“Borotalco”, il successo lo capii fuori da un bagno
“Dopo qualche giorno, forte degli ottimi incassi, andai dal produttore Mario Cecchi Gori. ‘Va bene il film, eh?’. Lui zitto, sigaro in bocca. Non demordo: ‘ Anche il titolo, azzeccato!’. Lui ancora zitto, mi passa una carta: Manetti e Roberts volevano farci causa. Finalmente Mario parla: ‘So’ toscani, so’ stronzi. Non sapevi che Borotalcofosse loro? Porcoggiuda, domani me tocca anda’ a Firenze’. Mario gli portò i dati degli incassi, capirono che il film faceva una buona pubblicità al loro talco, e rimisero la causa nel cassetto”.
Carlo Verdone porta alla Festa del Cinema Borotalco, il cult da lui scritto, diretto e interpretato nel 1982. Trentacinque anni dopo torna restaurato, grazie a Infinity, e l’attore e regista non nasconde quanto gli sia caro: “Per me fu una scommessa. Dovevo dimostrare di essere un attore da personaggio unico, non potevo sbagliare”. E non sbagliò, anche se “andare a vedere” gli costò tachicardia e vescica sul punto di esplodere: “Con Enrico Oldoini avevamo passato un anno a trovare il soggetto buono. La sera della prima, al Cinema Corso, ce ne stavamo dietro un angolo ad aspettare il responso degli spettatori. Ci scappava la pipì, e non c’era un bagno neanche a pagarlo. Non ne potevamo più, un’agonia. Finché non esce una coppia, e origliamo: ‘Ammazza, me so’ morto dae risate!’. Ce lo siamo detti, ‘forse ce l’abbiamo fatta’”.
LA PROIEZIONE al l’A udi torium di quel “film che ha disegnato il mio destino” Carlo la dedica con “tanta malinconia ai collaboratori e agli attori che non ci sono più, e da cui sono stato molto aiutato: Angelo Infanti (alias Manuel Fantoni), Mario Brega, Lucio Dalla e tutti gli altri, è grazie a loro che Borotalco è Borotalco”.
Un cult che resiste al tempo, che ancora viene visto dai ragazzi in Erasmus, e Verdone quasi si schermisce a chiedergli il segreto del successo: “L’amabilità dei personaggi, una fragilità che apparteneva a tutti, quel pizzico di mitomania che all’epoca era un po’ di ogni ragazzo. E un’infinità di battute a segno, non costruite dal battutaro, ma vere e sincere”.
A tal punto che dopo sette lustri non hanno perso la residenza nel nostro immaginario, come lo scambio tra l’Augusto di Brega e il Sergio Benvenuti di Verdone: “E st’olive ‘e senti, queste so’ greche, aho! Greche... e ‘nnamo... e daje, so’ greche... so’bone, come so’? Dì la verità?” – “So’ greche!”. Basta che Carlo spacciando una bocca piena lo ridica, “So’ greche!”, e rivedi tutto, e ridi ancora.
Bei tempi, e al netto del no- stalgismo, del “si stava meglio” qualcosa è cambiato davvero: Sergio e Nadia, ovvero Eleonora Giorgi, che vendevano fascicoli porta a porta oggi chi sarebbero? “Sicuramente due ragazzi molto meno disincantati di quanto non fossimo noi. C’era più leggerezza, e meno problemi, allora Nadia chiacchierava con i suoi amici mitomani, oggi in quella casa troveresti chi si fa le canne, un altro coi problemi, qualcuno depresso, quello che va in analisi. Sì, la società è profondamente cambiata”.
TRENTACINQUE ANNI fa si discorreva della presunta omosessualità delle star, “Tu lo sai, ad esempio, che John Wayne era frocio?”, buttava lì Manuel Fantoni, oggi “Kevin Spacey ha detto che è gay, ma non gliene frega niente a nessuno. Non è che bloccano la serie House of Cards perché lui è omosessuale, al massimo – rileva Verdone – per le molestie di cui è accusato”. Non solo Verdone, ci fu gloria per tutti. La Giorgi si fece “ammirare e rimirare da Jack Nicholson: ero a pranzo con lui, Warren Beatty e Anjelica Huston a Venice Beach, California, e dei fan romani accorsero per un mio autografo urlando ‘ Bo ro tal co , Giorgi, Verdone!’. E snobbando la mia illustre compagnia”.
Gli Stadio vennero sdoga- nati: “Eravamo la band di Lucio Dalla e – ricorda Gaetano Curreri – scrivevamo canzoni, ma nessun discografico ci si filava. Finché una sera non arriva Carlo nel fossato di Castel Sant’Angelo, sente due nostri pezzi – Grande figlio di puttana e Chi te l’ha detto? – e li mette nel film. Verdone è stato il nostro pigmalione, s’è inventato gli Stadio”.