La finzione non appassiona Il cinema ora è documentario
A TORINODai doc su Caporetto a “Mission accomplished” con un illustre milite non più ignoto: il padre di Roger Waters. Fino al divertissement “Morto Stalin”
La realtà, soprattutto. Il cinema del reale, su tutto. Non serviva un festival per scoprirlo, ma è una conferma gradita: il cinema del reale, oggi sinonimo poeticamente corretto di documentario, sta bene, e sta meglio della finzione.
SE I LUNGOMETRAGGI n ostrani in cartellone hanno nel genere dietro la macchina da presa – Francesca Comencini per Amori che non sanno stare al mondo, Paola Randi per Tito e gli alieni, Roberta Torre per Riccardo va all’inferno – la linea di tendenza, il 35° Torino Film Festival ne esalta un’altra: il primato, appunto, della realtà filmata. Sempre di genere, in fondo, si parla. Scoprire, custodire e rivelare questi “film altri” dovrebbe essere una funzione precipua dei festival: tra mille difficoltà e incongruenze (su tutte, la sala stampa chiude alle 18…), a Torino lo è, e non va trascurato. Per dire, la Festa di Roma non lo fa, limitandosi a un reader’s, anzi, viewer’s digest rassicurante e pavido insie- me. Al TFF il buen retiro della realtà accoglie documentari disparati, differenti per foggia, diversi negli esiti e però egualmente preziosi. Elisabetta Sgarbi racconta L’altrove più vicino che è la Slovenia, con tre Virgilio (Paolo Rumiz, il poeta Alojz Rebula e Claudio Magris) e l’empatia per grimaldello antropologico, Corrado Punzi inquadra il corpo a corpo tra il Davide umano e il Golia industriale, ovvero il petrolchimico Eni e la centrale a carbone Enel, che fa di Brindisi il terreno di una battaglia sottaciuta e, di più, misconosciuta: militante con brio. Verso Sud è anche il quarto movimento di Cento Anni, diretto da Davide Ferrario: “A cosa servono i morti?” risponde nel centenario la Caporetto del 1917 e altre disfatte, dalla Resistenza (?) alla strage di Piazza della Loggia fino all’attuale spopolamento del Meridione. Perfezionamento di una trilogia sulla storia patria iniziata con Piazza Garibaldi e proseguita con La zuppa del demonio, il musicista Massimo Zamboni, gli attori Marco Paolini e Diana Hobel, il poeta Franco Arminio, il violoncellista Mario Brunello per ospiti, il doc sconta palesemente l’ar- bitrarietà nell’ind ividu are ed esplorare le altre tre Caporetto: un collage eterogeneo, un puzzle mancato, un senso labile. Peccato.
Di guerra, e memoria, parla anche My War Is Not Over di Bruno Bigoni. Il focus è su Harry Shindler, britannico, 95 anni ritti, ex soldato rimasto ad Anzio dalla fine della guerra con una missione: restituire l’identità a commilitoni e non.
Mission accomplished, con un illustre milite non più i- gnoto: il padre di Roger Waters dei Pink Floyd. Rimanendo in ambito musicale, tocca a un’altra suddita di Sua Maestà, la sorella d’arte Sophie Fiennes, cantare Grace Jones, già icona new wave e artista poliedrica, in Bloodlight and Bami, ossia la spia rossa della sala di registrazione e la focaccia della natia Giamaica: in mezzo lei, una e mai bina, persona senza bisogno di personaggio.
Non è un documentario, ma ci fa, l’ironico, sprezzante e spassoso Morto Stalin, se ne fa un altro, divertissement sulla fine del leader sovietico e la baruffa per la successione firmato dallo scozzese Armando Iannucci: Steve Buscemi è Nikita Krusciov e il calco anglosassone è deliziosamente surreale, Arriverà sullo schermo a gennaio 2018, segnatevelo.
CHE QUALCUNOdistribuisca, viceversa, quel gioiellino tutto italiano che è Lorello e Brunello, diretto da Jacopo Quadri, di professione montatore umanista. Maremma, 400 ettari da coltivare, 100 pecore da pascere e due gemelli, gli eponimi Brunello e Lorello Biondi, a spaccarsi la schiena tra colture e bestie ogni santo giorno, senza fiatare.
Ci sono lupi per gli agnelli, ma il vero nemico è un altro: i viticoltori latifondisti (Antinori) che tutto possono, in primis , comprare. Ma i gemelli non mollano, e nemmeno Ultimina, l’ottuagenaria qui coro greco che li ha visti nascere e ancora si premura: è una storia di resistenza, di recinti (“Se ci vede Trump, ci fa costruire il muro”) e altri misteri. È vita fatta cinema: portatela in sala.
@fpontiggia1