“Missili sugli Usa, solo una vanteria di Kim”
Carlo Trezza Il diplomatico: “La crisi con la Nord Corea si risolve con il dialogo”
Dopo l’ennesimo lancio missilistico nordcoreano, la tensione in estremo orienta cresce. Gli Stati Uniti, per bocca dell’a m ba s ci at r ic e all’Onu Nikky Halley parlano di “guerra più vicina”, mentre il presidente Trump – già protagonista di un animato botta e risposta con il dittatore coreano Kim Jong-un, torna ad attaccarlo (“piccolo uomo missile” lo definisce in un tweet). Ma quanto sono reali le minacce di Pyongyang?
“IL PERICOLO esiste da prima che Kim acquisisse le armi nucleari, tanto che con la loro artiglieria i nordcoreani possono arrivare colpire Seoul, distante solo 40 km dalla fr on ti er a”, ricorda Carlo Trezza, diplomatico italiano già ambasciatore in Corea del Sud negli anni del disgelo con Pyongyang (1998-2002).
Trezza si è occupato di proliferazione nucleare e di armamenti a livello internazionale e ha ricoperto la carica di presidente del comitato consultivo per il disarmo del segretario generale dell’Onu tra il 2010 e il 2011.
Obiettivo dichiarato del regime nordcoreano, quello di arrivare a colpire gli Usa “ma al momento sembra essere più una vanteria di Kim che un rischio concreto”, aggiunge Trezza. Il diplomatico sottolinea come l’amministrazione Trump abbia finora imposto sanzioni o abbia prefigurato azioni muscolari, senza invece intraprendere la strada dei negoziati che sarebbe a suo avviso l’unico modo per uscire dalla crisi. Nel 1994 fu l’allora presidente americano Bill Clinton a inviare Jimmy Carter in Corea del Nord: l’impasse della crisi militare tra le due Coree fu allora superato e si arrivò negli anni successivi ad una tregua.
Il dialogo fu poi spezzato a causa del cambiamento di rotta dall’am min is tr az io ne Bush jr (in carica dal 2001).
“NERVI SALDIli mantengono due dei principali Paesi coinvolti nell’escalation militare di Kim: Sud Corea e Giappone ”, nota Trezza, che aggiunge come invece la Cina da un lato e la Russia dall’altro sono sempre più innervosite dal comportamento d el l ’ alleato nordcoreano. “Pechino vota ormai apertamente tutte le risoluzioni contro Pyongyang in Consiglio di Sicurezza Onu, anche se gli americani fanno male a pensare che possa togliere loro le castagne dal fuoco a Washington”.
È vero però che, assieme a Mosca, la Cina non è felice di veder allargato il club delle potenze nucleari. E teme l’instabilità ai propri confini. A COMPLICARE il quadro, l’imponente scudo antimissilistico THAAD che gli Usa hanno piazzato recentemente al di sotto del 38esimo parallelo. Ufficialmente per difendere Seoul dalle minacce di Kim. Ma, si sospetta, anche per un monito in direzione di Pechino e Mosca.
Ragiona Trezza: “C o mplessivamente, l’arsenale nucleare globale è passato dalle 60.000 testate negli anni della Guerra Fredda alle circa 15.000 di oggi. Un grande progresso, certo, favorito anche dall’accordo di non proliferazione Obama- Medvedev (2010) e dai trattati sul nucleare iraniano (2015). Tuttavia tali acquisizioni sono in parte contro bilanciate dal maggior sviluppo di sistemi antimissile, tra cui proprio il THAAD sudcoreano, operativo dal maggio di quest’anno”.
All’Onu Pechino ormai vota contro Pyongyang ma Washington fa male a pensare che possa togliergli le castagne dal fuoco