La superconsulente spia mette nei guai Padoan
La Masi, consigliera al Mef, avrebbe dato notizie riservate a Ernst & Young, per cui lavorava. 5Stelle, FI e SI: “Il ministro chiarisca”
Una consigliera corrotta nel suo staff mette alle corde il ministro dell’E conomia Pier Carlo Padoan. Soldi, tanti, intascati per spifferare notizie sulle nuove norme fiscali. Paga Ernst & Young, la società internazionale di consulenze legali tributarie, incassa Susanna Masi entrata nel Mef nel 2012, dopo aver lavorato proprio per E&Y. Non solo: dal 2015 è tra i cinque consiglieri di Equitalia. Il caso da giudiziario diventa politico e scatena la polemica, ma anche la richiesta al ministro di andare in Parlamento a riferire sulla vicenda. “Ecco perché abbiamo dato battaglia contro Equitalia - hanno spiegato ieri i deputati M5s - . Ecco perché ci scagliamo contro il malaffare all’interno delle agenzie fiscali. Il caso di Susanna Masi ci dà tristemente ragione: la macchina della riscossione sarebbe corrotta fino ai livelli apicali, se fossero confermate le accuse”. Richieste di chiarimenti sono arrivate anche da Lega e Fi. Giovanni Paglia di Si e componente della commissione Finanze di Montecitorio spiega: “Ho presentato una interrogazione urgente al ministro. Padoan deve spiegare”. In sostanza per tre anni Ernst & Young ha avuto accesso a notizie riservate sulle dinamiche delle nuove norme fiscali in discussione sul tavolo del ministero dell’Economia, del Consiglio dei ministri e della stessa Commissione europea. Soffiate decisamente utili per rimodulare proposte innovative da proporre ai propri importanti clienti.
LA GOLA PROFONDAè Susanna Masi. Laureata in Economia e Commercio, per molto tempo ha lavorato in Ernst & Young, società alla quale è rimasta fedele anche dopo aver lasciato la scrivania. Oggi è indagata dalla Procura di Milano per tre capi d’accusa: corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e false attestazioni sulle qualità personali. Questo si legge nell’avviso di conclusioni indagini depositato una settimana fa e anticipato ieri dal Corriere della Sera. Durante l’inchiesta sono state analizzate diverse email tra la Masi e la direzione italiana di Ernst & Young, dalle quali, spiegano i pm, emergono chiaramente non le confidenze, ma il fatto che queste erano state acquisite. Da qui sono poi partite le intercettazioni. L’indagine, iniziata nel 2013 si è conclusa due anni dopo. In sostanza, viene messo agli atti, la Masi ha percepito due stipendi mensili: uno regolare dal ministero e l’altro, ritenuto illecito, direttamente da Ernst & Young, sotto forma di regolari bonifici per una cifra quantificata in 220 mila euro. La Masi, per l’accusa, si è “resa disponibile a proporre modifiche, a vantaggio di Ernst & Young e dei suoi clienti, alla normativa fiscale interna in corso di predisposi- zione”. Inoltre, potendo frequentare i tavoli europei sulla Tobin tax avrebbe “comunicato a Ernst & Young notizie riservate, ottenute per ragioni d’ufficio e che dovevano restare segrete”. Il tutto, stando alla ricostruzione della Procura, utilizzando ancora il suo account email di Ernst & Young. Per quanto riguarda, invece, il terzo capo d’accusa questo è legato – è stato spiegato ieri in Procura – alle autocertificazioni con cui nel 2012 è entrata al ministero e nelle quali spiegava di non aver rapporti con enti privati e nessuno conflitto d’interessi.
“STIAMO DENUNCIANDO da mesi il cancro degli inquisiti e condannati ai vertici delle agenzie fiscali - hanno proseguito i deputati M5s - . Invece di prendere provvedimenti, il Mef cosa fa? Sceglie di tirar fuori questi enti strategici dal perimetro della pubblica amministrazione”. Indagato ilrappresentante italiano di E & Y, accusato di corruzione. E per la legge 231 anche la stessa società che però smentisce ogni ipotesi di reato.