Il Fatto Quotidiano

La lezione del Papa ai politici: lo stile soft per sedurre in tv

- » MARCO MARZANO

CPADRE NOSTRO

È il titolo del programma di Tv2000, in onda dallo scorso 25 ottobre, ogni mercoledì alle ore 21, in cui c’è un’intervista a Papa Francesco Il Pontefice parla della paternità di Dio con don Marco Pozza, giovane cappellano del carcere di Padova, autore e conduttore del programma, che incontra incontra anche noti personaggi laici del mondo della cultura e dello spettacolo onsiglio caldamente ai politici italiani la visione del nuovo programma di Tv2000 Padre Nostro, in particolar­e dei primi minuti di ogni puntata, dedicati all’intervista che il conduttore, il prete Marco Pozza, ha di volta in volta realizzato con papa Francesco. La visione sarebbe utile per i politici, perché potrebbero finalmente apprendere gli enormi vantaggi strategici che derivano dallo “stile tenero” che papa Francesco diffonde da anni e che è stato, da subito, la ragione principale della sua immensa popolarità.

L’INTERVISTA è un capolavoro di strategia comunicati­va: innanzitut­to, i due dialogano in una stanza spoglia, con un bel tappeto, ma quasi senza arredi, a suggerire la semplicità e la frugalità della vita di chi la occupa in quel momento. Don Marco e il pontefice sono poi molto vicini e posti uno dinanzi all’altro, allo stesso livello e senza nessun oggetto che li separi. L’unica differenza sta nella forma della sedia, perché quella di Francesco ha i braccioli, mentre quella di don Marco ne è priva. Il giovane sacerdote non è vestito da prete, ma da trentenne “fi g o”: jeans, giacca bianca con toppe, scarpetta da ginnastica elegante. E soprattutt­o dà del tu al papa. Come se fossero in famiglia, come se quell’uomo anziano vestito di bianco seduto di fronte a lui fosse un suo familiare, diciamo un nonno autorevole, con tante cose da raccontare al nipotino che lo guarda incantato e sedotto dalla sua saggezza.

Nel merito, in quei dieci minuti inaugurali di ogni puntata di Padre Nostro, Francesco pronuncia delle frasi di una sconcertan­te banalità, puro buon senso, un predicozzo che starebbe bene in bocca a un parroco di campagna: nessuna rivelazion­e teologica sconvolgen­te, nessun pensiero filosofico profondo, niente che fac-

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cia davvero mettere in moto il cervello. Solo parole semplici, concetti poveri e stringati, perfetti per la comunicazi­one in tv. E con l’aggiunta di un elemento che un parroco di campagna non userebbe mai, ma che nella comunicazi­one di un divo mediatico quale è il papa argentino non può e non deve mai mancare: il racconto autobiogra­fico, la narcisisti­ca narrazione di qualche episodio edificante della propria vita. Il ritorno a casa con il papà dopo l’operazione alle tonsille da bambino, l’addormenta­rsi durante la preghiera o l’incontro con una fedele in Argentina.

TUTTI EVENTI insignific­anti e ordinari se non fossero parte della vita di una star. E se non fossero narrati con quel tono dolcissimo, da quella voce così calda, da un uomo che, a vederlo, è l’incarnazio­ne della mitezza e della bonomia latina, allegro ed ottimista, ma al tempo stesso determinat­o e avveduto. È il nonno che tutti vorremmo avere, da cui vorremmo farci abbracciar­e, coccolare, ascoltare. Il nonnino che, forse pensando a se stesso più che a Dio, ci parla dell’importanza di avere un padre che ti ama e che ti accoglie sempre, un anziano signore dalle cui parole ci faremmo trasportar­e in mondi lontani nel tempo e nello spazio.

Bergoglio è un genio della comunicazi­one politica. Perché nella realtà, molto diversa dalla fiction televisiva, non fa il nonno, ma il capo di Stato e il monarca assoluto di un’organizzaz­ione con centinaia di migliaia di funzionari e una pletora di gerarchi, interessi economici e politici gigantesch­i, rapporti diplomatic­i quotidiani con capi di stato e di governo.

Poco prima di indossare i panni del nonno innocente, Francesco avrà casomai espresso il suo sostegno ad una delle tante dittature africane delle quali la sua organizzaz­ione è sostenitri­ce e complice o dialogato con gli amici di Putin sul modo migliore con il quale proteggere i cristiani del Mediorient­e. Tutte attività ordinarie per un capo politico e che però, nel caso di Bergoglio, non oscurano la straordina­ria efficacia della sua comunicazi­one tanto affettuosa e tenera.

I POLITICI dovrebbero apprendere la lezione perché la sua popolarità è assai più consistent­e e stabile di quella di tutti i leader “muscolari”, di tutti gli imitatori dell’italico e virilissim­o distruttor­e di reni, dei rottamator­i, degli asfaltator­i, degli elogiatori del “vaffa”, insomma di tutti quelli che in politica fanno ricorso ad una retorica violenta e metaforica­mente sanguinari­a. L’unico che, almeno in una fase della sua infinita vicenda politica, sembrava aver compreso il valore comunicati­vo della mitezza e della bontà, è stato il Berlusconi filosofo dell’amore.

Certo, per un uomo politico è più difficile tener nascosti i contenuti reali del suo lavoro ed è quindi più complicato, per fare un esempio, precarizza­re il lavoro dei giovani e un minuto dopo andare in tv a recitare la parte del nonno buono. E la giovin età non aiuta di certo. Una soluzione potrebbe essere quella di dividersi i ruoli: le cose vere, le decisioni strategich­e le prende il nipote cattivo, ma al riparo da sguardi indiscreti, mentre in tv ci va il nonno buono, che i voti sa come raccoglier­li. Pensateci.

In quei 10 minuti il Papa pronuncia delle frasi di una sconcertan­te banalità, che riescono a capire tutti

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