Bollette a 28 giorni, pressing dei gestori su Calenda per non vietarle
▶CHE
la questione della fatturazione ogni 4 settimane, anziché mensile, delle bollette del telefono o della pay tv sia la beffa più eclatante per i consumatori si è capito chiaramente facendo due conti approssimativi sul guadagno che i gestori ne hanno ricavato: solo nel 2016 le compagnie telefoniche si sono spartite circa 1,19 miliardi di euro. Ma ora il giochetto dell’anno composto da 13 mesi che fa sborsare l’8,6% in più all’anno ai clienti si è spinto oltre la farsa: secondo i big telefonici, “la tredicesima mensilità rappresenterebbe un paracadute contro le rovinose cadute di chi chiama o naviga molto, sforando i tetti di consumo della sua offerta”. Di cosa parlano? Quando, senza accorgersene, si utilizzano più giga su Internet o minuti rispetto a quelli previsti dal piano tariffario, vengono addebitati costi spropositati per punire i clienti. Ad esempio, Tim e Vodafone prevedono un costo extra soglia di circa 9 euro per navigare un giga in più, mentre Wind e Tre prevedono quasi 30 centesimi al minuto sul fronte voce. Tariffe da sempre fuori mercato, che ora vengono addirittura utilizzate come cavallo di Troia per fare pressing sul ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, e convincerlo della convenienza della fatturazione a 28 giorni, affinchè predisponga un emendamento al decreto fiscale, non ancora depositato, che vieti la pratica solo sul fisso e non sul mobile. Così come prevede, invece, l’emendamento presentato dal senatore del Pd Stefano Esposito che proibisce la fatturazione ogni 4 settimane a tutti i gestori soggetti al controllo di un’autorità indipendente di regolazione. Quindi, in primo luogo, quelli relativi alla telefonia fissa e mobile, ai servizi Internet e alle pay tv. Ma, in pratica, visto che l'Agcom già dallo scorso aprile vieta le bollette a 28 giorni sulla telefonia fissa, se passasse l’emendamento del Mise rimarrebbe tutto come oggi. Almeno per i gestori. I clienti continuerebbero, invece, a sborsare quattrini per qualcosa che non hanno scelto in quello che è il mercato più concorrenziale in Italia.