“Non è colpa mia”: Tonya e le altre Tre donne e un’unica storia violenta
Per la prima volta alla kermesse romana la rassegna sulle morti in cui “l’amore non c’entra”
Non
è colpa mia. Ripeteva a se stessa Tonya Harding quando la madre la maltrattava, il marito la picchiava e l’America non faceva che sbatterla dalle stelle alle stalle perché gli eroi non possono prescindere da “famiglia e vita decenti”. Tra le più abusate atlete della storia Usa, l’ex pattinatrice è immortalata nel magnifico I, Tonya passato in questi giorni alla Festa del Cinema di Roma e prossimamente nelle sale di tutt’Italia.
E LA COLPA non era neppure di Resi Paradis, 18enne dal talento cristallino al pianoforte che la sorte ha voluto accecare da bambina: nella Vienna imperiale a fine XVIII secolo veniva affidata a un medico-stregone (oggi si direbbe di approccio olistico) capace di resti- tuirle la vista ma al prezzo di comprendere che dai traumi e lo stress famigliari ( ab origine parecchi mali... vedi sopra) nessuno poteva sottrarla. D’altra parte “il talento è ereditato dalle cellule maschili”, una menzogna all’epoca inoppugnabile e di cui i padri goduriosamente approfittavano. Anche lei è la protagonista di un film potente, Mademoiselle Paradis della regista austriaca kombat Barbara Albert.
È così, i cine-festival funzionano per hot topic infilati nei film, ma se la mirabile doppietta sovrastante è virtuosamente “casuale”, la triade a seguire è deliberata. Rien- tra infatti in un cappello tematico intitolato “Contro la violenza sulle donne”, inedito alla kermesse romana: il sentimento “senso-di-colpa” di dover loro qualcosa in un momento tanto, troppo critico al riguardo? Fatto sta che le opere inserite in programma, formalmente eterogenee manifestano un valore indiscutibile.
La priorità per dovere di triste cronaca è destinata a Sara, un documento più che un documentario-reportage, che rievoca senza peli sulla lingua la tragedia di Sara Di Pietrantonio, la 22enne strangolata e incendiata il 29 maggio 2016 dall’ex fidanzato, un omicidio di brutalità senza precedenti. Prodotto da Darallouche Film per
Discovery Italia che lo manderà in onda su Real Time il 25 novembre nella Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza contro le Donne, Sara offre una dettagliata ricostruzione dei fatti attraverso un montaggio sensibile di testimonianze e riflessioni, incluse quelle della mamma di Sara, Concetta Raccuia e della presiden- te della Camera Laura Boldrini. Ma ciò che fa rabbrividire è la penosa confessione dell’assassino, Vincenzo Paduano che alla fine spiega: “L’ho uccisa perché lei si rifiutava di riconoscermi il ruolo di padrone della sua vita”. Ma l’amore c’entra? si chiede giustamente Elisabetta Lodoli dando il titolo al documentario da lei diretto in cui per la prima volta si punta l’attenzione su alcuni uomini consapevolmente recidivi alla violenza contro famigliari e soprattutto contro la compagna, che scelgono di andare in rehab in centri specializzati come il centro LDV (Liberiamoci dalla Violenza) dell’Ausl di Modena dove tre uomini, qui presi esemplarmente, si sono incontrati.
Le loro confessioni sono disarmanti per l’umanità aspirata: “Io divento un animale”, “La rabbia è irrefrenabile”. Fino al punto di uccidere? Talvolta sì. Lo ha fatto veramente Paduano martoriando il fragile corpo di Sara, lo ha fatto nella finzione il personaggio interpretato da Alessio Boni su quello incarnato da Ambra Angiolini nel cortometraggio Uccisa in attesa di giudizio , diretto da Andrea Costantini. Il testo, forte seppur nella sua brevità, si ispira alla campagna “Aspettando si rischia la vita”. Mai più donne che muoiono in attesa di giustizia della Fondazione Doppia Difesa Onlus che sostiene chi ha subito violenze.
‘Sara’, è il doc sulla tragedia di Sara Di Pietrantonio, 22enne strangolata e incendiata dall’ex