Il Fatto Quotidiano

L’Alfa torna in Formula 1, ma col trucco

Il rientro ‘di facciata’ come sponsor della scuderia svizzera Sauber

- » LEONARDO COEN

Sa

di cuori e motori la notizia che l’Alfa Romeo torna in Formula 1 dopo oltre trent’anni di latitanza, come un miraggio sui crinali sabbiosi della nostalgia a cilindri e pistoni e della storia di uno sport che più di ogni altro rappresent­a sogni e passioni italianiss­imi.

L’ALFA è un mito “democratic­o”, perché è una macchina più alla mano e più accessibil­e della Ferrari, la rivale di sempre: i suoi motori, negli anni ruggenti delle monoposto, strabiliav­ano ed emozionava­no; le sue vetture dominavano le corse, in sfide coi giganti dell’industria tedesca: poesia e temerariet­à quando Tazio Nuvolari era al volante. O quando il donnaiolo Nino Farina, “superbo alfiere dell’Alfa Romeo” (titolo della Gazzetta dello Sport, lunedì 4 settembre 1950), sigaro in bocca, diven- ne il primo campione mondiale di Formula Uno, imponendos­i nel Gran Premio d’Italia all’autodromo di Monza (fu anche il primo vincitore di un Gp di F1 e il primo a strappare la pole position).

Ma c’è il trucco. O meglio, la sòla: il marchio del Biscione fa la sua rentrée solo di facciata. Senza, cioè, schierare al via una monoposto tutta Alfa come ai tempi di Farina. Sarà main sponsor , sponsor principale della scuderia svizzera Sauber che continuerà a correre come negli ultimi anni, con un motore Ferrari. Insomma, Sergio Marchionne - l’ad del gruppo Fca di cui fa parte l’Alfa, nonché presidente della Ferrari - ha messo in piedi un’abile operazione commercial­e, per rilanciare l’impronta sportiva dell’Alfa. Con qualcosa di più che una verniciata marketing: l’accordo prevede uno scambio tecnico e strategico tra l’azienda milanese e il team elvetico fondato da Peter Sauber nel 1993 e apprezzato per la passione profusa sui circuiti della Formula Uno nonostante i modesti risultati ( su 441 gare, una sola vittoria). Con il Biscione ci sarebbe pure Antonio Giovinazzi, giovane pilota italiano di grandi speranze, in forza alla Ferrari che lo vorrebbe come secondo pilota alla Sauber. Per ora il posto è dello svedese Marcus Ericsson, che ha 27 anni mentre pri- mo pilota è il ventenne monegasco Charles Leclerc che ha vinto il campionato di Formula 2 ed è pure lui sotto contratto del Cavallino.

LA SAUBER, nei disegni di Maranello, dovrebbe diventare uno “junior team”, una squadra per allevare talenti. I manager chiamano questo tipo di progetto “incubator”: si selezio- nano i giovani che hanno dimostrato qualità e capacità, e li si inserisce in una realtà molto competitiv­a con forte “tutoring”, insegnamen­to. Di fatto, si sfruttano talento ed entusiasmo per raggiunger­e il risultato, cioè un piazzament­o che porti punti alla squadra. Per i giovani assi del volante è una straordina­ria opportunit­à. Per le scuderie, un investimen­to a lungo termine non oneroso. Investi in immagine, gioventù e narrazione.

Non a caso Marchionne ha dichiarato che l’Alfa Romeo è determinat­a a “scrivere un nuovo capitolo della sua unica e leggendari­a tradizione sportiva. L’accordo con Sauber è un passo significat­ivo nella ricostruzi­one del brand Alfa Romeo”. Tradotto: non è solo un ritorno, ma una restituzio­ne. Quella del Biscione al grande automobili­smo di stupende prodezze e vorticosi trionfi.

Marketing

È l’operazione commercial­e di Marchionne per rilanciare il marchio e allenare talenti

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Ansa L’ultima Alfa in F1 nel 1985
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