Quando Appio Claudio s’invaghì di una plebea
Èun’autentica slavina. Le denunce di molestie e abusi sessuali nelle ultime settimane ha aperto una stagione inedita su un fenomeno tanto odioso quanto radicato e diffuso sin dai tempi più antichi. Oggi è stato travolto il mondo dello spettacolo e del cinema in particolare. Registi, manager, produttori, ecc.; nomi celeberrimi, stelle indiscusse del firmamento più luccicante, autentici ‘padroni’di un universo sovente reso spietato dalla concorrenza e dallo spregiudicato cinismo delle posizioni dominanti. A farne le spese normalmente le donne (sebbene la questione non si limiti più a loro, basti pensare al caso Spacey e dei circa 20 ragazzi molestati). Il fenomeno non riguarda soltanto le opportunità di lavoro, ma è molto più profondo e implica più in generale la dimensione del potere e il suo sistema. Nella letteratura epica nazionale romana sono narrati casi esemplari. Il primo riguarda Lucrezia, moglie di Lucio Tarqui- nio Collatino, uno dei futuri primi consoli, insidiata da Sesto Tarquino, figlio di Tarquinio il Superbo ultimo re di Roma. La donna, costretta a cedere, confessò il fatto e dinanzi al marito e al padre si tolse la vita per l’indicibile umiliazione. Secondo Tito Livio, l’episodio scatenò la ribellione che condusse alla cacciata dei Tarquini e alla nascita della democrazia a Roma (510 a.C.). Il secondo caso riguarda un’altra giovane, Virginia, anch’ella molestata da un potente del tempo, Appio Claudio, uno dei decemviri al governo dell’Urbe. Ancora una volta la morte della donna, uccisa però dal padre per evitarle l’infamia, diede vita a una sollevazione, alla caduta del decemvirato e al ritorno dei consoli al vertice della repubblica (454 a.C).