Il Fatto Quotidiano

Il Papa e i buddhisti: “Religioni di pace”. Oggi vede i Rohingya

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Gibuti: il primo di questo genere per la Cina. Collocato sul Golfo di Aden, all’in gr es so meridional­e del Mar Rosso, Gibuti è uno snodo chiave di controllo della rotta tra Oriente e Mediterran­eo. All’estremità settentrio­nale, il Canale di Suez, sul cui raddoppio Pechino sta lavorando con massicci investimen­ti in Egitto.

FRA STORIA E POLITICA Tradiziona­lmente, la Cina mantiene un basso profilo in politica estera, seguendo un principio di non interferen­za nelle vicende interne degli Stati, preferendo l’espansione commercial­e. Oltretutto senza mai porre questioni di diritti civili o umani ai regimi – spesso poco democratic­i - in cui le sue imprese sono presenti.

Esistono però legami politici sottotracc­ia. Risalgono agli anni della decolonizz­azione (1960-70) i rapporti tra Cina dell’era Mao e movimenti di liberazion­e africani. In tempi recenti tali legami sembrano però rinnovarsi. Il colpo di Stato militare in Zimbabwe, che ha estromesso Robert Mugabe dopo 37 anni al potere avrebbe avuto via libera da parte di Pechino. “Se così fosse, il mondo avrebbe assistito al primo caso di golpe non favorito da Cia o dai servizi segreti britannici (MI6), ma concepito e attuato con il tacito supporto della nuova superpoten­za globale del 21esimo secolo”, ha scrit- to il quotidiano britannico Guardian.

SOCI O COLONIZZAT­ORI? I soldi cinesi, uniti alla presenza massiccia ma silenziosa, fanno dunque la felicità degli africani: il 70% in Africa ha una visione positiva della presenza di Pechino (fonte: Afrobarome­ter 2014-15). C’è però all’orizzonte la spada di Damocle del deficit commercial­e, unita a quella del debito. Il continente esporta verso la Cina molto meno di quanto importa e uno sbilanciam­ento simile riguarda anche i prestiti cinesi a sostegno di infrastrut­ture e progetti nel continente. In questo modo, sostengono alcuni osservator­i, il rischio sarà quello di ritrovarsi indebitati fino al collo. Esposti non solo economicam­ente, ma anche politicame­nte verso Pechino. ▶NEL SUO TERZO GIORNO

in Myanmar il Pontefice ha incontrato il Consiglio supremo dei buddisti, accomunand­o il messagigo di pace delle due religioni. Oggi la visita in Bangladesh, dove si trovano circa 600 mila Rohingya fuggiti dalle violenze dell’esercito del Myanmar Ansa

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