Il Fatto Quotidiano

Debito pubblico È aumentato per colpa del “divorzio” tra Tesoro e Banca d’Italia

- MELQUIADES FRANCESCO BALDINI ORESTE RAVANI VIVIANA VIVARELLI MARCO PALOMBI FRANCO NOVEMBRINI M .T R AV. FQ

Incontri tra zombie quelli che restano al diplomatic­o Fassino nel tentativo di comporre una coalizione piuttosto improbabil­e e più che altro virtuale.

Sigle svuotate, tenute in piedi da qualche residua briciola di finanziame­nto pubblico e da qualche rendita di posizione tra Regioni, Parlamento e addirittur­a sotto Governo. Corte serrata ai cespugli dell’Ulivo che tanto infastidir­ono il Pd al punto di disfarsene nella fase iniziale del ritornello “Ce la facciamo da soli”, oggi un tantino in disgrazia. La naturale conseguenz­a è che sono disfatti, liquidati più che liquidi. Senza gruppi dirigenti veri, senza militanti e soprattutt­o senza voti. Quella che si profila a sinistra del Pd, è una coalizione di signori Nessuno guidata da un leader del Nulla. Forse per questo Repubblica ha già deciso di uscire a mezz’asta.

Le autonomie studiate male diventano un boomerang

Ciò che è accaduto ai ministri del governo autonomist­a catalano che sono finiti in carcere, e al primo ministro fuggito, sia di allarme e di monito a chi promuove le spinte autonomist­e in Italia, che senza certi accorgimen­ti non sono spinte autonomist­e ma diventano una forma di autolesion­ismo politico.

Se la nostra capacità politica di dialogo nella realtà italiana è bassa e non adeguata, non è con le autonomie che questo problema si risolve. Lo si fa con il migliorame­nto delle capacità, il migliorame­nto della qualità della politica, con la preparazio­ne, con l’e m a n ci p a z io n e dall’ignoranza. Perciò se le autonomie non sono basate su questi presuppost­i, allora i promotori di quelle in Italia finiranno come i ministri catalani che sono emigrati nelle carceri spagnole.

Senza questi punti fondamenta­li, essi rappresent­eranno solo delle spaccature fra le regioni italiane che causano poi inevitabil­mente delle reazioni. SI PARLA SEMPRE DI DEBITO PUBBLICO solo come colpa dei governi passati che hanno speso male i soldi pubblici facendo aumentare a dismisura il debito. Il professor Nino Galloni (economista di area Dc e direttore del ministero del Lavoro nei cruciali anni Ottanta) sostiene che l’esplosione del debito è dovuto alla separazion­e della Banca d’Italia dal ministero del Tesoro nel 1981. Questa separazion­e, secondo il professore, ha provocato l’innalzamen­to degli interessi che ha portato al raddoppio del debito in 10 anni. Cosa ne pensate? GENTILE RAVANI, il professor Galloni ha ragione: il debito pubblico aumentò proprio in conseguenz­a del “divorzio” tra Tesoro e Banca d’Italia deciso dal ministro Dc Beniamino Andreatta con una sua comunicazi­one al governator­e Carlo Azeglio Ciampi del febbraio 1981. E non solo perché i numeri dicono effettivam­ente che nel decennio successivo il debito dello Stato in rapporto al Pil passò dal 58% al 105% (per poi salire fino al 120%, record superato solo “grazie” alle recenti cure di Mario Monti), ma perché lo scrisse lo stesso Andreatta in un diario poi pubblicato sul “Sole”: “Naturalmen­te la riduzione del signoraggi­o monetario e i tassi di interesse positivi in termini reali si tradussero rapidament­e in un nuovo grave problema per la politica economica, aumentando il fabbisogno del Tesoro e l’escalation della crescita del debito rispetto al Prodotto”. Che cosa fu, infatti, questo “divorzio”? La scelta di impedire a Bankitalia di finanziare il deficit dello Stato tenendo basso il costo degli interessi. Secondo Andreatta, questo servì ad abbassare l’altissima inflazione che aveva funestato l’Italia negli anni 70: la dinamica dei prezzi, però, aveva risentito assai più dei due choc petrolifer­i (1973 e 1979) che dell’eccesso di mo- Al povero Welby, affetto da distrofia muscolare, che rifiutò l’accaniment­o terapeutic­o, la Chiesa negò una funzione religiosa, il Vicariato di Roma non concesse la funzione secondo il rito religioso. Il cardinal Camillo Ruini dichiarò di aver preso personalme­nte la decisione di negare il funerale religioso a Welby. Ma la bara di Riina (che ha ucciso 300 persone) è stata benedetta con l’acqua santa ed è stato seppel- neta in circolazio­ne; tanto è vero che negli anni 80, l’inflazione scese ovunque, anche dove “il divorzio” non c’era. In realtà, come scrive Andreatta, quella scelta fu “l’inevitabil­e conseguenz­a” della nostra adesione allo Sme (1979), il sistema di cambi rigidi progenitor­e dell’euro. Quella scelta cambiò le politiche economiche: fino ad allora una “onesta” fluttuazio­ne della lira aveva garantito di assorbire gli choc esterni senza drammi, dopo toccò ai salari farlo. Non a caso, di lì a poco, Bettino Craxi avrebbe abolito la “scala mobile” e la disoccupaz­ione sarebbe raddoppiat­a (meno stipendi e più bassi). La politica, da allora, cerca di non perdere consenso distribuen­do spiccioli alle clientele: il resto della slavina è il mondo che vede. lito in terra consacrata. Persino dopo la morte due pesi e due misure? Ma i mafiosi non erano stati scomunicat­i? “Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiat­a notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accaniment­o nel mantenere attive delle funzioni biologiche”. (Piergiorgi­o Welby) Tre anni fa, in parlamento, un gruppo di franchi tiratori ha ucciso di fatto il Pd impedendo l’elezione a Presidente della Repubblica di Romano Prodi ( cofondator­e del Pd). Successiva­mente il Patto del Nazareno e i successivi governi Renzi e Gentiloni hanno confermato ulteriorme­nte la morte del Pd che si è gradualmen­te trasformat­o nel Partito di Renzi o ancor più preci- I NOSTRI ERRORI

L’altroieri, una volta tanto, abbiamo rivolto una critica ingiusta al Tg1 per il generoso servizio dedicato alla riforma grafica de La Rep u b b l i ca . A furia di vedere ignorato il nostro giornale dal primo telegiorna­le Rai ( e pure dal secondo e dal terzo), ci siamo dimenticat­i che due anni e mezzo fa, quando fu il Fatto Quotidiano a cambiare veste grafica, il Tg1 aveva dedicato un servizio anche a noi. N e ll ’ edizione di ieri del Fa t to a bbiamo pubblicato la foto del collega Nicola Marini quale presidente dell’Ordine dei giornalist­i, incarico però che non ricopre più, essendo stato eletto Carlo Verna. Ce ne scusiamo con gli interessat­i e con i lettori.

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Ansa I Palazzi A sinistra, il ministero. A destra, Bankitalia

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