Antonveneta, le fragilità che Draghi non svelò a Mps
L’acquisto disastroso L’ispezione del 2006 in cui Bankitalia trovò un quadro critico e ipotizzò nuove perdite. Ma il governatore diede l’ok
Un’ impressionante sequela di bocciature, 64 pagine che prefigurano un futuro cupo in una mare di sofferenze. Il 14 dicembre 2006 Bankitalia concluse con toni severi l’ispezione sulla Banca Antonveneta. Meno di un anno dopo consentì al presidente del Monte dei Paschi di Siena Giuseppe Mussari di rilevarla a un prezzo stratosferico dal Santander di Emilio Botìn che l’aveva appena comprata da ll ’ olandese Abn Amro: 9 miliardi contro appena 3 di valore. Bankitalia sapeva che Mussari stava suicidando il Monte ma tutelò la privacy del venditore. Il 17 marzo 2008 il governatore Mario Draghi autorizzò l’operazione: “Non risulta in contrasto con il principio della sana e prudente gestione”.
L’ISPEZIONE DEL 2006, segretata dalla Commissione d’inchiesta sulle banche ma letta dal Fatto, sembra dire tutt’altro. Gli ispettori di Bankitalia – a Padova dal 6 luglio al 14 dicembre – trovano una situazione drammatica. Il controllo cade a sorpresa perché un anno prima Via Nazionale non aveva trovato nulla da eccepire e si capisce il perché. Tra il 6 e il 24 giugno 2005 gli uomini inviati dal governatore Antonio Fazio ispezionano l’is t it ut o quando i vertici sono stati appena sospesi dal Tribunale civile di Padova. Sono i giorni cruciali delle scalate dei “furbetti del quartierino”. L’ad della Popolare di Lodi Giampiero Fiorani, col supporto di Fazio, tenta di scalare l’istituto sfilandolo ad Abn Amro, operazione che un mese dopo sarà fermata dall’intervento della magistratura.
Il team guidato da Ciro Iorio e Giuseppe Boccuzzi (attuale dg del Fondo interbancario di tutela dei depositi) mette a verbale che dopo i colloqui con i vertici “si è delineato un contesto nel complesso rassicurante”. Un anno dopo Fazio non c’è più, travolto dal l’inchiesta giudiziaria, e arrivano gli uomini di Draghi. Scoprono di tutto. L’ispezione si chiude con un esito “in prevalenza sfavorevole” e la richiesta di multare vertici e collegio sindacale. “Sfavorevole” è il giudizio sulla redditività, sul posizionamento del mercato, sulla raccolta, sull’organizzazione aziendale e sugli impieghi. Cioè su tutto eccetto il patrimonio (3,3 miliardi quello di “vigilanza”) e la liquidità. Quest’ultima, però, è garantita soprattutto dai 5 miliardi prestati da Abn Amro, che a fine 2017 saliranno a 7,5 e porteranno il conto dell’acquisizione per Mps a 17 miliardi.
ANCHE SUL PATRIMONIO, però, ci sono dubbi. Per gli ispettori la banca è alla fine di un triennio critico, sta perdendo clienti, è ingessata nell’operatività da “un clima aziendale caratterizzato da conflittualità, disaffezione e comportamenti irregolari”. Non solo: applica tariffe fuori mercato; i controlli gestionali “non pre- vedono analisi di redditività delle aree di business” e il comparto contabilità “è connotato da prassi poco efficaci e da aree di manualità”.
Il capitolo crediti è il più critico: le sofferenze (prestiti inesigibili) ammontano a 4 miliardi, più un altro miliardo di incagli, ma c’è una previsione di nuove perdite per 2,8 miliardi. Gli ispettori sospettano che la banca non faccia emergere a dovere i crediti problematici, risparmiando così sugli accantonamenti: “Di particolare rilievo per l’im p a tt o reddituale è la mancata approvazione delle metodologie usate per applicare i nuovi prin- cipi contabili internazionali ( Ias) alla valutazione delle perdite su sofferenze”. Ci si basa su “una media dei tempi di chiusura osservati in passato”. Gli ispettori notano che una recente cessione di sofferenze di piccolo importo ha avuto un effetto statistico con “rilevanti riprese di valore”. Dubbi anche sulla copertura dei crediti in bonis e di quelli più a rischio. A fronte della possibile perdita di 155 milioni dati a Parmalat, per esempio, la banca ha accantonato solo 5,8 milioni. Antonveneta compra perfino partecipazioni nei gruppi in crisi esposti con l’istituto per diluire su più anni le perdite.
La sintesi è nella “lettera di intervento” del 9 marzo 2007, firmata dal direttore della Filiale di Padova della Banca d’Italia: i livelli di sofferenze “non appaiono del tutto rappresenta ti vi” perché le correzioni della valutazione degli impieghi “hanno riguardato solo in minima parte il portafoglio retail”, dove gli ispettori trovano 1,8 miliardi a rischio “di “decadimento qualitativo”.
NELLA LETTERAche autorizza l’acquisto di Antonveneta, Draghi non menziona nulla di tutto ciò. Il 26 marzo 2008 – ha spiegato alla Commissione il capo della vigilanza, Carmelo Barbagallo – l’autorizzazione venne trasmessa a Mps chiedendo di “rafforzare il governo di Antonveneta alla luce delle anomalie da tempo riscontrate nei profili tecnici della banca acquisenda” con riguardo “alle carenze presenti nel quadro regolamentare, nei processi di pianificazione e controllo di gestione”. Non proprio un quadro realistico.