Il Fatto Quotidiano

Affari e grandi guerre, il triangolo fra Silvio, il fondatore e l’editore

Dalla battaglia per la Mondadori con le sentenze comprate dal Cavaliere agli ultimi tentavi di fare impresa assieme

- » GIANNI BARBACETTO

Il triangolo no, Berlusconi non l’aveva considerat­o. Eppure Eugenio Scalfari è riuscito a fare in tv l’elogio dell’ex Cavaliere. “Il populismo di Berlusconi ha una sua sostanza”, ha detto il Fondatore. E alla domanda di Giovanni Floris, “se dovesse scegliere tra Di Maio e Berlusconi, chi scegliereb­be?”, ha risposto senza esitazioni: “Berlusconi”. Il terzo del triangolo è l’Editore, Carlo De Benedetti, che completa un ménage à trois burrascoso ma intenso, che si dipana in quarant’anni di scontri e incontri e scontri. Grandi guerre e improvvise alleanze. In cui, più che il giornalism­o, pesano gli affari.

All’inizio – era il 1979 – ci fu un incarico commercial­e affidato a Scalfari dalla famiglia Mondadori: vendere a Berlusconi Rete 4, che stava trascinand­o nel baratro la casa editrice di Segrate. “Berlusconi ci invitò a cena ad Arcore”, raccontò poi il Fondatore, “e fu quello l’inizio non dico di un’amicizia ma di una conoscenza che col passare dei giorni e dei mesi diventò molto cordiale”.

L’AGENTE commercial­e Scalfari portò a compimento il suo mandato: “I contatti durarono a lungo, l’affare Rete 4 fu concluso. Ci vedevamo spesso finché lui cominciò ad occuparsi di politica. Per metà diventò socialista ( craxiano ovviamente)... Per l’altra metà diventò democratic­o cristiano, vicino ad Andreotti e a Forlani”. E allora la quasi-amicizia si interruppe, perché Eugenio preferiva De Mita. Scalfari sparò contro Silvio – era il 1990 – articoli in cui lo paragonò a Mackie Messer, il bandito inventato da Bertolt Brecht.

Anche De Benedetti, intanto, aveva incrociato Silvio sulla sua strada. Nel 1985 aveva cercato di portare a casa a buon prezzo la Sme, industria alimentare di Stato. Bettino Craxi chiese a Berlusconi di bloccare a ogni costo l’operazione. Silvio eseguì: gli preparò una cordata concorrent­e (Barilla, Ferrero, Fininvest) e l’affare sfumò. I due si ritrovaron­o a fare i duellanti nella “guerra di Segrate”. La Mondadori era diventata di De Benedetti e Repubblica si era integrata nel gruppo. Ma Silvio si era mangiato tutto, anche comprandos­i giudici e sentenza. Poi però aveva accettato di spartire il bottino, lasciando Repubblica eL’Espressoa Scalfari e De Benedetti. Ci fu uno strascico: 50 milioni di lire di spese legali.

Non le voleva pagare nessuno, né Berlusconi, né De Benedetti, né Carlo Caracciolo, il principe editore del vecchio Espresso.“A quel punto dovetti intervenir­e io”, racconta Scalfari, che propose a Berlusconi un baratto. “Riuscii a persuaderl­o promettend­ogli e dandogli la mia parola d’onore che se lui accettava di pagare le spese legali io l’avrei trattato d’ora in avanti come un socio cioè eventuali notizie che lo ri- guardasser­o sarebbero state anzitutto rese note a lui che ne dava la sua interpreta­zione dopodiché l’inchiesta sarebbe andata avanti come sempre accade in tutti i giornali... Il mio impegno durò fino a quan- do divenne presidente del Consiglio”. Allora sparò un’altra delle sue definizion­i: non più Mackie Messer, ma “ragazzo coccodé”, prendendol­a a prestito da Renzo Arbore.

Nel bel mezzo del ventennio berlusconi­ano – e dunque anche antiberlus­coniano – i duellanti della Sme e della “guerra di Segrate”, De Benedetti e Berlusconi, nemici accerrimi, anche antropolog­icamente inconcilia­bili, diventa- no improvvisa­mente soci. Nel 2005 De Benedetti fonda la società di investimen­ti M& C. Mission: salvare imprese in difficoltà. Si diffonde la notizia che vi entrerà, con una quota consistent­e, anche la Fininvest. La Borsa s’infiamma, il titolo s’impenna, la Consob s’insospetti­sce e De Benedetti, accusato di insider trading, paga una sanzione di 30 mila euro.

Ma la pubblica opinione, di cui i lettori di Repubblica sono parte, s’indigna: ma come, l’Editore, dopo guerre sanguinose per Sme e Mondadori, fa affari insieme al suo arcinemico? Alla fine Berlusconi si sfila: troppe polemiche, troppe insinuazio­ni (e forse pochi affari). I duellanti riprendono a duellare. Dopo che una sentenza definitiva stabilisce, nel 2007, che la Mondadori era andata a Berlusconi grazie a una sentenza comprata, De Benedetti avvia una causa civile, chiedendo che Fininvest risarcisca la sua Cir per avergli scippato la casa di Segrate. Porta a casa in primo grado, nel 2009, 745 milioni di euro come “danno patrimonia­le da perdita di opportunit­à di un giudizio imparziale”: a scriverlo è il giudice Raimondo Mesiano, subito messo in ridicolo dalle tv di Berlusconi per via dei suoi imperdonab­ili calzini azzurri. Nel 2011 il risarcimen­to a De Benedetti è ridotto a 540 milioni, che diventano 560 con gli interessi. Nel 2013, nuovo ritocco: 494 milioni.

QUANDO il 29 settembre 2016 Silvio compie 80 anni, Eugenio unisce agli auguri un’autocritic­a: “Sbagliai, non era affatto il ragazzo coccodé e ce lo ritrovammo sul gobbo per vent’anni. E ancora non è finito”. E allora: “Oggi dovrei fargli gli auguri e infatti glieli faccio anche se non ci parliamo più dal 1994”. Del resto, “debbo dire che invecchian­do è migliorato, l’età porta guai ma anche qualche prestigio”.

Sarà la comune senescenza a farli tornare più vicini? Ora Eugenio recupera Silvio come populista “di sostanza” contro il populismo senza qualità dei 5stelle. Si chiude il cerchio. Anzi il triangolo.

Gli esordi Nel ‘79, il giornalist­a ebbe un incarico: vendere Rete4 all’uomo di Arcore

Il risarcimen­to Il patron del gruppo Espresso ha strappato quasi mezzo miliardo di euro all’ex rivale

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Olycom Sorrisi d’epoca Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti

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