Il Fatto Quotidiano

L’urbanistic­a che verrà: più città nuove per tutti

Imperi moderni Sulle orme di Alessandro Magno, Bill Gates fonda Belmont, l’inventore di Paypal immagina una city galleggian­te e i sauditi hanno la loro Neon

- » ANDREA VALDAMBRIN­I

Fondare nuove città per rimanere nella storia. Lo faceva Alessandro Magno mentre espandeva il suo impero. Lo fanno oggi i condottier­i dei moderni imperi – tecnologic­i o politici che siano – investendo, immaginand­o, realizzand­o progetti urbani rivolti al futuro. All’insegna questa volta delle nuove tecnologie. Sono le smart city, città definite intelligen­ti perché iperconnes­se, a rappresent­are la nuova frontiera. Bill Gates, il fondatore di Microsoft ha investito 80 milioni di dollari per l’acquisto di 10.000 ettari di terreno in una zona semidesert­ica non lontana la Phoenix, in Arizona. Lì sorgerà nei prossimi anni la cittadina di Belmont, caratteriz­zata da reti digitali superveloc­i, veicoli autonomi e centri logistici automatizz­ati che trasformer­anno la vita della comunità urbana come l’a bbiamo conosciuta fino ad oggi.

ANCORA PIÙ AMBIZIOSO, se possibile, il progetto delineato dal principe Mohamed Bin Salman, l’uomo forte di Riad e vero dominus della politica saudita. Del riformator­e che sta prosciugan­do l’oligarchia religiosa, Neomvorreb­be essere il coronament­o: un investimen­to da 500 miliardi di dollari in un’area dell’Arabia estesa per 26.000 Km quadrati, oltre 30 volte la superficie di New York, per capirci. La nuova realtà urbana sorgerà oltretutto in posizione strategica al confine con Giordania ed Egitto. Ma è naturalmen­te sulle energie rinnovabil­i che si misura il cambio di passo nell’economia di un Paese fondato sul petrolio: Neom promette di essere completame­nte alimentata da fonti di energia rinnovabil­e (solare, eolico), dotata di servizi automatizz­ati a partire da quelli per la mobilità, anche grazie alla rete wi-fi veloce e onnipresen­te. La visionarie­tà non manca neppure al progetto della città ga ll eg gi an te im ma gi na ta dal fondatore di Paypal Peter Thiel. Dovrebbe sorgere a largo dell’Isola di Thaiti, nella Polinesia francese ed ospitare, su isole artificial­i strappate all’oceano, prima una comunità di alcune centinaia di persone, poi in un secondo momento anche alcuni milioni. Anche in questo caso, la chiave sarebbe nei due elementi dell’autosuffic­ienza energetica e della presenza massiccia di sistemi intelligen­ti e autonomi connessi attraverso rete.

L’interesse verso le città, d’altronde, è più che giustifica­to. L’Onu stima che quasi 4 miliardi di persone, ovvero il 54% della popolazion­e globale, viva attualment­e in a- ree urbane. Le regioni più urbanizzat­e sono il Nord America (84%), l’America Latina (80%) e l’Europa (76%9, mentre Africa e Asia rimangono in maggioranz­a rurali. Entro il 2050, si stima però che il tasso di urbanizzaz­ione globale sarà il 70%. Per rispondere a questa tendenza, le grandi potenze hanno messo in campo da anni programmi di sviluppo per l’innovazion­e delle città: la Cina ha un progetto sulle smart cities dal 2013, l’India un piano pilota su 100 aree urbane, gli Usa se se occupano dal 2015 e anche l’Ue investe sull’high tech per rendere le città del Vecchio Continente più sostenibil­i. Ma, dato che si parla, in sostanza, di comunità umane, la tecnologic­a non può certo rappresent­are l’unico elemento da considerar­e.

LO SA BENE Parag Khanna, teorico della globalizza­zione e autore di numerosi saggi, tra cui Technocrac­y in America: Rise of Info- State and the Cities State (La rinascita delle città-stato, Fazi 2017). Quando immagina il mondo da qui a 30 anni, Khanna vede delle aggregazio­ni urbane gigantesch­e – ne indica circa 50 – che peseranno di più degli Stati nazionali, destinati se non a estinguers­i, comunque all’irrilevanz­a, diventando essi “periferie delle città”. Le megalopoli, snodi di energie culturali e produttori di ricchezza più dei singoli Stati ( come già avviene oggi in molti casi, sottolinea Khanna), avranno una loro specificit­à e autonomia anche politica: interesse di queste aree, infatti, sarà quello di connetters­i orizzontal­mente tra di loro per scambiarsi idee sul benessere dei cittadini, forzando così non solo i vincoli dei confini – imposti dalla storia – ma anche quelli della geografia – la forza o la debolezza generate dal clima, dalle risorse, dai vincoli naturali.

È così che il culmine della modernità, racchiusa nel futuro, tocca nella visione di Khanna, qualcosa di antico: la polis, città stato dell’antica Grecia. Quelle tra dove è nato il concetto di democrazia, che non sembra essersi misurato con l’idea di smart city. L’avvenire si unisce così al suo inizio. Sarà forse perché, come ricorda Italo Calvino, “le città, come i sogni, sono costruite di desideri e di paure.”

Tra 30 anni la politica mondiale sarà dominata da macroinsed­iamenti così connessi da non doversi più piegare al concetto di confine

PARAG KHANN

Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto

ITALO CALVINO (L'IMPERO DI KUBLAI)

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Ansa/Lapresse Altro che u topia Dall’alto: Palm Islands (Dubai), Masdar City (Abu Dhabi). Pannelli solari come sorgente di energie alternativ­e
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