Il Fatto Quotidiano

Nella fabbrica delle promesse la Fca ne licenzia 530 via sms

Premier e Marchionne promisero 1800 assunzioni in campagna elettorale

- » VIRGINIA DELLA SALA » GIULIA MARCHINA

■A settembre con una comunicazi­one ai sindacati dello stabilimen­to era stato annunciato il mancato rinnovo di buona parte degli 830 contratti a termine

Cortei in cinque città: Roma, Torino, Palermo, Bari e Cagliari. La Cgil lo ha annunciato e lo ha fatto, dopo la bocciatura delle proposte dell’esecutivo sul nodo pensioni ( blocco dell innalzamen­to dell’età anche per quelle di anzianità dei lavori gravosi, fondo per la messa a regime dell’Ape sociale, nuovo calcolo dell’aspettativ­a di vita e una commission­e tecnica per la valutazion­e della gravosità) e la conseguent­e rottura con Cisl e Uil che, invece, hanno apprezzato lo sforzo del governo.

LE PENSIONI sono la miccia, i giovani la narrazione. Il sindacato risponde a chi l’accusa di essere solo dalla parte dei tutelati, sul palco si susseguono le testimonia­nze di ventenni più o meno precari, la segretaria generale Susanna Camusso li tira in ballo più volte nel suo discorso. Sullo sfondo, resta il nodo pensioni, si annuncia una mobilitazi­one generale “non lontana nel tempo” e il bisogno di trovare un terreno comune con Cisl e Uil. Il punto di partenza dello scontento della Cgil è il verbale sottoscrit­to con il governo il 28 settembre 2016, una proposta unitaria firmata con Cisl e Uil dalla quale non intende allontanar­si. La fase 2 dell’accordo sarebbe dovuta essere accolta in questa legge di Bilancio con concession­i su temi specifici. Tanto che, a settembre 2017, su richiesta del governo, la Cgil aveva presentato un documento formale che rinfrescas­se la memoria. Inutilment­e. All’interno, richieste con una duplice identità: quelle a lungo termine e quelle brevissimo che, oltretutto, potrebbero sbloccare l’esito della trattativa.

Prima su tutte, lo spostament­o al 2019 dell’aumento dell’età pensionabi­le. Il sindacato chiede il blocco e l’apertura di una discussion­e su come modificare meccanismo e adeguament­o. Contesta il conteggio sull’attesa di vita elaborata dall’Istat, sostiene che sia il tipo di lavoro a generarla e quindi auspica un calcolo che si basi su un’elaborazio­ne per categorie lavorative e non sulla volontà, riscontrat­a ai tavoli tecnici, di esentare solo il 10 per cento dei pensionati. “La proposta del governo – spiega Ezio Cigna, responsabi­le previdenza pubblica della Cgil nazionale – non vale neanche quel 10 per cento perché le categorie esonerate dall’innalzamen­to della pensione di vecchiaia devono avere almeno 30 anni di contributi, ma molti non ci arrivano perché spesso il la- Oltre

al danno, anche la beffa: “licenziame­nto” tramite sms per 530 lavoratori interinali dello stabilimen­to Fiat Chrysler di Cassino (Frosinone). La sciagura era già nell’aria: a settembre, con una comunicazi­one ai sindacati, era stato annunciato il mancato rinnovo di 530 contratti tra gli 830 lavoratori a termine.

NEL NOVEMBRE20­16, l’amministra­tore delegato di Fca Sergio Marchionne e l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi, avevano promesso 1.800 assunzioni entro il 2018. Il tutto condito dalla smania di strabiliar­e in vista del referendum del 4 dicembre. E, infatti, la promessa targata Fiat si è presto rivelata troppo ambiziosa. A marzo 2017 iniziano le prime assunzioni: Fiat si serve di un’agenzia interinale per integrare 830 dipendenti e chiede il trasferime­nto di 330 voro gravoso è discontinu­o”. Il governo ha provato a mediare inserendo anche l’esonero per l’ex pensione di anzianità (oggi “anticipata” ndr) e ha aumentato di circa 4 mila persone la platea. Il problema è che riguarderà solo il 2019 e solo 5 mesi. Dal 2021, infatti, anche le 8 mila persone che secondo le stime Cgil saranno interessat­e da questo tipo di esonero dovranno ritararsi sull’attesa di vita certificat­a in quel momento. In pratica, un esonero solo per 15 operai dalla fabbrica di Pomigliano a quella laziale. Il nuovo organico è assunto con “contratto di somministr­azione”, a tempo determinat­o. Quindi, ai 4.300 dipendenti di Cassino si sono aggiunti gli 830 interinali categorie e solo per il 2019.

La Cgil chiede quindi di “allentare i bulloni”, a partire da ll ’ Ape sociale. L’idea, in questo caso, è ridurre il requisito contributi­vo – che oggi per i lavori gravosi è pari a 36 anni, con 6 anni su 7 di lavoro effettivo negli ultimi anni – aggiungend­o ad esempio il range di 7 anni su 10 e portando a 30 gli anni di contributi.

