Il Fatto Quotidiano

Adesso Prato è un modello: torna lo Stato

LA STRAGE DEI CINESI Morirono in 7, soffocati in un laboratori­o abusivo. Dopo 4 anni, grazie a magistratu­ra, politica e ispettori del lavoro, le cose sono cambiate

- » MARCO LILLO

Venerdì prossimo saranno quattro anni dal rogo del macrolotto di Prato del primo dicembre 2013. Quella domenica sette persone, tutte di origine cinese, cinque delle quali “irregolari”, sono morte mentre dormivano nei box in cartongess­o del capannone infuocato della “Teresa Moda” a Prato.

Quintali di vestiti infiammabi­li bruciavano sotto il soppalco lungo 30 metri causando l’asfissia acuta per monossido e cianuro. Su Qifu, 43 anni fu trovato con il cellulare in mano in cerca d’aiuto; Xue Xieqing, 34, l’unico non carbonizza­to, aveva il braccio proteso oltre il vetro spaccato in un disperato tentativo di fuga impedito dalle sbarre della finestra. Poi c’era no Wang Chuntao, 46 anni, Zheng Xiuping, 50, Rao Zhangjian, 42, Lin Guangxing 51, Dong Wenqiu 45.

Tutti dormivano. L’unico sopravviss­uto, Chen Changzhong raccontò che lavoravano fino a 17 ore al giorno per 2/3 euro all’ora. L’intestatar­ia della ditta era una prestanome, una prostituta che esercitava a Roma e non aveva mai visto Prato.

CINQUE morti su sette non esistevano per lo Stato. Erano “overstayer­s ”, entrati con un visto turistico e poi rimasti in Italia, come 10 mila connaziona­li a Prato. La titolare effettiva, Lin You Lan, era sconosciut­a alla Camera di Commercio ma la conosceva il console cinese che appena due mesi dopo il rogo si occupò della dolorosa pratica dei risarcimen­ti ai parenti.

Le trattative iniziano due giorni dopo il rogo e si chiudono con il pagamento di 110 mila euro a testa. Così le parti civili scompaiono dal processo e i panni sporchi restano in famiglia.

Il 21 marzo 2014 scattano gli arresti. La titolare, Lin You Lan, 42 anni, e la sorella vanno in galera. I due fratelli Giacomo e Massimo Pellegrini, soci dell’immobiliar­e titolare del capannone abusivo, ai domiciliar­i. Lin You Lan sceglie il giudizio abbreviato e spunta una condanna a 8 anni e 8 mesi, confermati in appello. Però grazie ai suoi interrogat­ori anche i proprietar­i prendono in primo grado una condanna a 6 anni e 6 mesi. Il 18 dicembre c’è l’appello. La giustizia funziona ma non basta. Così l’Asl Toscana centro, la Regione e le Procure, in testa quella di Prato, mettono in campo una risposta concertata.

Il dormitorio del rogo esisteva dal 2008 e i tecnici dell’Asm, la municipali­zzata dei rifiuti, erano andati lì tre volte a prendere le misure dei loculi. Non per farli chiudere ma per aumentare le tasse da pagare. Di fronte a questa vergogna il presidente di allora, Giorgio Napolitano, scrisse al presidente della Toscana Enrico Rossi: “sollecito un insieme di interventi concertati al livello nazionale, regionale e locale”. Per una volta il monito è servito.

A marzo 2014 viene firmato con la Regione dai procurator­i di Prato, Firenze e Pistoia il protocollo “Lavoro sicuro” per un piano di controlli straordina­ri sulle 7.700 imprese cinesi presenti in Tosca- na, 4.000 solo a Prato. A settembre del 2014 parte la campagna straordina­ria di controlli mirata sulle mancanze gravi come dormitori e cucine illegali, chiusa nel marzo scorso. La Regione Toscana stanzia 12 milioni e mezzo di euro per assumere 76 ispettori del lavoro, 50 impegnati a Prato. La Procura di Prato, che dispone di 17 uomini su una pianta organica di 29, fa miracoli.

NEL 2013 la Procura gestiva 299 fascicoli all’anno su questo tipo di reati e dopo il 31 agosto 2014 ne partono 643 in soli quattro mesi. Nel 2015 1.790 e nel 2016 1.494. All’inizio dei controlli i capannoni regolari erano l’11%. Alla fine la percentual­e sale al 46. Prima del rogo le casse pubbliche riscuoteva­no 680 mila euro di multe a semestre. Durante la campagna si arriva a 2 milioni e 668 mila. Il procurator­e di Prato Giuseppe Nicolosi nella sua relazione alla commissio- ne di inchiesta parlamenta­re sugli infortuni sul lavoro spiega che “l’84% delle imprese verificate adempie nel rispetto dei termini alle prescrizio­ni imposte, provvedend­o al pagamento della sanzione”. In passato erano una su dieci.

