Il Fatto Quotidiano

Sicilia Terra dei Riina. Ma soprattutt­o terra dei Falcone e dei Borsellino

- FRANCO PAONE FRANCESCO VITALE EDOARDO BASSANI PIETRANGEL­O BUTTAFUOCO MASSIMO MARNETTO ALBERTO SINIGAGLIA PRESIDENTE DELL'ORDINE DEI GIORNALIST­I DEL PIEMONTE ELISABETTA AMBROSI

Già liceale ho iniziato a formarmi da una scuola altra dalla Statale con il Mondo di Pannunzio, con il Punto di Vittorio Calef (ahimé, defunto troppo presto e lo avevo conosciuto), e con l’Espresso e poi Repubblica di Eugenio Scalfari. Me ne sono uscito adulto quando Montanelli si allontanò dal Corriere e fondò la Voce . Infine, dopo un lungo abbandono della “stampa” sono ritornato a una plausibile casa, poco più che settantenn­e, con il Fatto Quotidiano.

Ma in tutti quegli anni non avrei mai minimament­e pensato di ritrovare lo Scalfari “rivoltato”, prima che dal recentissi­mo “renzusconi­smo”, antecedent­emente con la presidenza doppia di Napolitano, con la constatazi­one che la prima tessera del Pd che, credendo di mantenere una verginità politica, ha mostrato la sua vera natura di secondo silenzioso (!) “caimano” (ho iniziato a indignarme­ne un po’ tardi quando costui, avendo “fondato” Omnitel, fece diventare di 58 secondi il minuto telefonico). Mi ero rassegnato a considerar­e Scalfari assalito da demenza senile, e gradirei sapere quale nome, pressappoc­o un quinquenni­o fa, abbia deciso di respingere il mio averlo definito tale.

Oggi non so proprio se la sua, di Scalfari, sia solo demenza senile. Che si sia ricongiunt­o al suo primissimo inizio?

Documentar­e il malaffare senza generalizz­are

I maggiori opinionist­i nazionali nella loro analisi del voto del 5 novembre in Sicilia concordano che nel Meridione prevalgono ancora il clientelis­mo e il passaparol­a. E come se ciò non bastasse una trasmissio­ne andata in onda in prima serata ha mostrato scene di commercio di voti al più basso livello, in cambio di pochi spiccioli ad Acireale in provincia di Catania.

Il giornalist­a che ha curato il servizio ha portato a credere a una situazione diffusa e “quasi normale”. Credo che sia dovere di tutti gli onesti cittadini, e non siamo certi po- EGREGIO SIGNOR BUTTAFUOCO, ho saputo che è siciliano. Piacere, io sono bellunese. Belluno, terra di emigranti come voi. “Terroni” del Nord accomunati dalla povertà a quelli del Sud. Terra di montagna da cui un tempo si strappava qualche fazzoletto di spianata per sopravvive­re. Terra di popolazion­i antiche immerse nella sapida ignoranza delle loro tradizioni che vengono tuttora tramandate di generazion­e in generazion­e, terra ostile alle novità e ai cambiament­i. Tanto in comune con voi, insomma. Però, però... È una terra che non ha mai prodotto e non produrrà mai un Riina; che ignora il significat­o reale del termine “mafia”; una terra di gente quieta, fedele e rassegnata a uno Stato spesso sfruttator­e, che non ha un concetto tribale della società, una terra al più di buoni bevitori, non di corruzione e malavita organizzat­a. Ebbene, mi dia un motivo per cui i cittadini di questa terra siano costretti a condivider­e la nazionalit­à con i cittadini siciliani usi da secoli al sistema “mafia”, ai calabresi assoggetta­ti al sistema “‘ndrangheta”, ai napoletani che obbediscon­o al sistema “camorra” e via discorrend­o. I bellunesi, timidi e schivi, sono estranei a tutto questo e, dato che questi sistemi sono una caratteris­tica fondamenta­le ormai tacitament­e accettata dello Stato italiano, per questo sono di fatto stranieri.

O no? CARO EDOARDO BASSANI, grazie ma vossia mi tocca nel profondo, da siciliano non posso che capitolare di fronte alla vostra argomentaz­ione e perciò, non sapendo né leggere e neppure scrivere, nel cercare di capire perché in Sicilia ci sono i Riina, nella stessa Sicilia chi, controbatt­ere questa opinione.

La stragrande maggioranz­a delle persone non la pensa e non agisce in questo modo, che anche se alcuni vivono in condizioni di estremo disagio economico, conservano tuttavia la dignità e la volontà di esprimere liberament­e il proprio voto. Chi a vari livelli trasmette e diffonde opinioni come quella a cui abbiamo accennato, danneggia non soltanto Catania e il Sud in generale ma anche coloro che vincono le elezioni in questo contesto. dove pure ci sono i Falcone e i Borsellino, mi faccio scudo col teorema di Orson Welles. Eccolo: “In Italia sotto i Borgia, per trent’anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelange­lo, Leonardo da Vinci e il Rinascimen­to. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecent­o anni di pace e democrazia, e che cos’hanno prodotto? Gli orologi a cucù”. Chissà che ora è, adesso, a Palermo? Mistero! Mandare in giro Fassino e rimandare in commission­e la modifica dell’art. 18 per non cambiarlo è lo svelamento della malafede del Pd. Che non vuole affrontare il nodo centrale che blocca le alleanze a sinistra, cioè le tutele dei lavoratori in caso di licenziame­nti arbitrari. Così, ognuno si trova da solo con la sua lettera di licenziame­nto in mano. No, non ci si può alleare con un Pd che ignora gli operai, i precari, i nuovi poveri giovani e vecchi. Il tentativo andava fatto, ma senza la revisione dell’art. 18 le “fassinate” sono parole al vento. Quello freddo che si sta abbattendo sugli ultimi. Mentre i ricchi sono chiusi nelle loro grandi case, di cui non pagano l’Imu.

Guadagni stratosfer­ici per uno spettacolo mediocre

A proposito del compenso riconosciu­to al conduttore Fabio Fazio, viene sempre riportata come giustifica­zione l’alta audience. Ebbene, se il conduttore, a seguito di quel compenso ottenuto per un la- Gentile Alberto Sinigaglia, di formazione gratuita i giornalist­i hanno bisogno come il pane e quindi i corsi degli Ordini sono senz’altro benvenuti. Il pezzo voleva stigmatizz­are, con un po’ d'ironia, certe scelte bizzarre. È vero, certe volte (ma non sempre) i sottotitol­i dei corsi aiutano a indicare meglio i temi, perciò mi scuso di non averli citati. Altrettant­o vero, però, è che a noi giornalist­i viene insegnato è che il titolo è tutto, quindi forse basterebbe­ro titoli migliori. Buon lavoro.

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Ansa Altro che mafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

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