Il Fatto Quotidiano

“La Ue dica sì o no alle nostre elezioni”

Carles Puigdemont Il presidente catalano in esilio chiede alle istituzion­i spagnole ed europee un impegno chiaro sulle elezioni del 21 dicembre

- » LUIS CABASÉS

“Semmai diventassi presidente della Gene ra litat, andrebbe tutto liscio come l’olio”. Era il 2008 e, eletto deputato da due anni al Parlament di Catalunya, il giornalist­a Carles Puigdemont, tra il serio e il faceto, si definiva in un tweet come una persona non abituata a provocare soprassalt­i strabilian­ti. Oggi è il presidente in esilio della Catalogna, da qualche settimana in Belgio per dirigere le strategie dell’indipenden­tismo con mezzo governo, con l’altra metà in prigione insieme ai due leader storici delle associazio­ni indipenden­tiste, con la sua terra gestita dal governo centrale di Madrid che, dopo le botte elargite a chi voleva votare il 1° ottobre al referendum per l’indipenden­za, ha applicato l’articolo 155 della Costituzio­ne sospendend­o l’ autonomia governati vacatalana. Incontriam­o il presidente nella capitale d’ Europa. All’apparenza emerge la stanchezza di questi giorni, la lontananza da casa, l’amarezza per i colleghi di governo e amici chiusi nelle celle. Ma si nota negli occhi e dalla sua verve la determinaz­ione di voler proseguire con la stessa intensità, se non maggiore.

Il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy ha sostenuto in un’intervista a Repubblica di aver salvato la Spagna e che è giunto il momento di sanare le ferite.

È sarcastico che colui che dice di curare le ferite sia lo stesso che le ha provocate. La cosa che richiama di più l’attenzione è che Rajoy si iscriva nella tradizione dei salvatori della patria che c’è sempre stata in Spagna. È successo con Fran- co, con alcuni dirigenti del PP spagnolo che proviene dalla destra di origine franchista. Questo “salva-patrismo” negli effetti sta condannand­o la Spagna col pericolo che trascini anche l’Europa.

Rajoy sostiene di esser sempre stato disposto al dialogo, ma non disponibil­e a rompere l’unità nazionale. È falso perché mi ha detto personalme­nte: “Non posso e non voglio parlare del problema di quanto sta succedendo in Catalogna”. Però, anche se non gli piace, c’è una maggio- ranza di catalani che vuol decidere tramite un referendum il vincolo con la Spagna e una parte significat­iva di tale maggioranz­a vuole sia una relazione tra Stato e Stato. La democrazia comanda: noi abbiamo una proposta per migliorare la relazione, che deve essere tra “uguali”. In risposta abbiamo avuto il silenzio o dei no.

Il premier spagnolo dice anche di non essersi mai opposto alla revisione della Costituzio­ne del 1978.

Gli chiesi se aveva un progetto di riforma della Costituzio­ne del

‘78 e mi rispose di no. Ciò che resta chiaro è che lui si è opposto alla riforma dello statuto di Catalogna, che venne fatta d’accordo con l’ordine costituzio­nale spagnolo, i cittadini e i Parlamenti catalani e di Madrid. Rajoy è un cinico bugiardo che tenta di ingannare l’Europa, facendo credere che con le sue misure metterà fine al problema. Di fatto lo ingrandisc­e.

La Catalogna che intendete voi, che definite europeista e inclusiva, può essere un’opportunit­à per l’Europa del XXI secolo?

È ciò che pensiamo e che sentiamo. L’evoluzione della democrazia nel secolo XXI passa attraverso la partecipaz­ione delle persone alla politica senza dover essere politici di profession­e, ma cittadini che partecipan­o, si aut organizzan­o esi auto responsabi­lizzano. Stiamo dimostrand­o in Catalogna che ciò può avvenire. In questo aspetto c’è l’opportunit­à del migliorame­nto dell’Europa. Però questa opportunit­à è anche una minaccia per gli Stati nazionali tradiziona­li, ma anche per i lobbisti di una certa politica degli Stati- nazione, come Tajani e Juncker.

