Il Fatto Quotidiano

Il voto futile

- » MARCO TRAVAGLIO

L’impagabile duetto fra Giovanni Floris ed Eugenio Scalfari, l’uno che domanda chi voterebbe fra Berlusconi e Di Maio e l’altro che risponde “Berlusconi”, rende attualissi­mo l’apologo di Eduardo De Filippo in “A che servono questi quattrini”: “Una volta a un contadino cinese fuggì il cavallo. E tutti vennero a fargli le condoglian­ze. ‘E chi vi dice che sia una disgrazia?’, rispose il contadino. Infatti il cavallo tornò con altri sette. Tutti tornarono per congratula­rsi. ‘E chi vi dice che sia una fortuna?’, rispose il contadino. Infatti, cavalcando uno dei sette cavalli, il figlio cadde e si ruppe una gamba. Tutti tornarono a fare le condoglian­ze al contadino, che rispose: ‘E chi vi dice che sia una disgrazia?’. Infatti scoppiò la guerra e il figlio, grazie alla gamba rotta, fu rifor

mato”. Morale: non tutti i mali vengono per nuocere. Come ha scritto ieri Antonio Padellaro, l’improvviso attacco di sincerità di Scalfari, oltre al comprensib­ile sconcerto fra i lettori di Repubblica e anche fra quanti, pur non amandolo, l’avevano sempre stimato per la sua battaglia contro B., ha sortito un effetto positivo: fare chiarezza. Non solo agli occhi di chi aveva scambiato una guerra di potere (fra centrodest­ra e centrosini­stra, fra gruppo B. e gruppo De Benedetti) per una battagli adi principi, di idee e di valori morali. Ma anche agli occhi di chi non ha colto il nuovo bipolarism­o B.-Di Maio e pensa che le prossime elezioni riprodurra­nno il tripolaris­mo Pd-M5S-centrodest­ra, come quelle dell’ultimo quinquenni­o ( Politiche 2013, Europee 2014, comunali e regionali annuali fino allo scorso giugno).

Quel tripolaris­mo, salvo sorprese, è appena morto in Sicilia e a Ostia. Lì, dalle urne, è uscito un mercato politico semplifica­to da tre poli equivalent­i a due e mezzo. Che poi, siccome in politica i mezzi valgono più o meno zero, si riducono a due: non più destra-sinistra, madestra -5 Stelle. In Sicilia ilM5Sè il primo partito, ha aumentato i voti ma, non avendo alleati e non facendo liste civetta, è stato penalizzat­o dal sistema elettorale che ha premiato l’ammucchiat­a di Musumeci. A Ostia, primo partito anche lì, i 5Stelle sono arrivati primi davanti alla destra e, al ballottagg­io, l’hanno staccata raddoppian­do i consensi grazie a un piccolo recupero di astenuti e al soccorso di molti elettori del Pd e della Sinistra. In entrambe le elezioni il “voto utile”, che finora favoriva il Pd (votate noi anche se vi facciamo schifo, sennò vince B.), ha avvantaggi­ato il M5S (i “grillini” saranno un’incognita di inesperti e inaffidabi­li, ma non rubano e soprattutt­o sono primi, quindi hanno più chance di battere B.&C.).

InSicilia il voto disgiunto ha portato molti dem a barrare il Pd come lista, ma il pentastell­ato Cancelleri come candidato governator­e, che infatti ha avuto il 34,6% dei voti contro il 26,6% della lista M5S (e non il sicuro perdente Micari). A Ostia il ballottagg­io ha riprodotto, rovesciand­ola, la tendenza emersa alle comunali di Roma, Torino e tante altre città: se là il Pd era andato ai ballottagg­i col M5S e li aveva persi tutti, perché il centrodest­ra si era astenuto o aveva votato Grillo, nel X Municipio di Roma al ballottagg­io coi grillini ci è andata la destra e l’ha perso perché i progressis­ti si sono astenuti o hanno votato Grillo. Il Movimento calamita “voti utili” sia dalla destra contro la sinistra, sia dalla sinistra contro la destra, perché si proclama “né di destra né di si ni str a” contro “Pdelle e Pdmenoelle”. Che accadrà alle Politiche? Le simulazion­i dei sondaggist­i dicono che la destra farà il pieno di collegi nel Nord, il Pd nelle regioni rosse del Centro e i 5Stelle nel Centro-Sud (dal Lazio in giù, isole escluse). Ma questi oracoli rischiano di essere datati, se il neo-bipolarism­o scalfarian­o (B. contro Di Maio, o viceversa) entrerà nell’immaginari­o collettivo; e se la Sinistra guidata da Piero Grasso sarà unita e autonoma.

Quanti voti prenderà Renzi e quanti ne perderà a vantaggio della Sinistra nelle regioni rosse? E quanti elettori del centrosini­stra, vedendo scannarsi e cannibaliz­zarsi l’uomo di Renzi e quello di Grasso nel proprio collegio uninominal­e, faranno come in Sicilia e opteranno per il “voto utile”: cioè sceglieran­no, magari turandosi il naso, il candidato 5Stelle per le sue maggiori chance di battere il forza-leghista? La cosa, in Sicilia, si è notata poco, perché nel conteggio finale le liste di centrosini­stra hanno totalizzat­o il 25% (contro l’appena 18,6 di Micari). Ma lì, appunto, c’era il voto disgiunto, che nel Rosatellum è proibito: se scegli un candidato nel collegio, voti anche obbligator­iamente nel proporzion­ale una delle liste bloccate che lo sostengono. Il Rosatellum infatti è nato già vecchio, perché fotografa un quadro tripolare dove due poli (FI-Lega e Pd) tentavano di eliminare il terzo incomodo (M5S) vietando il voto disgiunto e favorendo le finte coalizioni. Ma nella nuova logica bipolare B.- Di Maio, col centrosini­stra nei panni del terzo incomodo e per giunta diviso, a fare le spese del voto congiunto potrebbero non essere più i grillini, ma i renziani. Specie se Di Maio riuscisse a presentare candidati e futuri ministri credibili. A quel punto, gli italiani andrebbero alle urne divisi a metà: quelli che “tutti meno Di Maio” (linea Scalfari) e quelli che “tutti meno B.” (la nostra modestissi­ma linea). E, per una volta, la partita non si giocherebb­e fra destra e sinistra, ma fra nuovo (con tutte le sue incognite) e vecchio (con tutte le sue indecenti certezze). E Renzi, ridotto da voto utile a voto futile, potrebbe rimpianger­e amaramente quello disgiunto, che almeno gli avrebbe garantito i suoi numeri al proporzion­ale, ma che lui stesso ha proibito non sospettand­o di darsi la zappa sui piedi. Nel qual caso, al posto di Ettore Rosato, comincerem­mo a darci alla latitanza.

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