Rebus Hariri: come salvare Beirut da sauditi e iraniani
Libano Il primo ministro rientra da “salvatore della patria” e congela le dimissioni, ma il Paese è ormai spaccato in due
Il giorno dell'Indipendenza del Libano quest'anno è coinciso, non per caso, con il rientro in patria del primo ministro dimissionario Saad Hariri. Che è stato accolto da migliaia di libanesi - non solo lo zoccolo duro del proprio elettorato - scesi in strada per dimostrargli gratitudine.
A spingerli è stato un rigurgito di ribellione alla sudditanza. Dopo aver fatto una rivoluzione contro l'egemonia siriana, i libanesi non hanno gradito la pressione saudita tutta la Lega Araba, dopo aver accettato di governare grazie al patto tra il cristiano Aoun e gli sciiti Hezbollah, al punto da essere stati la fanteria dell'esercito di Assad, è un mistero. Che dovrà per forza risolversi a breve.
L'Arabia Saudita, dopo aver convocato a Ryad e, di fatto, obbligato Hariri a rassegnare le proprie dimissioni, chiaramente non sarà disposta a perdere la faccia. Quella giovane e determinata del principe ereditario Moham- med bin Salman che non vede di non vede di buon occhio Hariri non sentendolo parte del suo progetto di cambiamento del paese.
ORA HARIRI si trova di nuovo nel ginepraio libanese, sempre più fitto. Due giorni fa il leader di Hezbollah, N ashrallah ha replicato alle accuse di terrorismo da parte dei paesi della Lega Araba, sostenendo che la propria milizia ha salvato la Siria e il Libano dall'Isis, mentre loro lo avevano “alimentato”. Nel frattempo l'iniziativa f r a n c o - e g iziana era diventata l'unica scappatoia per provare a tornare a una mediazione che però pare difficile, se non impossibile. Il problema è che in Arabia Saudita lavorano ben mezzo milione di libanesi e le rimesse finanziarie che questi corrispondono forniscono un gettito di denaro allo stato libanese essenziale. Se i contatti con l'Iran, via Hezbollah, non si possono allentare, le inevitabili sanzioni del mondo arabo, Golfo per primo, nei confronti del Libano, equi- varrebbero a uno strangolamento. Prima di recarsi a Ryad, Hariri aveva perso la metá della propria popolarità in Libano per i tanti problemi economici e sociali che il paese non è riuscito a risolvere dalla fine della guerra civile e per il divario economico in aumento; ora pare il Salvatore dell'Indipendenza e neutralità della Patria nel nome del padre Rafiq che fu assassinato nel 2005, primo ministro, miliardario e cittadino saudita. Ma la vera indipendenza di questo staterello diventato negli anni 70 il concentrato del male che l'uomo possa infliggere ai propri simili, è ancora al di là da venire. Perché, ancora una volta nella storia, questo piccolo paese si trova come un vaso di coccio tra vasi di ferro: l'Arabia Saudita alleata degli Stati Uniti e Israele, e l'Iran che come ha detto il presidente moderato iraniano Rouhani “controlla il Libano grazie a Hezbollah”. A cui però anche i sunniti sono grati per averli difesi dall'Isis.
Il peso di Hezbollah Gli sciiti, sostenuti da Teheran, sono parte del governo: e hanno combattuto l’Isis Il principe di Ryad Salman, erede al trono dell’Arabia, non si fida più del premier del “Paese dei cedri” La scheda
IL 4 NOVEMBRE Hariri aveva annunciato le dimissioni da capo del governo di unità nazionale, di cui fa parte il movimento Hezbollah. Lo aveva fatto dall’Arabia Saudita
IL PREMIER aveva dichiarato di temere per la sua vita. L’Iran, sponsor di Hezbollah, ha invece accusato i sauditi di voler destabilizzare il Libano