Messina Denaro, “la famiglia mantenuta col traffico d’arte”
Operazione della Dia Sequestrata un’ala del castello risalente a Federico II e capolavori per milioni di euro a un imprenditore già legato al padre del boss
Ha fatto affari con i musei di tutto il mondo, dal Louvre al Metropolitan di New York, e ha rifornito di opere d’arte le maggiori università, dalla Columbia a Pricenton e Yale. Oggi è proprietario di un parco di 25 mila ettari di ulivi e produce olio che in passato è finito sulle tavole della Casa Bianca a Washington: Giovanni Franco Becchina, 76 anni, trafficante internazionale d’arte originario di Castelvetrano è ritenuto il frontman del superlatitante Matteo Messina Denaro nel mondo dell’arte. E la Dia di Trapani, su richiesta della Procura di Palermo, gli ha sequestrato aziende (Olio Verde srl, Demetra srl, Becchina e company), terreni, conti bancari, automezzi e perfino un castello costruito da Federico II a Castelvetrano nel 1200 per un valore di svariati milioni di euro che neanche la Dia è riuscita a quantificare con esattezza.
LUI SI DEFINISCE “un mecenate, un collezionista, estraneo a ogni tipo di vendita illegale di oggetti d’arte” ma nel 2015 i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio artistico riuscirono a riportare in Italia 5.361 reperti trafugati dai tombaroli nei siti archeologici custoditi in Svizzera, in cinque magazzini della sua Galleria Palladio Antique Kunstdi che nascondeva il vero tesoro di questo trafficante d’arte da 30 anni, ritenuto “fedelissimo” dei boss: il “Becchina dossier”, come lo ha definito l’Fbi, che insieme ai carabinieri mise le mani su oltre 13 mila documenti (fatture, note di trasporto, pagamenti, lettere indirizzate agli acquirenti, immagini Polaroid) suddivise in 140 raccoglitori sequestrati dai carabinieri.
Una miniera di informazioni sulle rotte e i protago- nisti del traffico internazionale di opere d’arte condotto all’ombra dei boss, come ha rivelato prima di morire Lorenzo Cimarosa, cugino del superlatitante, che disse di avere appreso dei rapporti tra Becchina e Matteo Messina Denaro dal nipote prediletto, Francesco Guttadauro: denunciato nel 1979 come capo di un’organizzazione di trafficanti, arrestato dalla procura di Roma nel 2001 ma poi prescritto, da oltre 30 anni la storia di Becchina si incrocia, infatti, con quella di Francesco Messina Denaro, padre ormai defunto del superlatitante Matteo, che in gioventù fu uno dei primi tombaroli all’opera nell’area archeologica di Selinunte e che non ha mai nascosto la sua passione per le opere d’arte.
NEL 1962Messina Denaro padre commissionò il furto dell’Efebo di Selinunte, una statuetta di 85 centimetri di inestimabile valore, chiamata ’u pupu, incredibilmente poggiata senza protezioni sulla scrivania del sindaco di Castelvetrano, che il boss tentò invano di vendere tra Svizzera e Usa proponendo poi un riscatto di 30 milioni allo stesso Comune da cui era stata rubata. Ma nessuno pagò e la statua ricomparve sei anni dopo a Foligno, in Umbria. Passione per l’arte ereditata dal figlio latitante – come testimonia il pizzino a lui riconducibile, “con il traffico di opere ci manteniamo la famiglia” – che seguendo le orme del padre, raccontò il pentito Mariano Concetto, commissionò il furto del Satiro Danzante, splendido bronzo greco oggi esposto a Mazara. Il Satiro avrebbe dovuto essere commercializzato attraverso ca- nali svizzeri, ma l’operazione fallì per l’arresto di due intermediari committenti.
Da sempre le opere d’arte costituiscono un “interesse strategico” di Cosa nostra: fu Giovanni Brusca a raccontare che per ottenere benefici carcerari per il padre negli anni della Trattativa fu indirizzato da Riina a Messina Denaro per procurarsi un reperto archeologico da scam- biare con lo Stato. E in quell’occasione i trafficanti amici del superlatitante stavano in Svizzera, dove lo stesso Matteo, come risulta da alcune acquisizioni giudiziarie, si sarebbe recato più volte: proprio a Basilea, insieme ad alcuni complici, per acquistare armi da guerra e per impiantare, ha raccontato il pentito Francesco Geraci, anche alcune attività economiche con i miliardi della cosca.