“Passaporti insanguinati”
La blogger uccisa e i legami tra il premier e la società che vendeva i passaporti maltesi
Aquasi tre settimane dal suo omicidio, le indagini sulla morte di Daphne Caruana Galizia puntano in tutte le direzioni, perché dalle pagine del suo blog, negli anni, Daphne aveva seguito moltissime piste. Bersaglio costante è però sempre stato, negli ultimi anni, l’intreccio di interessi fra tre soggetti: il governo maltese del premier e leader laburista Joseph Muscat: la banca d’affari Pilatus Bank e la società di intermediazione Henley&Partners, che governa il business miliardario della concessione della cittadinanza e dei passaporti maltesi.
Aquasi tre settimane dal suo omicidio, le indagini sulla morte di Daphne Galizia puntano in tutte le direzioni, perché dalle pagine del suo blog, negli anni, Daphne aveva seguito moltissime piste, a volte in maniera solo frammentaria o riportando articoli di colleghi. Il bersaglio costante del lavoro della giornalista è però sempre stato, negli ultimi anni, l’intreccio di interessi fra tre soggetti: il governo maltese, guidato dal 2013 dal premier e leader laburista Joseph Muscat; la Pilatus Bank, piccola banca d’affari con filiali maltese e londinese, guidata dal giovane iraniano Ali Sadr; e la società di intermediazione internazionale Henley& Partners, rappresentata dallo svizzero Christian Hugo Kälin.
Proprio sul rapporto molto amichevole fra Muscat e Kälin, in un post pubblicato su Facebook il giorno dopo l’assassinio della madre, punta il dito Matthew, il figlio di Daphne, membro del Consorzio Internazionali di Giornalisti Investigativi vincitori del Premio Pulitzer per il lavoro sui Panama Papers. Li chiama “gang of crooks” banda di criminali, e attribuisce loro la responsabilità politica e morale di quanto è accaduto.
IL 31 MAGGIO, Daphne Caruana Galizia aveva reso pubblico uno scambio di email – in cui erano inclusi anche il ministro della Giustizia e il capo di gabinetto – fra Muscat e Kälin, presidente della Henley&Partners, leader della consulenza nel campo della cittadinanza globale. “Dopo una riunione con il ministro della Giustizia, il presidente di Henley & Partners Christian Kälin, ha presentato un piano per intimidirmi con la minaccia di una causa, con giurisdizione nel Regno Unito, che mi r o v i n er e b b e . Le lettere sarebbero inviate a me, al parlamentare di opposizione Jason Azzopardi e a tre organi di stampa, con lo scopo di dissuaderci dall’indagare ulteriormente su Henley&Partners e le sue opache e dannose attività maltesi”.
Le email, va sottolineato, partono non dal server del governo ma dal sito personale del premier j os ep hm us ca t. co m, registrato negli Usa. È un vero e proprio accordo, in cui il governo di Malta si affida a una società privata per silenziare la stampa del proprio Paese.
Chi è Henley&Partners? Una società leader nei servizi di Residence and citizenship planning in 25 Paesi del mondo. Agisce cioè da intermedia- ne geografica, buone infrastrutture, lingua inglese, e trova un interlocutore interessato in Muscat, allora parlamentare europeo con ambizioni di leadership nazionale. I due stringono un accordo, Muscat vince le elezioni e “importa” la vendita della cittadinanza a Malta. Il rapporto con Kälin si fa talmente stretto che perfino durante il semestre di presidenza Ue il premier maltese fa da testimonial a Henley in giro per il mondo. Quanto al programma maltese, non è noto con certezza quali e quanti ne siano stati finora i beneficiari. Come sempre in questi casi, l’identità dei neo-cittadini resta riservata: un diritto alla privacy che prevale sulle necessità di sicurezza nazionale, contestato per questo invano perfino in sede di Parlamento europeo.
MALGRADO questi schemi offrano accesso all’Ue, le procedure di concessione della cittadinanza e relativo passaporto restano prerogative degli stati nazionali. È cruciale che i controlli sulla identità dei richiedenti e la provenienza del loro denaro siano rigorosi: il governo sostiene di sì, ma la legge maltese sulla cittadinanza consenta ampia discrezionalità al Ministero degli interni. Per Daphne lo schema non era che una porta ingresso in Europa per corrotti e criminali. Fra questi includeva il chairmandi Pilatus Bank, Seyed Ali Sadr Hasheminejad, giovane uomo d’affari di origine iraniana e passaporto di St Kitts e Nevis, ottenuto proprio grazie al programma messo in piedi da Henley.
Secondo quanto ricostruito dalla giornalista, la banca d’affari era funzionale al passaggio di mazzette per alcuni membri del governo maltese; e proprio su un conto di Pilatus Bank sarebbero transitati fondi della famiglia del dittatore azero, Ilham Aliyev, diretti alla società offshore Egrant, riconducibile, secondo i Panama Papers, alla moglie del premier maltese.
I Muscat hanno negato ogni coinvolgimento e avviato un’inchiesta della magistratura, ancora in corso. Ma dopo la deflagrazione dello scandalo, lo scorso aprile, Muscat ha indetto elezioni anticipate di un anno rispetto alla scadenza naturale del suo mandato, e a giugno le ha stravinte a sorpresa, cementando il potere del Labour fino al 2021. A luglio Jonathan Ferris, investigatore dell’Antiriciclaggio maltese noto per il rigore professionale, è stato estromesso da tutte le inchieste sull’operato del governo, compreso il caso Egran, e poi licenziato: “Hanno voluto mettermi a tacere”, ha dichiarato Ferris. Sviluppi che Daphne seguiva con crescente sconforto: il suo ultimo post sul suo blog Running Commentarysi conclude con parole amarissime: “Ci sono criminali ovunque. La situazione è disperata”.
Intrecci globali
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