LA SINISTRA NORMALE CHE OCCORRE AL PAESE
“La parola sinistra non ci sarà”, ha sentenziato D’Alema a proposito del nome del nascente raggruppamento di sinistra. Se ciò avvenisse, il più tenace erede della tradizione comunista italiana, nella sua versione post-togliattiana, rischia di fare il bis. Dopo essersi visto intestare il fallimento della sinistra nello scorso ventennio - al di là dei propri stessi demeriti individuali - si intesterebbe questa volta in solitario il fallimento di una seconda edizione, in formato ridotto, di quello che lui stesso ha definito un “amalgama non riuscito”, il Pd.
Questa volta non c’è un Veltroni ad assumersi il ruolo di “padre nobile” (come vuole Scalfari) di quel tragico fallimento, dividendosene comunque la responsabilità con il Migliore della sua generazione. Questa volta i suoi compagni di strada, a parte Civati, si chiamano Bersani e Fratoianni. E Sinistra Italiana vuole stare a sinistra, con tanto di nome. Mentre proprio il buon Pier Luigi, il meno post-togliattiano dei dalemiani storici, ancora ieri parlava di voler mettere in moto una “sinistra plurale e civica”. Non si riferiva al nome del nuovo partito. Ma è significativo che, nelle stesse ore di quel diktat dalemiano (“La parola sinistra non ci sarà”), Bersani si lasciava sfuggire o pronunciava intenzionalmente la parola “sinistra”.
Ha ragion eD’ A le ma: l’amalgama non è riuscito. Ma ha torto a pensare che questo sia avvenuto solo per gli errori collezionati dal gruppo dirigente del Pd. In realtà, era inevitabile che quell’accrocco non riuscisse a esprimere una politica riconoscibile e unitaria che riscaldasse gli animi di iscritti ed elettori.
“La sinistra di per sé è un male. Soltanto l’ esistenza della destra rende questo male sopportabile” è una celebre battuta attribuita all’allora presidente dei Ds. Ma D’Alema se ne faccia una ragione: il Paese ha bisogno (anche) di una sinistra. Di nome e di fatto. Normale.