ideatrice e organizzatrice del “Forum dell’Informazione contro le mafie” lavora da oltre quattro anni con dibattiti e proiezioni nelle scuole. L’edizione di quest’anno “Donne della mafia vs Donne dell’an timaf ia” i ntend eva mettere a confronto storie diverse sui due versanti. Abbiamo scelto Cristina Pinto perché non essendo collaboratrice di giustizia era più libera di muoversi e perché aveva già esperienza di incontri nelle scuole. Non ha mai detto di “non essersi pentita”, ha anzi affermato il contrario: “Ho scelto di andare avanti portando la parola tra giovani, dicendo di non fare mai questa scelta”. L’equivoco può essere nato attorno alla parola “pentita” che la Pinto ha inteso come “collaboratore di giustizia”. Cristina Pinto infatti ha scelto di non collaborare e di scontare la sua pena, dissociandosi poi e rinnegando la sua esperienza criminale.