MATTEO CREDEVA DI ESSERE FABIO VOLO, INVECE ERA SOLO RENZI
Complimenti all’ufficio stampa di Mondadori che alla presentazione dell’ultimo libro di Fabio Volo ha pensato di invitare i due più fabiovolici ganzi in circolazione, Oscar Farinetti e Matteo Renzi. I quali a loro volta, svelti in pubbliche relazioni come sono (il guru di Eataly nella piena trance agonistica di Fico, la “Disneyland del cibo” appena aperta vicino a Bologna; l’altro, Matteo, nel pieno e ignorato declino e della persona e del ruolo), hanno pensato bene di accodarsi al fenomeno editoriale dell’anno, primo in classifica da settimane, per succhiare un po’ di alito del tempo dal frullare delle ali della fortuna.
QUESTO È IL RACCONTO di come una apparentemente perfetta intesa intellettuale e reciproca convenienza markettara, insomma un sinergico kamasutra di pubblicità incrociate, si può trasformare di colpo in tragedia. È l’imbrunire, giovedì, alla fondazione E. di Mirafiore di Serralunga d’Alba “voluta da Oscar Farinetti” (nel caso di Farinetti, mecenate renzofilo e autore di Riprendiamoci il futuro, “volere” è sinonimo di “presiedere”), quando Fabio Volo è seduto a un tavolo insieme a Sergio Chiamparino, presidente del Piemonte, al suddetto Farinetti e alla sorella di questi, tale Anna. Siccome i guai non vengono mai da soli, d’un tratto sul palco fa irruzione lui, Matteo Renzi, il Massimo Ceccherini della politica italiana. A dire il vero lui non era invitato alla presentazione ma solo alla cena che sarebbe seguita, ma si sa come è fatto l’uomo: appena sente parlare di cultura si fionda, si catapulta da ogni angolo d’Italia per regalare agli astanti gocce della smisurata sapienza che tutta la comunità scientifica gli riconosce. Citazioni da Borges, spruzzi di “cultura umanista”, analisi del “Devid di Maichelangelo”… Chi si chiede cosa ci facesse il segretario del Pd e aspirante ri-pre- mier alla presentazione di un romanzo – e di un romanzo di Fabio Volo, poi – non ha capito in quale direzione soffia il vento. Come detto, c’è tutto un filo rosso di non pensiero che lega le figure coinvolte ( Volo non se la prenderà: lui sa di scrivere cose che gli italiani, al 50% analfabeti funzionali secondo lo scomparso linguista Tullio De Mauro, sono in grado di leggere).
Figuriamoci se uno come Renzi, che si imbuca pure in chiesa per fare comizi dal pulpito, si faceva scappare un’occasione così apparecchiata per far risaltare il nulla cosmico di cui è portatore (si guarda bene dall’andare alla presentazione di libri che parlano di lavoro, di scuola, di sfruttamento). Forse pensava di parlare d’amore. O di una di quelle caramelline concet- tuali che ci propina da 4 anni, il futuro, la speranza e altri comfort thinking da pubblicità di telefonia mobile (di cui infatti Farinetti è testimonial). Forse, credendosi ancora un vincente, pensava di fargli un favore, a Volo. Il quale, resosi conto che la sua presentazione si stava trasformando in un film di Pieraccioni, l’ha provocato sul tema dello Ius soli:“Possibile che non riusciate a far approvare una legge che anche mio figlio di 4 anni ha capito quanto sia giusta?”.
RENZI, CON LA RABBIOSA superficialità dell’egomane, ha cominciato a elencare i “capolavori politici” del suo governo (sono sempre quei due-tre: unioni civili, terzo settore, spreco alimentare... Li fa volteggiare in aria all’infinito per farli sembrare di più, come gli aerei di Mussolini). Mentre il pubblico come è ormai consuetudine gridava “Basta!”, Volo si è alzato e ha abbandonato il palco (in seguito si è scusato, senza dirci se poi hanno cenato insieme).
Ora, un conto è farsi maltrattare da Philip Roth in un dibattito sulle sorti dell’Occidente, o da Ken Loach alla presentazione di un film sugli operai. Farsi piantare in asso da Fabio Volo, e su un tema così facile come lo Ius soli, è una scenetta appena degna, e non solo per l’omonimia, della buca che i tre tenorini Il Volo hanno rifilato a Donald Trump.
PIANTATO IN ASSO
L’ex premier si imbuca alla presentazione del libro di Volo che lo provoca sullo Ius soli. Lui elenca le sue prodezze e l’altro se ne va