Fassino, il “pontiere” che litiga con tutti
Per fare la pace con gli ex compagni, è stato scelto il politico più rissoso del Pd
“Piero
Fassino ‘pontiere’? Questo vuol dire che la coalizione è nata morta, già nelle intenzioni”. Il giorno dopo l’investitura da parte di Matteo Renzi dell’ultimo segretario dei Ds, la battuta numero uno che gira in Parlamento è questa. Poi, c’è la numero due. “Renzi, affidando l’incarico a un altro, ha chiarito che lui è il meno adatto a dialogare con le forze politiche con le quali vorrebbe allearsi”.
IL PRIMO DUBBIO sull’opportunità della scelta arriva dal carattere dell’ex sindaco di Torino: Fassino è noto per aver litigato praticamente con tutti negli anni.
È quel genere di politico, rissoso, che non pensa fino a 10 prima di alzare il telefono e mandare a quel paese qualcuno. Sbalzi umorali e scatti d’ira fanno parte del pacchetto. Un dato caratteriale.
Figlio di Eugenio, partigiano della Brigata Garibaldi e di Carla Grisa, di una famiglia di industriali, era un “predestinato”, fin dall’arrivo alla Fgci di Torino, forse la più importante federazione comunista dell’epoca. Vicinissimo a Giancarlo Pajetta (era uno dei “ragazzi rossi”) era una potenza assoluta in città. Dirigente locale e poi nazionale, si narra che scendesse nella redazione cittadina de l’Unità per correggere gli articoli ai cronisti.
Ma accanto alla “s ic u r ez z a ” del predestinato, Fassino ha anche la costanza (che per alcuni è “o tt us it à”) del dirigente di partito, disposto a tutto. Eletto deputato nel ‘94, ministro del Commercio estero e poi della Giustizia, fu segretario dei Ds dal 2001. Traghettò la Quercia verso il Pd, con tanto di lacrime all’ultimo congresso, a Firenze. Di lui si riconosce un fatto: “Ha sempre cercato l’unità”. Come quando, per dire, rinunciò al sogno di andare alla Farnesina nel governo Prodi. Al ministero degli Esteri arrivò Massimo D’Alema.
SI RICORDANO alcuni errori madornali. Sbagliò i conti dei delegati per l’elezione di Achille Occhetto al Congresso del Pci nel 1991: non si raggiunse il quorum e si dovette rivotare. Sembrò il suo declino, ma l’uomo si riprende sempre. Un paio di dichiarazioni infelici sono storia recente. “Se Grillo vuole fondare un partito lo faccia, vediamo quanti voti prende”, pronosticò nel 2009. Ecco cosa disse a Chiara Appendino, allora consigliera comunale, nel 2015: “Un giorno lei si segga su questa sedia e ve- diamo se poi sarà capace di fare tutto quello che ha auspicato di poter fare”. Più che di grandi rotture politiche (anzi, ha sempre lavorato per evitarle) è stato il protagonista di quotidiani rapporti difficili.
È un uomo della Ditta, ma 30 anni hanno lasciato il segno. Fu il coordinatore della mozione Franceschini contro Bersani nel congresso 2009 del Pd. Obiettivo: sfilargli gli ex comunisti. “Gli darei un calcio sui denti”, c’è chi dice di aver sentito dire da D’Alema qualche settimana fa, un po’ sul serio e un po’ per scherzo. Le premesse sono queste. Ma lui ha tutte le buone intenzioni: ha steso un’agenda e oggi inizia le “consultazioni”.