Il Fatto Quotidiano

Matteo è un Berlusconi senza i processi e senza l’eroico stalliere

Il paradosso è che fa politiche molto simili, ma con la “maglietta dei giusti”

- » ANDREA SCANZI

Quando si parla di Renzi, e purtroppo capita molto più spesso di quanto vorremmo, prima o poi qualcuno dice: “È come Berlusconi”. Di rimando un altro replica stizzito: “Ma cosa dici? È l’unico con cui possiamo vincere!”. Di solito quello che risponde così, oltre a non rendersi conto che nella sua replica c’è già uno dei cardini del berlusconi­smo (vincere a qualsiasi costo), si chiama Andrea Romano. E questo, di per sé, dà ragione al primo che ha parlato. Il problema, e in questo libro ve ne renderete fatalmente conto, è che Matteo Renzi non è come Silvio Berlusconi: è peggio. Mi si dirà: “Esagerato!”. Avete ragione. Il mio è un paradosso. Più meditato di quanto crediate, però. È del tutto ovvio che, da un punto di vista giuridico e “morale”, i due non siano paragonabi­li. A tutto svantaggio di Berlusconi. Renzi non aveva uno stalliere come Mangano. Renzi non ha fondato un partito con un tipino ameno poi condannato per mafia. Renzi non ha corrotto Mills, Renzi non è un pregiudica­to, Renzi non ha baciato la mano di Gheddafi né ha detto che Ruby fosse la nipote di Mubarak (con la maggioranz­a del Parlamento italiano a far finta di crederci). Potrei andare avanti a lungo, ma vi voglio bene e mi fermo qua. Renzi non c’entra niente con i trascorsi di Berlusconi e, per sua e nostra fortuna, ha una storia assai meno fosca. Anche nel suo passato ci sono criticità, che l’ottimo Davide Vecchi ha raccontato tanto sul Fatto quanto nei suoi libri, ma tra lui e Berlusconi non c’è davvero paragone. Non scherziamo. Infatti non scherzo. Quando affermo, provocator­iamente, che Renzi sia peggiore di Berlusconi, alludo ad altri aspetti. In primo luogo, l’ex Cavaliere ha se non altro mostrato qualità come imprendito­re, e pure come presidente di una squadra di calcio non proprio marginale. Renzi, a tutt’oggi, non ha palesato talenti evidenti, se non quello di essere un mezzo miracolato con una propension­e spiccata per le bugie. Berlusconi ha poi riempito la politica italiana di ceffi e carneadi improponib­ili, che però – rapportati alla “classe dirigente” renziana – paiono quasi Churchill e Roosevelt. Pareva impossibil­e trovare gente peggiore di Gelmini e Biancofior­e, ma Boschi e Morani ci sono riuscite. Son soddisfazi­oni. Soprattutt­o: Silvio Berlusconi non ha mai fatto nulla per ricevere consenso da chi lo detestava. Per lui “gli altri” erano comunisti zozzi e mangiabamb­ini, secondo una narrazione banalmente manichea e intellettu­almente esilissima. Berlusconi si presentava come “il nemico” ed era naturale opporsi. Infatti, la stessa stampa che oggi venera Renzi, era sempre – o fingeva di essere sempre – s ul piede di guerra. C’era una maggioranz­a indigesta, ma c’era anche u n’o pp os izione. Lo so, era un’o pposizione assai blanda – e spesso correa – in Pa rlam ento, ed è anche per questo (per il lassismo del centrosini­stra) che Berlusconi è durato vent’anni e dura ancora. Se non altro, però, l’informazio­ne italiana e dunque l’opinione pubblica erano tutto sommato mediamente vigili. Oggi no. Oggi è cambiato tutto. Ed è cambiato tutto perché Renzi – ecco la sua pericolosi­tà politica – porta avanti quasi sempre le stesse battaglie di Berlusconi con “la maglietta dei giusti”. Ovvero la ma- glietta del Pd, quindi del centrosini­stra. Questo aspetto, dirimente ed esiziale, ha rovesciato completame­nte la situazione. Chiarament­e in peggio. Un esempio: quando Marco Travaglio diceva dieci o vent’anni fa le stesse cose che dice adesso, l’elettorato del Pd (Ds, Pds, ecc.) lo applaudiva. Lo riteneva, non dico all’unanimità ma quasi, un baluardo coraggioso alla deriva eversiva berlusconi­ana. Capitava, negli ultimi anni pienamente berlusconi­ani, anche a me. Ora invece, pur affermando le stesse cose, Travaglio è il nemico. Io sono il nemico. Chiunque non ami Renzi e non ne abbia il suo poster in camera, ritenendol­o “la salvezza” di fronte a destre e populismi, è il nemico. Matteo Renzi è goffo e caricatura­le quanto si vuole, ma è pur sempre (a oggi) il segretario del Partito democratic­o: con lui è diventato tutto confuso, complicato. Oltremodo liquido, per scomodare Zygmunt Bauman. È come se, un giorno, qualcuno avesse instillato nel più grande partito di centrosini­stra italiano un virus subdolamen­te berlusconi­ano, fino a far divenire il Pd pressoché identico (al di là di alcune meritorie battaglie etiche come la legge sulle unioni civili) al centrodest­ra. Non ci sarebbe nessun problema se Renzi fosse il nuo- vo leader di Forza Italia: sarebbe naturale. Se però diventa – spolpandol­o dall’interno – il leader della forza teoricamen­te antagonist­a al centrodest­ra, allora il cortocircu­ito è insidioso. Allora io – noi, tutti – ci troviamo a dover scegliere tra il Berlusconi anziano e il Berlusconi giovane. E l’informazio­ne non te lo dice quasi mai, anzi ti ripete ogni giorno che il secondo è il sol dell’Avvenire, sebbene paia al massimo un’eclissi sbagliata. Un bel guaio, con l’aggravante che il Berlusconi giovane sembra (sembra?) più indigesto, incapace e impalpabil­e di quello anziano. Eccola, la pericolosi­tà di Renzi. Ed ecco perché lo ritengo, in questo senso, peggiore di Berlusconi.

Il contagio

È come se, un giorno, qualcuno avesse instillato un virus nel centrosini­stra

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