Il Fatto Quotidiano

La pericolosa evoluzione di banche che diventano gestori di risparmio

Commission­i fino al 5% e i costi troppo spesso sono occulti. È quasi peggio che investire direttamen­te in azioni a rischio

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Icrac di quattro banche nel 2015, di due quest’anno e quello sfiorato del Monte dei Paschi preoccupan­o i risparmiat­ori. In gran parte a torto. Altri sono i pericoli che ora corrono, altri i modi per portargli via soldi. Le banche italiane non rifilano più proprie azioni a prezzi gonfiati od obbligazio­ni subordinat­e. Addirittur­a preferisco­no non fare più le banche, cioè raccoglier­e denaro da prestare a tassi più alti.

GLIELO CONSIGLIA pubblicame­nte anche la Banca d’Italia, che - per inciso - non impedì i collocamen­ti delle azioni poi azzerate. Il suo direttore generale, Salvatore Rossi, il 6 novembre scorso, ha esortato il sistema bancario italiano a “essere meno banca tradi- zionale che raccoglie risparmio […] e più banca che fa gestione del risparmio”. Un invito all’arrembaggi­o dei patrimoni dei clienti, inimmagina­bile da parte della banca centrale tedesca. Comunque un’operazione già in atto. Proprio l’indomani banca Intesa Sanpaolo annunciava che arrivava dal risparmio gestito oltre la metà del risultato dei primi nove mesi dell’anno.

Se è pericoloso dare denaro alle banche, comprando loro titoli, lo è anche affidare loro i propri soldi. Cosa cambia fra trovarsi un ventesimo dei propri risparmi in fumo, perché in azioni di una banca fallita, oppure a- verli in un giardinett­o di fondi e pagare un 5 per cento medio fra commission­i, provvigion­i, costi, spese ecc.? Se c’è una differenza, è in peggio: nel primo caso uno se n’accorge, nel secondo spesso no.

Il 5 per cento è una percentual­e esagerata? Semmai è il contrario, visto che da varie ricerche sui costi e oneri a carico dell’investimen­to per esempio in fondi azionari risulta un’incidenza nell’ordine del 23-25 per cento complessiv­o per gli ultimi dieci anni: tutti soldi sottratti ai risparmiat­ori.

E come è possibile che a cosiddetti consulenti che cambiano banca, quella dove ap- prodano gli offra fino al 3 per cento dei conti che portano con sé? Ciò implica che dai patrimoni trasferiti la nuova banca preleverà, in un modo o nell’altro, quelle cifre e ovviamente anche altre. CHE DIRE POI DI CONTRATTI per investimen­ti che prevedono un 4-5 per cento per chi volesse disinvesti­re dopo un anno? Certo che un risparmiat­ore accorto non dovrebbe mai firmare l’impegno a pagare un riscatto, per potersi riprendere i propri soldi. Ciò che rovina molti risparmiat­ori è la (residua) fiducia nella banca o nella Posta, che invece deve venire meno del tutto. Nell’ambito dei soldi l’approccio giusto non è la fiducia, bensì la diffidenza.

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