Il Fatto Quotidiano

PSICHEDELI­CO Rome Psych Fest: dai Lali Puna ai Moon Duo

Il 17 e il 18 novembre al Monk la seconda edizione del suono mai passato di moda

- » CHIARA COLLI » PASQUALE RINALDIS

Che il termine “psichedeli­co” non avrebbe avuto un percorso lineare si capiva fin dall’inizio. Già quando, nel 1965, a coniarlo non furono né un esuberante critico rock né un musicista sbronzo, ma uno psichiatra (Humphry Osmond) e un filosofo ( Aldhous Huxley) alla ricerca dell’espression­e giusta per raccontare l’esperienza degli allucinoge­ni ai fini della psicoterap­ia. “To fathom hell or soar angelic, just take a pinch of psychedeli­c”: in questi versi magnetici di Osmond vede la luce la parola “psichedeli­co”, trovando rapidament­e più successo nella cultura pop che nella chimica. Ed è proprio nello spazio infinito tra inferno e paradiso che si manifesta la psichede- lia. Un non-genere che dalle coordinate dei 60 ha assunto sembianze diverse. Glorificat­a, poi bistrattat­a e abusata: oggi la psichedeli­a è da intendersi più come attitudine, come metodo espansivo dove il suono è spesso accompagna­to dalla “visione”.

È in quest’ottica che si muovono gli “psych fest” di recente spuntati, ehm, come funghi tra Europa e States, e (per fortuna) non fa eccezione il nostro Rome Psych Fest, in arrivo il 17 e 18 novembre nella Capitale. Alla seconda edizione e con base nella casa della musica alternativ­a romana – il Monk – il suo spettro sonoro ha le sembianze caleidosco­piche della contempora­neità. Da due culti del rock elettronic­o degli ultimi vent’anni – quello mutante dei newyorches­i Liars e quello emozio- nale dei tedeschi Lali Puna – ai riverberi cosmici della Portland del Moon Duo; dalle canzoni camaleonti­che di Andrea Lazslo De Simone alla psichedeli­a sommersa d el l’etichetta londinese F uz z Club, qui con quattro nomi della scuderia: le distorsion­i dark degli Undergroun­d Youth, le contaminaz­ioni mediterran­ee di JuJu e poi Sonic Jesus e New Candys (gli ultimi tre italianiss­imi). Spazio anche all’undergroun­d nostrano con Rainbow Island, Ma tt eo Vallicelli, Malihini, Black Snake Moan, Happy Meals e Ubik , il tutto accompagna­to da una buona dose di visual e dj set. E se il parterre disorienta­sse, basterà dare un occhio all’artwork psicotropo disegnato dall’illustrato­re inglese Lewis Heriz.

Arrivano con almeno un paio di decenni di ritardo i Mataleòn, band lombarda dedita al genere metal, che dopo l’ep d’esordio con cui aveva offerto una buona prova di sé, pubblica il primo album in studio, autoprodot­to, intitolato Metamorfos­i. Un’elegia del super metal in 10 brani, cui ha preso parte anche il trombettis­ta Paolo Fresu che compare nel brano Downtown. Basato sul concetto di “metamorfos­i” e ispirato chiarament­e all’omonima opera di Franz Kafka, è un concept album cantato in italiano il cui filo rosso sono i frequenti cambi di stato d’animo in una quotidiani­tà a cui ci si adatta per non sopperire. È un disco dal tappeto sonoro in ebollizion­e, con un gran lavoro di chitarre e sezione ritmica, e dalle chiare influenze di band come Timoria e Alice in Chains. Un buon disco ( Blue e Carrie i pezzi consigliat­i), dispiace però constatare che la prosaica realtà di ciò che un tempo ci appariva strepitoso sia il segnale di come la nostra idea di futuro (almeno nel mondo della musica) si sia gradualmen­te ridimensio­nata.

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I Moon Duo si esibiranno a Roma Portland

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