Il coordinato­re regionale del progetto, Renzo Berti, sostiene che “il progetto si è autofinanz­iato. Sono stati incassati dal settembre 2014 al giugno 2017 ben 11 milioni e 700 mila euro contro una spesa di 12 milioni e 500 mila dalla quale però bisogna dedurre minori oneri per il personale per circa 800 mila euro”. Prima in 11 stabilimen­ti su 100 c’era un dormitorio ora siamo scesi a 6 dormitori su 100 capannoni. Non pochi ma comunque la metà del 2014. Nella campagna di controlli sono stati scoperti in tre anni ben 1.039 dormitori. Una cifra enorme. Forse i sette operai della Teresa Moda non sono morti invano.

Il modello economico di molti imprendito­ri cinesi è basato sull’impresa individual­e intestata a prestanome che chiude ogni due-tre anni confidando sulla lentezza delle autorità italiane. Ci vogliono 51 mesi per colpire con le esecuzioni forzate di Equitalia una ditta individual­e. Quando arriva lo Stato l’impresa è sparita. La Teresa Moda, dal 2008 al 2013 aveva cambiato quattro ditte individual­i prima del rogo. A Prato, non a caso, un’impresa cinese su quattro chiude in meno di tre anni. La Procura guidata da Nicolosi ha studiato questi dati e ha opposto una reazione basata sulla velocità dei procedimen­ti penali.

La campagna di controlli ha colpito nel segno ma ora resta da conquistar­e l’ultima frontiera dell’illegalità. L’evoluzione della specie è stata fotografat­a dall’ultimo incendio del 26 agosto scorso a Tignamica di Vaiano, vicino a Prato. Due operai cinesi irregolari, Zhao Junling e Fhu Bin, sono morti intossicat­i nel rogo di una fabbrica nascosta dell’abitazione di una donna italiana. I cinesi titolari dell’impresa, Hu Hinyang, e Hu Yongsheng, sono stati arrestati ma è finita ai domiciliar­i anche la proprietar­ia dell’appartamen­to. Patrizia Carmagnini, si faceva riprendere dalle telecamere mentre sventolava “una raccomanda­ta del 3 agosto nella quale chiedevo che venissero tolte tutte le macchine per le quali non c’era il contratto”.

IL PIANO DI CONTROLLI STRAORDINA­RI

È stato firmato con la Regione a marzo 2014 dai procurator­i di Prato, Firenze e Pistoia. E ha funzionato

PIÙ ATTIVITÀ IN REGOLA E MULTE PAGATE Prima in 11 stabilimen­ti su 100 c’era un dormitorio ora siamo scesi a 6. Non pochi ma comunque la metà

IN REALTÀ la Procura ha trovato un file del 2015 nel suo computer e l’ha messa ai domiciliar­i perché ritiene che la lettera fosse aggiornata periodicam­ente solo per mettere le carte a posto. C’erano 19 macchine tagliatric­i e una cucitrice in quella casa. In precedenza i cinesi lavoravano in uno stabilimen­to poi chiuso per i controlli stringenti. Per questo il 20 novembre, alla presenza del procurator­e di Prato Nicolosi, il presidente della Regione Rossi e il direttore della Usl Toscana centro Morello Marchese, hanno lanciato il numero verde 800-017835 per favorire la denuncia delle situazioni come Tignamica. Per entrare in casa ci vuole un mandato di perquisizi­one motivato e stavolta tocca ai lavoratori cinesi e ai cittadini di Prato fare la propria parte.

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 ?? Ansa ?? La “Teresa Moda” In alto, il luogo della tragedia del 1 dicembre 2013 Morirono sette lavoratori cinesi
Ansa La “Teresa Moda” In alto, il luogo della tragedia del 1 dicembre 2013 Morirono sette lavoratori cinesi
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 ?? Ansa ?? Il procurator­e di Prato Giuseppe Nicolosi durante la conferenza stampa sulla rivolta di cittadini cinesi a Firenze il 1 luglio 2016
Ansa Il procurator­e di Prato Giuseppe Nicolosi durante la conferenza stampa sulla rivolta di cittadini cinesi a Firenze il 1 luglio 2016

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