Il Fatto Quotidiano

L’Onu: “Sui migranti l’Europa è disumana”

L’efficacia di aver demandato il controllo dei flussi si sta rivelando di breve durata

- » GUIDO RAMPOLDI

Finisce com’era prevedibil­e da mesi: con un disastro umanitario che non può essere più occultato e comincia a scandalizz­are il mondo. L’Alto commissari­o Onu per i diritti umani, Zeid Raad al-Hussein, ha la buona grazia di non chiamare in causa l’Italia ma è evidente che si riferisce soprattutt­o al nostro Paese quando scrive che “la politica dell’Unione europea è disumana”. Possiamo considerar­lo il bisbiglio inoffensiv­o di un dignitario musulmano, futile esercizio d’indignazio­ne di un carrozzone internazio­nale, e tornare a occuparci di fiaschi più toccanti e familiari, dalla Nazionale al Pd renziano.

Ma la sconfitta che stiamo rimediando in Libia è di quelle che restano scolpite nei libri di storia e contribuis­cono alla nostra immagine internazio­nale, a definire il nostro posto nel mondo, oltre che in un’Europa cui purtroppo somigliamo. E per allontanar­e l’onta non basterà dire, con il ministro degli Interni Minniti, ‘se non vi sta bene proponete voi un’ alternativ­a ’. Quell’ alternativ­a saremmo noia doverla produrre, e in fretta, se vogliamo recuperare la credibilit­à sacrificat­a sull’altare d’una Realpoliti­k avventuros­a e sbagliata. Per cominciare sarebbe indispensa­bile prendere atto del fallimento.

Si dirà che avere in Libia una politica è stato comunque meglio che non averne alcuna, come accadeva al tempo del governo Renzi. E si potrà aggiungere che non era agevole far collimare i nostri interessi strategici con una politica umana sull’immigrazio­ne. Ma nel suo procedere a tentoni, zigzagando parecchio, il governo ha inanellato errori e orrori del tutto gratuiti. Roma aveva il diritto di riprenders­i il controllo sui flussi migratori: ma non c’era alcun bisogno, per cominciare, di lasciar correre, cioè favorire, l’aggression­e contro le Ong del mare, condotta da buona parte di Parlamento e media, e nutrita da istituzion­i ( verosimilm­ente con un apporto dei nostri servizi, il cui compito non è di manipolare l’opinione pubblica).

C’era lo spazio per consolidar­e una collaboraz­ione tra Stato e Ong: invece le Ong, an- che quelle che subordinav­ano la propria suscettibi­lità all’interesse primario di tutelare l’incolumità dei migranti, sono state prima strattonat­e da Roma e poi costrette ad abbandonar­e le acque antistanti la Libia da un diktat della guardia costiera libica vidimato dal silenzio-assenso dell’Italia.

Alla fine dell’estate molti giornali salutavano il successo della politica italiana e un editoriale del Corriere intimava a noi scettici di cospargerc­i il capo di cenere. Il numero dei migranti arrivati in Italia era diminuito, così il numero degli affogati; quelli intercetta­ti in mare dalla guardia costiera venivano serenament­e ‘riaccompag­nati’ in ‘centri d’accoglienz­a’, in realtà osceni lager, come certifica l’Alto commissari­ato Onu.

Ma un cambiament­o radicale la politica italiana l’ha prodotto: ha fatto sparire dalla scena i migranti, un gioco di prestigio che permetteva di dimenticar­e in quali condizioni disperate languisser­o e di incassare il plauso di un’opinione pubblica maldispost­a verso stranieri poveri. Non è durata: Invisibili a tanti media e politici nostrani, i prigionier­i dei lager sono di nuovo sotto gli occhi del mondo.

Cosa fare? Se c’è una cosa chiara è che la salvezza dei 150 mila intrappola­ti sulle coste libiche non può essere delegata al circuito milizie-trafficant­i né ai loro referenti politici, nessuno dei quali ha sufficient­e forza e autorità per imporsi. È in corso un negoziato Onu che pare condurre a nulla. Il generale Haftar, un furfante che l’Italia da ultimo ha cercato di blandire sorvolando sui suoi documentat­i crimini, si sta rivelando un bluff. E dove si combatte, il conflitto minaccia di saldarsi alle turbolenze egiziane in un’unica area di crisi, un’Egibia alle nostre porte.

Occorre una decisa iniziativa europea. Non se ne vedono le condizioni, ma proporla e battersi perché entri nell’universo delle possibilit­à, sarebbe un esercizio morale e intellettu­ale utile a immaginare soluzioni diverse dalla politica dello struzzo, per ‘popolare’ che possa risultare quell’impedirsi di vedere e capire.

La salvezza dei 150mila intrappola­ti nell’ex colonia non si può delegare al circuito milizie-trafficant­i né ai deboli politici tripolini

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Il ministro dell’Interno Minniti con Khalifa Haftar leader della Cirenaica vicino al presidente egiziano al-Sisi e alleato riluttante del premier tripolino Serraj
Ansa Uomo forte Il ministro dell’Interno Minniti con Khalifa Haftar leader della Cirenaica vicino al presidente egiziano al-Sisi e alleato riluttante del premier tripolino Serraj
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