Venerdì, l’Inps ha certificat­o che è stato accolto poco più di un terzo delle richieste per l’Ape social e le pensioni precoci ( 24 mila su 66 mila). “Vogliamo che le tutele scritte siano poi esigibili. Non si può immaginare che siano negate per un codice o un cavillo – spiega Cigna –ed è chiaro che uno strumento di flessibili­tà come l’Ape è stato vanificato: c’è bisogno di una modifica normativa in legge di Bilancio che aiuti tutti i soggetti ad averne il riconoscim­ento”.

E ANCORA, la richiesta di una riforma struttural­e nel sistema contributi­vo che preveda pensioni di garanzia per i gio- e i 330 di Pomigliano. Nello stabilimen­to si producono l’Alfa Giulia, Giulietta e la Stelvio, modelli di auto destinati al mercato estero, specialmen­te a quello cinese e a quello americano. La produzione annua, per adesso, è ferma alle 112 mila unità. Questo significa essere lontani dagli obiettivi iniziali: cioè sfornare circa 170 mila auto all’anno. Per questo motivo, Fiat ha dovuto ridimensio­nare i piani.

A settembre, a 530 degli 830 lavoratori “somministr­ati” è stato detto che non ci sarebbe stato nessun rinnovo. Rimane incerto anche il destino dei restanti 300, il cui contratto scade il 31 gennaio 2018. E i 330 che da Pomigliano si erano spostati a Cassino, sono stati nuovamente rispediti indietro.

Il motivo presentato da Fiat vani, lo smantellam­ento della flessibili­tà in uscita del sistema contributi­vo che lega le uscite prima dei 70 anni al raggiungim­ento di un importo minimo di pensione, creando disparità per i lavoratori più deboli. Poi, il riconoscim­ento del “lavoro di cura”: la proposta della Cgil prevede un anticipo pensionist­ico, ad esempio, per chi ha un familiare con handicap fino al secondo grado. A ogni cinque anni di assistenza, potrebbe essere riconosciu­to un anno di anticipo p en si o ni st ico. Oppure, un anno di anticipo alle donne per ogni figlio. “Su questo punto non c’è stata neanche discussion­e – conclude Cigna –, solo i sei mesi d’anticipo sull’Ape sociale”. In pratica, se si hanno i requisiti per accedere all’Ape sociale, ogni figlio vale sei mesi di contribuzi­one. Ora, nella legge di Bilancio, si passerà a un anno. “Ma non è abbastanza – spiega Cigna – perché è una misura che coprirà un centinaio di persone al massimo”.

Le condizioni

Dallo slittament­o dell’aumento dell’età al riconoscim­ento del “lavoro di cura” Richieste

per giustifica­re la decisione è “il cambiament­o delle norme sull’export in Cina, quindi meno auto esportate verso il Paese orientale”. Ribatte Donato Gatti, rappresent­ante della Fiom Cgil a Cassino: “Non potevano pensarci prima? Lo scoprono solo ora che in Cina non vendiamo? Non sappiamo nemmeno quali criteri siano stati usati per scegliere chi tenersi e chi lasciare a casa”. E ancora: “È tecnicamen­te vero che non si tratta di licenziame­nto, ma di un semplice fine rapporto lavorativo dovuto a un mancato rinnovo del contratto. Ma le premesse erano altre. E, poi, un sms? Lascia esterrefat­ti. Qui l’aria che si respira è proprio brutta”. C’è da chiedersi che fine faranno i 300 in scadenza a fine gennaio. “Quello che so – dice Gatti – è che la prima settima-

RITARDARE al 2019 l’aumento dell’età pensionabi­le e tararla sulle diverse categorie di lavoro

AGGIUNGERE 7 anni su 10 di lavoro effettivo tra i requisiti per l’Ape Sociale e ridurre a 30 gli anni di contribuzi­one necessari

PREVEDERE anticipi pensionist­ici per coloro a cui è riconosciu­to il “lavoro di cura” na di gennaio, per ogni lavoratore dell’intero stabilimen­to, ci saranno quattro giorni di stop. La produzione, secondo le nostre stime, calerà ancora. E non è un problema della Cina. Anche, ma non solo”.

INTANTO Marchionne, alla presentazi­one del ritorno di Alfa Romeo in F1 al Museo storico di Arese, ha detto che Fca tratta con la coreana Hyundai per trovare nuove forme di collaboraz­ione, non per una fusione. E rispondend­o a chi gli chiede se all’orizzonte ci sia uno spin off per l’Alfa Romeo e Maserati, ha detto che “è un’ipotesi lontana. Solo speculazio­ni”. È invece “viva” l’ipotesi di rendere indipenden­ti Magneti Marelli e Comau, due progetti che dovranno procedere separatame­nte.

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LaPresse Futuro incerto Cortei in cinque città organizzat­i dalla Cgil. Sopra, Susanna Camusso a Roma
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Ansa Sergio Marchionne
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