L’urbanistica che verrà: più città nuove per tutti
Imperi moderni Sulle orme di Alessandro Magno, Bill Gates fonda Belmont, l’inventore di Paypal immagina una city galleggiante e i sauditi hanno la loro Neon
Fondare nuove città per rimanere nella storia. Lo faceva Alessandro Magno mentre espandeva il suo impero. Lo fanno oggi i condottieri dei moderni imperi – tecnologici o politici che siano – investendo, immaginando, realizzando progetti urbani rivolti al futuro. All’insegna questa volta delle nuove tecnologie. Sono le smart city, città definite intelligenti perché iperconnesse, a rappresentare la nuova frontiera. Bill Gates, il fondatore di Microsoft ha investito 80 milioni di dollari per l’acquisto di 10.000 ettari di terreno in una zona semidesertica non lontana la Phoenix, in Arizona. Lì sorgerà nei prossimi anni la cittadina di Belmont, caratterizzata da reti digitali superveloci, veicoli autonomi e centri logistici automatizzati che trasformeranno la vita della comunità urbana come l’a bbiamo conosciuta fino ad oggi.
ANCORA PIÙ AMBIZIOSO, se possibile, il progetto delineato dal principe Mohamed Bin Salman, l’uomo forte di Riad e vero dominus della politica saudita. Del riformatore che sta prosciugando l’oligarchia religiosa, Neomvorrebbe essere il coronamento: un investimento da 500 miliardi di dollari in un’area dell’Arabia estesa per 26.000 Km quadrati, oltre 30 volte la superficie di New York, per capirci. La nuova realtà urbana sorgerà oltretutto in posizione strategica al confine con Giordania ed Egitto. Ma è naturalmente sulle energie rinnovabili che si misura il cambio di passo nell’economia di un Paese fondato sul petrolio: Neom promette di essere completamente alimentata da fonti di energia rinnovabile (solare, eolico), dotata di servizi automatizzati a partire da quelli per la mobilità, anche grazie alla rete wi-fi veloce e onnipresente. La visionarietà non manca neppure al progetto della città ga ll eg gi an te im ma gi na ta dal fondatore di Paypal Peter Thiel. Dovrebbe sorgere a largo dell’Isola di Thaiti, nella Polinesia francese ed ospitare, su isole artificiali strappate all’oceano, prima una comunità di alcune centinaia di persone, poi in un secondo momento anche alcuni milioni. Anche in questo caso, la chiave sarebbe nei due elementi dell’autosufficienza energetica e della presenza massiccia di sistemi intelligenti e autonomi connessi attraverso rete.
L’interesse verso le città, d’altronde, è più che giustificato. L’Onu stima che quasi 4 miliardi di persone, ovvero il 54% della popolazione globale, viva attualmente in a- ree urbane. Le regioni più urbanizzate sono il Nord America (84%), l’America Latina (80%) e l’Europa (76%9, mentre Africa e Asia rimangono in maggioranza rurali. Entro il 2050, si stima però che il tasso di urbanizzazione globale sarà il 70%. Per rispondere a questa tendenza, le grandi potenze hanno messo in campo da anni programmi di sviluppo per l’innovazione delle città: la Cina ha un progetto sulle smart cities dal 2013, l’India un piano pilota su 100 aree urbane, gli Usa se se occupano dal 2015 e anche l’Ue investe sull’high tech per rendere le città del Vecchio Continente più sostenibili. Ma, dato che si parla, in sostanza, di comunità umane, la tecnologica non può certo rappresentare l’unico elemento da considerare.
LO SA BENE Parag Khanna, teorico della globalizzazione e autore di numerosi saggi, tra cui Technocracy in America: Rise of Info- State and the Cities State (La rinascita delle città-stato, Fazi 2017). Quando immagina il mondo da qui a 30 anni, Khanna vede delle aggregazioni urbane gigantesche – ne indica circa 50 – che peseranno di più degli Stati nazionali, destinati se non a estinguersi, comunque all’irrilevanza, diventando essi “periferie delle città”. Le megalopoli, snodi di energie culturali e produttori di ricchezza più dei singoli Stati ( come già avviene oggi in molti casi, sottolinea Khanna), avranno una loro specificità e autonomia anche politica: interesse di queste aree, infatti, sarà quello di connettersi orizzontalmente tra di loro per scambiarsi idee sul benessere dei cittadini, forzando così non solo i vincoli dei confini – imposti dalla storia – ma anche quelli della geografia – la forza o la debolezza generate dal clima, dalle risorse, dai vincoli naturali.
È così che il culmine della modernità, racchiusa nel futuro, tocca nella visione di Khanna, qualcosa di antico: la polis, città stato dell’antica Grecia. Quelle tra dove è nato il concetto di democrazia, che non sembra essersi misurato con l’idea di smart city. L’avvenire si unisce così al suo inizio. Sarà forse perché, come ricorda Italo Calvino, “le città, come i sogni, sono costruite di desideri e di paure.”
Tra 30 anni la politica mondiale sarà dominata da macroinsediamenti così connessi da non doversi più piegare al concetto di confine
PARAG KHANN
Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto
ITALO CALVINO (L'IMPERO DI KUBLAI)