L’insostenibile solitudine della compagna del molestatore
Se mi comporterò molto male in questa vita, nella prossima sarò la moglie di un predatore sessuale alla Weinstein o Strauss Kahn, o di un molestatore seriale (anche se le accuse sono da confermare) alla Brizzi. Il lusso non mi mancherà, ma a che prezzo: chiudere occhi e orecchie in nome del buon nome, spegnere il cervello per la pace in famiglia, ingoiare tonnellate di magoni e di dubbi, perché se sbrocco sembro solo gelosa e sarebbe una caduta di stile, e infine, quando la bomba esplode, prendersi sputi da tutti i punti i cardinali: dalle donne molestate, che mi accusano di essere stata complice omertosa e sordidamente opportunista, dalle donne evolute, che mi sospettano, in fondo, di essermela cercata, la stessa cosa che i sessisti rinfacciano alle vittime di stupro, ma in un’altra declinazione: hai voluto sposare l’uomo di successo, il maschio alfa, l’artista carismatico? Ed eri convinta di avergli messo museruola e cintura di castità col tuo bel faccino e uno o due bebè in braccio, povera cretina?
BENE, hai goduto i vantaggi, ora cuccati gli svantaggi. Se poi faccio le valigie e me ne vado, c’è chi mi rimprovera di abbandonare la barca che affonda, se non di sputare nello sporco piatto d’argento in cui ho mangiato. Il tutto con i giornalisti appostati sotto casa, affamati di dichiarazioni shock e scenate. Mentre mi si chiederà, giustamente, solidarietà e comprensione per le prede del mio compagno, o addirittura per il compagno, ben pochi mostreranno solidarietà e comprensione per me, che in fondo sono un’altra specie di vittima, ingannata e mortificata non una volta sola ma giorno per giorno da un dottor Jeckyll che nel suo studio, in ufficio, in questo o quell’albergo, diventava mister Hyde. Come insegna Shrek, il matrimonio con l’orco funziona solo se accetti di trasformarti in orchessa anche tu. Ma il filtro magico costa troppo caro.