Il fantasy è accanto a noi anche se non lo vediamo
Vanni Santoni Lo scrittore finalista allo Strega è in libreria con “L’impero del sogno”: “Vi spiego perché gioco con i draghi”
Quando cinque anni fa, con diversi romanzi realistici alle spalle, decisi di scrivere un fantasy, in molti mi dissero di non farlo. Il fatto stesso che un autore con una reputazione e un buon riscontro critico volesse giocare con draghi e incantesimi era inconcepibile per i più. Alcuni mi chiesero se avrei usato uno pseudonimo, dando per scontato che avrei detto di sì; il mio stesso editore suggerì che sarebbe stato il caso di variare almeno un po’il mio nome – come faceva l’autore scozzese Iain Banks, che quando scriveva fantascienza diventava Iain M. Banks – così da “avvertire i lettori”. Pareva, insomma, che non solo il pubblico del fantastico fosse del tutto separato da quello del resto della letteratura, ma che ci fosse pure qualcosa di vergognoso nello scriverne.
ALLA FINE acconsentii all’idea dell’editore di apporre una sigla nel nome, ma non potendo vantare secondi nomi o cognomi, rubai a Guido Morselli e al suo Dis
sipatio H.G., tra i maggiori (e meno noti) romanzi fantastici italiani, le due lettere, e le aggiunsi in coda al mio. Oggi che mi trovo a pubblicare L’impero del sogno, mio terzo libro fantastico su dieci complessivi, e ad apporvi solo il mio nome, senza sigle a margine, molte cose sono cambiate. L’ho appena visto a Lucca Comics & Games: lì non meno che 243 mila persone hanno infatti acquistato un biglietto per andare a sentir parlare, oltre che di fumetti, di draghi, incantesimi e dadi a venti facce. E l’ho visto quando il mio romanzo immediatamente precedente all’Impero del sogno, La stanza profonda,
dedicato all’universo dei giochi di ruolo, fu candidato al Premio Strega, e in molti parlarono di “rivincita dei nerd”.
Credo che fosse però il sintomo di qualcosa di più ampio. Oggi tutti guardano
Il trono di spade; tutti hanno
visto al cinema Il signore de
gli anelli e tutti i loro figli hanno letto Harry Potter; senza parlare dei videogiochi (tra i vari medium quelli che più hanno praticato il fantastico), ormai intrattenimento di massa – solo per fare un esempio tra i tanti possibili, un recente titolo fantasy come Zelda: breath
of the wildha fatto registrare un venduto di quattro milioni di unità.
Il fatto è che il fantasy è diventato m ains trea m. È diventato una parte consistente dell’im mag inar io pop. Mentre scrivevo L’im
pero del sogno, ambientato tra l’Italia degli anni 90 e il mondo dei sogni, in cui si sprecano i riferimenti ai videogiochi dell’epoca, temevo che sarebbe stato frainteso.
AL CONTRARIO, nelle recensioni uscite subito dopo l’uscita, se le interpretazioni del libro e delle avventure dei suoi protagonisti potevano variare, nessuno aveva mancato di notare i riferimenti ai “beat ‘em up” come Final Fight, agli “action RPG” come DiablooFallout, e a una serie di strutture narrative – i nemici in serie, il “quadro del mostro di fine livello”, la raccolta degli oggetti o dei power up che proprio dall’universo videoludico provenivano.
Il fantastico è diventato una parte così consistente d el l ’ immaginario m ai nstream che si possono produrre oggetti del tutto intertestuali, come la popolare serie Stranger things, e ottenere un successo globale. Ma non è solo questione di immaginari pop: ormai non si contano gli scrittori percepiti come “letterari” che hanno sfondato la barriera fra i generi.
SIA TRA QUELLI più avanguardistici – gente come Mircea Cartarescu o Antoine Volodine, che nelle loro opere usano dispositivi propri della speculative fiction per esplorare le frange più estreme della metafisica – che tra il
mainstreampiù puro: il fresco Nobel Kazuo Ishiguro non ha solo scritto un distopico come Non la
sciarmi ma anche un fantasy come Il gigante sepolto; il freschissimo Pulitzer Colson Wh it eh ea d, dietro quello che appare come un romanzo storico ambientato durante lo schiavismo, cela un’ucronia con elementi s te amp un k.
Come è accaduto? La verità, almeno per la mia generazione, quella precedente e quella successiva, è che il fantastico non ci ha mai lasciati. Era con noi quando al pomeriggio guardavamo Ken il guerriero e I cavalieri dello zodiaco o quando alla sera le tv commerciali ci proponevano Conan il barba- ro, LadyhawkeoWillow; era con noi quando andavamo al bar a giocare a Rastan saga o King of Dragons, e anche quando, rientrati a casa, accendevamo il pc per giocare a Ultima o la console per giocare a Zelda; ci stava addosso quando giocavamo a Dungeons & Dragon e tornava ad ammiccarci quando in edicola compravamo Sandman oppure Be rser k. Era lì, adesso è ovunque, e ci va bene così.