C’era una volta “l’anomalia democratica”: B. era Mackie Messer, Coccodé e il Duce
Gli editoriali violentissimi della lunga battaglia all’ex Cavaliere
In principio era Mackie Messer. Lo Scalfari che oggi abbraccia le larghe intese Renzi-Berlusconi è lo stesso che una volta scomodava Bertolt Brecht per tracciare il profilo pubblico e privato dell’imprenditore di Arcore.
IN UN EDITORIALE del 13 gennaio 1990 il fondatore di Repubblica raccontava l’Italia preda di “iene e sciacalli”. Il protagonista era appunto il gangster Mackie, un personaggio de L’Opera da tre soldi di Brecht: “Tanti denti ha il pescecane e a ciascun li fa veder, Mackie Messer ha il coltello ma chi mai lo può saper? Sbrana un uomo il pescecane e il sangue si vedrà. Mackie ha un guanto sulla mano nessun segno resterà”. Uno squalo; un assassino che non lascia tracce, Mackie Messer. E un corruttore: “Mackie ha in mano i lor danari, nessun può testimoniar” (erano i giorni della “guerra di Segrate” per il controllo di Mondadori, e di Repubblica).
La parola “Berlu sconi” non compare mai, ma Scalfari si riferisce a lui. Lo rivendica più volte. Il 14 no- vembre 2010 firma l’editoriale “L’ultima minaccia di Mackie Messer”. E cita esplicitamente il Cavaliere: “Negli anni Novanta era già chiara la natura di quel personaggio. Chi voleva capire aveva capito. I vent’anni successivi non sono stati altro che lo sviluppo di quella natura che conquistò le istituzioni e le ridusse a strumento dei propri interessi e di quelli della sua nomenklatura”.
Prima da direttore – fino al 1996 – poi da editorialista e figura quasi mistica, Scalfari è sempre stato Repubblica .E Repubblica è sempre stato il grande giornale anti-berlusconiano. Il momento più alto di quel conflitto è nelle “dieci domande” di Giuseppe D’Avanzo sugli scandali sessuali dell’ex premier, pubblicate per 175 edizioni consecutive nel 2009.
Ma la battaglia personale di Scalfari inizia prima, già dalla discesa in politica di Berlusconi. Allora lo riteneva una meteora; lo definì “il ragazzo coccodé” (come le vallette di Renzo Arbore in Indietro tut- ta): “Assistiamo a una situazione paradossale: nasce il partito di un monopolista, sistematico contravventore delle leggi esistenti, pur tagliate su misura per lui (...). Potessero vedere dall’a ltro mondo l’indecenza di questo spettacolo, Luigi Einaudi, Benedetto Croce, Ernesto Rossi e Ugo La Malfa torcerebbero gli occhi inorriditi” (27 gennaio 1994).
NEL TEMPO, Scalfari ha definito Berlusconi in vari modi. In sintesi: un’anomalia del sistema e un pericolo per la democrazia. Un breve campione: “Appartiene a quel genere
Tutto perdonato “È uno di quegli uomini pericolosi per definizione: non per quello che fanno, ma per quello che sono”
di uomini che in determinate circostanze fanno la fortuna d’una impresa e la rovina d’un Paese; quel genere d’ uomini che sono pericolosi per definizione, non per quello che fanno ma per quello che sono e che pensano di essere” (14 maggio 1995); “Berlusconi è un uomo di gomma laddove Mussolini si atteggiava a uo- mo di ferro. Berlusconi galleggia e padroneggia la democrazia cercando di renderla invertebrata; Mussolini distrusse la democrazia (...) differenze profonde anche se il fine è analogo: un Capo carismatico, plebiscitato da un popolo che ha rinunciato a esser popolo e ha trasferito in blocco la sua sovranità al Ca- po”(22 marzo 2009); “Ma mai come in questa legislatura quella furia (berlusconiana, ndr ) aveva raggiunto un’aggressività così pericolosa, esplicita, mirata ad abbattere ogni equilibrio, ogni garanzia, ogni ostacolo e lo spirito stesso della Costituzione repubblicana” (28 febbraio 2010); “Berlusconi ha una concezione autoritaria della democrazia profondamente diversa da quella configurata nella nostra Costituzione” (5 giugno 2011); “Ha recato al Paese umiliazione e dileggio in tutto il mondo” (20 luglio 2014).
Il ventennio antiberlusconiano è stato rottamato rapidamente: da anomalia democratica a futuro padre della patria, tutto è perdonato.