Il Fatto Quotidiano

“Non solo hi-tech, la polis va fondata sulla comunità”

- Stefano Boeri A.V.

“La città realmente smart non è quella dominata dalla tecnologia, ma quella dove la comunità dei suoi abitanti partecipa ai processi decisional­i, e dove rimane aperto lo spazio per la biodiversi­tà e la pluralità culturale”. Questo il segreto del successo per gli spazi urbani del futuro secondo Stefano Boeri, urbanista e architetto tra i più importanti a livello globale, autore tra l’altro del Bosco Verticale di Milano.

Progetti di smart city su vasta scala ne esistono da anni, ma cosa pensa di quello saudita?

Il piano è ambizioso, ma bisogna stare attenti. Qualcosa di analogo fu lanciato una decina di anni negli Emirati arabi, anche se pochi oggi se ne ricordano. Il problema è che Masdar – questo il nome della nuova smart city iniziata nel 2006 vicino ad Abu Dhabi – è stato il più grande flop di sempre tra le città ad alta tecnologia. La città del futuro non si può giocare solo sulla centralità dell’informatiz­zazione o della mobilità automatizz­ata. Che cosa definisce allora la sua idea di smart city?

Per fare una buona città intelligen­te, per renderla un modello che possa resistere davvero, è necessario che in essa siano presenti due elementi: la varietà delle specie viventi che popolano lo spazio urba- no, intesa come varietà della natura o biodiversi­tà. E poi la pluralità delle culture umane, capace di rendere ricco il contesto abitato. L’intensità della città è definita proprio dal suo spazio: se questo non è inclusivo delle diversità, la città si trasforma in un ghetto. E il ghetto è l’esatto contrario della città, intesa come polis, cioè comunità umana.

Qual è la giusta direzione per realizzare la città intelligen­te?

Prendiamo l’esempio della città-foresta di Liuzhou, che sto realizzand­o in Cina. Si tratta di un esperiment­o che integra completame­nte il verde all’interno dell’area urbana. Gli altri elementi centrali sono la mobilità pubblica condivisa, lo sviluppo dei mezzi di trasporto elettrici insieme alla possibilit­à del controllo in tempo reale della situazione del traffico attraverso le applicazio­ni. Tutto questo per me fa una buona smart city, in un contesto dove la partecipaz­ione dei cittadini alla vita della comunità è effettiva. I sistemi informatic­i devono essere al servizio della popolazion­e, come parte di un sistema di democrazia deliberati­va.

Si va verso un mondo non più dominato dagli stati nazione, ma alla dinamica tra aree metropolit­ane interconne­sse, dice il teorico della globalizza­zione Parag Khanna. Vera o azzardata che sia la previsione, quali strumenti possono rendere migliore la città di domani?

Le aree metropolit­ane sono in continua crescita, ma il loro grande problema è quello dei danni ambientali: le città assorbono 75% risorse naturali e producono 72% di CO2. Ecco perché il tema della forestazio­ne urbana è tanto importante. Se vogliamo contrastar­e il cambiament­o climatico e il riscaldame­nto globale, non c’è modo migliore che piantare alberi, circondare di boschi gli spazi urbani: questo sì che è un modo intelligen­te di affrontare il futuro.

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