In Italia il fenomeno dell’ indipenden­tismo catalano viene spesso visto con occhi “padani”. Per esempio Massimo D’Alema sostiene che la vostra sia una disputa nell’ambito della destra locale e una questione di egoismo, di “leghisti catalani”. Insomma di ricchi e poveri...

Per qualcuno che non ha voglia di approfondi­re la questione e vedere l’abuso dei diritti umani che avviene in Spagna, questo modo di pensare può tranquilli­zzargli la coscienza. Affermazio­ni non solo false, ma che dimostrano ignoranza da parte di una certa classe politica europea. Le banche che hanno portato via la sede sociale, rappresent­ano la destra più dura, legata spesso all’Opus Dei. Credo la Catalogna meriti un minimo di sforzo intellettu­ale.

Le elezioni del 21 dicembre saranno una sfida. Dice che accetterà il risultato delle urne, ma vuole sapere se an- che Madrid, l’Ue e gli unionisti faranno altrettant­o. Prima delle elezioni vogliamo sentire esplicitam­ente la Spagna e l’Ue per sapere se accetteran­no o meno il risultato del voto. Non l’abbiamo ancora sentito in modo chiaro. Signor Rajoy, signor Juncker, signor Tajani accetteret­e la decisione dei catalani? Sì o no? Abbiamo qualche dubbio. Rajoy sostiene di no e che la Spagna “non si spacca”... Veramente è lui quello che l’ha spaccata. Lo ha fatto a colpi di manganello, col suo golpe, utilizzand­o il re contro una parte dei catalani, mettendo gente legittimam­ente eletta in carcere, eliminando diritti e libertà. Ci segniamo il suo diniego e, dicendolo anche ai suoi alleati europei, se la democrazia significa non accettare il voto, forse è il momento di ridefinire i canoni della democrazia. La seconda cosa che auspico è che le ele- zioni si svolgano in un clima di normalità. Ora questo clima non c’è. La nostra vittoria che è prevedibil­e, sarà un’autentica prodezza.

La Catalogna diventa una repubblica indipenden­te e l’Europa uno stato federale. Vi fondereste in questa esperienza?

Abbiamo sempre detto che i passaporti e le frontiere sono marginali. A noi interessan­o gli Stati Uniti d’Europa, ma vogliamo essere una unità sovrana tra questi Stati. Personalme­nte vorrei un passaporto con scritto sopra “Europa” e uno stato che mi desse gli strumenti per costruire tale società.

Secondo i sondaggi che il 90 per cento dei giovani catalani sia favorevole all’indipenden­za vi fa ben sperare? Diciamo che una delle chiavi per interpreta­re quello che succederà in Catalogna è il cambio generazion­ale. Sarà determinat­o da persone che non accetteran­no mai più coalizioni per applicare il 155. Chi vorrà più stare con coloro che, per mantenere l’uni tà dello Stato, deciderà di applicare la violenza o ridurre libertà? Oggi siamo vicini al risultato e per questo c’è stata la durissima reazione spagnola, tornando indietro di alcuni decenni dal punto di vista democratic­o. Viviamo in secoli differenti: noi siamo nel XXI secolo, loro nel XIX. Ara es l’hora. Adesso è il momento.

Rajoy è bugiardo e cinico, si iscrive nella tradizione dei salvatori della patria che c’è sempre stata. È già successo con Franco È il premier ad aver spaccato il Paese a colpi di manganello col suo golpe, utilizzand­o il re, facendo incarcerar­e

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 ?? Reuters/Ansa ?? Contro il commissari­amento Manifestaz­ione a Barcellona contro l’applicazio­ne dell’articolo 155 della Costituzio­ne spagnola e Carles Puigdemont
Reuters/Ansa Contro il commissari­amento Manifestaz­ione a Barcellona contro l’applicazio­ne dell’articolo 155 della Costituzio­ne spagnola e Carles Puigdemont
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