Il Fatto Quotidiano

Biagi, Orfeo e la scrivania senza più un erede

- » NANNI DELBECCHI

Èuna cortese ma costante vertigine rileggere la vita di Enzo Biagi attraverso lo speciale di

Rai Storia in cinque puntate (l’ultima martedì 28 alle 22.10). Una carriera lunga un secolo scandita dai ricordi delle figlie Bice e Carla e dei due alter

ego profession­ali Franco Iseppi e Loris Mazzetti; una parabola inseparabi­le dall’evoluzione del servizio pubblico fin da quando, nel 1961, fu chiamato a dirigere il Telegiorna­le unico della Rai. Sembra incredibil­e ma Biagi è stato predecesso­re di Mario Or- feo, solo che invece di proseguire come boiardo di Stato divenne autore di trasmissio­ni destinate a fare epoca. Con Linea di

retta (1982) prende forma nel monoscopio la figura emergente dalla scrivania come un corpo unico, immagine di una simbiosi anche fisica con il mezzo. Autorevole e popolare, affacciato alla sua scrivania vista mondo, fu il solo caso in cui la faccia era nota quanto la firma. Montanelli è stato il principe del nostro giornalism­o, Bocca il partigiano, Biagi il generale di fanteria. Cambierann­o i formati (i cinque minuti del Fatto) ma non lo stile asciutto, concreto, l’attenzione agli esteri sfociata in interviste leggendari­e, gli interlocut­ori interrogat­i uno per uno solo su temi strettamen­te connessi alla cronaca, senza spiragli per il teatrino da talk show. Detta così sembra una ricetta quasi ovvia, invece nessuno l’ha più saputa o potuta ripercorre­re. Ci stava pensando Milena Gabanelli, ma l’erede di Biagi, Mario Orfeo, ha pensato che era meglio di no.

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