C’erano una volta gli Osage, i pellerossa più ricchi d’America
o sapeva che negli anni Venti i cittadini più ricchi degli Stati Uniti non erano i waspb osnoniani ma gli indiani Osage che erano stati confinati in Ok la h om a ? ”. L’a l be r g at r ic e Francis Dixon di Lake Placid mi scrutò e sorrise dinanzi al mio stupore. Era il febbraio del 1980, lei, origini cherokee fieramente evocate, mi aveva un giorno portato al confine con il Canada, in un lembo di terra che i Mohawks rivendicavano come nazione indipendente, tanto che mi timbrarono il passaporto. Ero stato fortunato ad alloggiare nel lodge della signora Dixon, che mi intratteneva con storie meravigliose e tragiche: tantissime fotografie d’e poca, documenti di un mondo indiano che non c’era più. Potevo facilmente immaginare la violenza dei bianchi, le deportazioni – migliaia di chilometri che decimavano le tribù – l’impossibilità di poter continuare a vivere le proprie tradizioni.
“NO, NON LO SAPEVA dei ricchi Osage. Eppure successe che nelle terre di quelle riserve fossero scoperti immensi giacimenti di petrolio. Poiché avevano firmato con il governo federale degli accordi sullo sfruttamento delle risorse naturali, gli Osage cominciarono a vendere le concessioni, ad accumulare un sacco di soldi. E questo suscitò grande invidia nell’opinione pubblica e soprattutto in quella quacchera. Insomma, sembrava la rivincita sulla storia maledetta dello sterminio indiano”.
E poi? Francis mi guardò, scuotendo la testa: “Poi, fu l’inferno”. Il petrolio. Gli affari. Gli intrighi. D’improvviso fa irruzione la malvagità. La violenza. E il terrore. Tra le famiglie Osage più facoltose si verificano strani ed inspiegabili morti improvvise. E sospette. Chi osò indagare, ci rimise la pelle. Pareva resuscitato il West più selvaggio e fuorilegge. Alla ventiquattresima vittima Washington decise di intervenire. Con un organismo appena creato, l’Fbi. Diretto da un giovane tanto ambizioso quanto spietato, J. Edgard Hoover. Il quale cercò l’aiuto di un vecchio ranger in pensione, una specie di leggenda: Tom White. Insieme mettono una squadra speciale investigativa – c’è anche un detective di origine indiana – e scoprono che dietro tutto c’è una cospirazione ai danni di tutti gli Osage. Rapaci tycoon, indiani ir- riducibili, cowboy anacronistici, agenti Fbi che sperimentano intercettazioni telefoniche, microspie, esami clinici.
TANTO CLAMORE ebbe questa vicenda, tanto silenzio l’ha poi avvolta. Il mistero ha affascinato David Grann, giornalista del New Yorker, già autore di Civiltà perduta. La storia di Z che è diventato un film prodotto da Brad Pitt e diretto da James Gray. Per due anni ha setacciato archivi, interrogato i testimoni ancora in vita, i parenti delle vittime. Ne è scaturito uno straordinario reportage, Gli assassini della terra rossa (appena uscito per Corbaccio). Una storia di frontiera. Come quelle che mi raccontava Francis. Prima di andarmene, mi regalò un grosso volume, Indians . Nella dedica, scrisse: “To Leonardo I’m appreciation for his interest in a vanishing way of life”.
Luigi Genovese, 21 anni, figlio dell'ex deputato Francantonio condannato a 11 anni per corruzione, appena eletto all'Assemblea Regionale Siciliana con 18mila preferenze, è già indagato per riciclaggio di denaro. E li chiamano bamboccioni.
ENFANT PRODIGE ABIURE DIREZIONALI
Renzi è andato a Porta a Porta per chiarire che, seppur disponibile ad aperture, non intende farsi dettare la linea dagli scissionisti abiurando l'articolo 18: "Dobbiamo scrivere una pagina nuova, non riscrivere il passato". Insomma si continua col cambio verso. Visti gli esiti, magari stavolta dall'altro lato.
AVANTI TUTTA CON L'ETA'
Il giaguaro Silvio non ha perso le macchie e nemmeno l'astuto vizio di disegnare le sue promesse rifacendosi al volto cangiante dell'elettorato. Così, appena intuito che l'Italia, checchè ne dicano i fratelli Cohen, dev'essere un Paese per vecchi, Berlusconi s'è precipitato in soffitta e ne ha ritirato fuori il suo ritratto lasciato ad invecchiare accanto a quello di Dorian Gray. Non è più tempo di retoriche giovaniliste sprecate nel vano tentativo di accaparrarsi un e- lettorato di imberbi ingrati pronti a nascondersi sotto le gonne dell'astenionismo, quanto piuttosto di rivolgersi alla “silver economy” ovvero alle esigenze di un'età che, pur se arriva terza, alla medaglia di bronzo non ci sta: una proposta su tutte: istituire il Ministero della Terza Età. Perchè di questi tempi l'invecchiamento è attivo... e chi lo sa meglio di lui.
Forse non sarà, come dice lui,”la dimostrazione che siamo davvero un Movimento di cittadini che vuole fare politica non per stare nei palazzi”, fatto sta che la scelta di Alessandro Di Battista di non ricandidarsi alle prossime elezioni politiche introduce la variabile umana nello stereotipo del politico che si fionda come un predatore affamato sul primo scranno disponibile. La nascita di un figlio, il desiderio di conoscere e raccontare il mondo, la possibilità di rientrare in gioco in un momento diverso: che sia stato uno solo di questi motivi o che abbiano tutti contribuito alla scelta, le i- potesi si fermano davanti all'evidenza di un uomo che lascia il certo per l'incerto. Confermando che la soggettività dell'individuo è l'unico vero antidoto alla cancrena delle abitudini.
IMPREVISTI OLIO D'ULIVO
Dopo mesi passati a spostare avanti e indietro questa benedetta tenda senza trovare un posto in cui poterla montare in pace, dopo aver tentato di farsi Vinavil per riattac- care insieme le preziose ceramiche democratiche, Romano Prodi ha detto no al coinvolgimento personale nei prossimi esperimenti Lego del Pd. Se il Professore infatti s'è prestato ad intervenire dall'esterno per promuovere un'unità d'intenti all'interno della sinistra, al contempo s'è rifiutato di rimettersi addosso i rami dell'Ulivo per attendere una nuova spremitura renziana: “Il senso è quello di allargare e tenere insieme un campo largo di centro sinistra ma non vi sarà nessuna lista intestata a Romano Prodi o all'Ulivo”. Insomma all'olio extravergine non ci crede più nemmeno lui.