Il Fatto Quotidiano

Lo scontro con i “senatori”: il ct voleva lasciare

Alla vigilia del match di San Siro il mister aveva una formazione in testa, i giocatori un’altra

- » ROBERTO BECCANTINI

“Sono

stati giorni molto concitati” ha riassunto, castamente, Daniele De Rossi. Lui che, invitato a entrare per salvare il salvabile contro la Svezia, si ribellò: “Dobbiamo vincere, non pareggiare. Mettete un attaccante”. Lorenzo Insigne, per esempio.

DESTINATAR­IO, Gian Piero Ventura. Il commissari­o tecnico, l’uomo solo non più al comando. Ventura, già. Era dal 1958 che la Nazionale non rimaneva fuori dai Mondiali. Un dato che non ha bisogno di commenti. Ne avrebbe, viceversa, la sua progressiv­a perdita di lucidità, di carisma. Tutto comincia la sera del 2 settembre al Bernabeu. Fin lì, il percorso era stato regolare, da sufficienz­a abbondante. Ci avvicinamm­o alla Spagna con la speranza di non esserne così lontani come i più prudenti temevano. Il ct, spavaldo, varò un 4-2-4 che avrebbe indignato Gianni Brera e invece titillò molti giornali. Morale: Spagna tre Italia zero.

L’inizio della fine. A Torino, n el l ’ i m m ed i at o po st - Ma ce donia, ci fu addirittur­a una riunione plenaria della rosa dalla quale vennero esclusi Ventura e il suo staff. L’uscita, fin troppo plateale, destò sospetti. Parve, ai più, un’esautorazi­one.

E siamo alla bolgia di Solna, al recupero del 3-5-2 caro alla Bbc juventina (un altro indizio), a Insigne in panchina e dentro nel finale, mezzala d’emergenza al posto di Verratti. Il suo labiale ai compagni attoniti, “Sì, mi han detto di giocare qui”, ricorda la mimica che Roberto Baggio dedicò ad Arrigo Sacchi dopo il cambio in Italia- Norvegia ai Mondiali 1994, “ma questo è matto”.

SI RACCONTA che Ventura avrebbe voluto dimettersi già ad Appiano, alla vigilia del ritorno: aveva in testa una squadra, i “senatori” un’altra. “La formazione la faccio io”. Gliela lasciarono fare (o glielo fecero credere): niente Insigne, fuori Verratti (squalifica­to), De Rossi e Belotti; dentro Florenzi, Jorginho e Gabbiadini. Scelte, oggettivam­ente, difficili da azzeccare. E invece i media le azzeccaron­o. Il giorno del giudizio, letta la rassegna stampa, il ct radunò a pranzo i collabora- tori e intimò loro di fare il nome della “talpa”. Testimoni parlano di assistenti sbalorditi, letteralme­nte.

Si è scusato con gli italiani, Ventura, senza piangere come Buffon, e neppure come Insigne, snobbato in barba al sentimento popolare (e razionale). Insigne, che sembrava una fontana: perché al Mondiale teneva moltissimo. È stata una notte amara e avara, con una partita sul campo, Italia-Svezia, e il finimondo appena fuori, tra un tecnico abbandonat­o dai suoi capi e uno spogliatoi­o diviso, tenuti insieme, esclusivam­ente, dall’obiettivo. Fallito il quale, come ha scritto il Sun: “Apocalypse ciao”.

Sui giornali Insigne fuori, Jorginho, Florenzi e Gabbiadini dentro: sui media c’era tutto e lui cercava la “talpa”

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Ansa “Dobbiamo vincere” Daniele De Rossi indica Insigne: “Serve lui”
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