Poggioreale, la Cella Zero dove pestavano i detenuti: “Il disabile contro il muro”
La stanza usata dagli agenti per pestare i detenuti. Era Natale 2013. Rischio prescrizione
“Cella zero”, perché senza numero. Il nome in codice della stanza disadorna al piano terra del carcere di Poggioreale (Napoli) dove 12 agenti di polizia penitenziaria, ora sotto processo, avrebbero organizzato i pestaggi dei detenuti. E a leggere le carte dell’inchiesta, era con l’avvicinarsi del Natale che le guardie diventavano particolarmente nervose.
C’è il racconto di un detenuto per reati di droga che si muoveva su una sedia a rotelle per alcune fratture: gli fu tolto – si legge in alcuni verbali – il corsetto di protezione e fu percosso la notte della vigilia di Natale 2013. L’episodio fu denunciato dalla Garante dei detenuti della Campania, Adriana Tocco, scomparsa improvvisamente l’estate scorsa. Secondo anche ulteriori testimonianze, le cose andarono così: la sera del 24 dicembre 2013 il detenuto fu prelevato da cinque o sei agenti dalla cella numero 2 del padiglione Napoli, che occupava insieme ad altre sei persone, dopo una discussione nata per aver bevuto qualche bicchiere di vino per festeggiare. L’uomo fece rientro in cella solo tre giorni dopo “e aveva segni di violenza sul viso e sul corpo – dichiarò agli inquirenti un compagno di detenzione –. Lui ci disse di essere stato portato prima ai cancelli uffici, dove era stato picchiato, e poi al padiglione Avellino destro, dove sono ricoverati quelli con problemi mentali. La sedia a rotelle era completamente fuori uso: ci ha detto che era stato scagliato con tutta la sedia contro un muro”.
UN PAIO CONFERMANOquesta ricostruzione, un altro se ne tira fuori: “Non ricordo nulla, non voglio essere coinvolto in una faccenda che ritengo di poco conto”. Un’altra delle vittime lamenta di essere stato picchiato a sangue il 19 dicembre 2012: “Un agente mi invitò a seguirlo alla Zero. Giunsero altri due agenti. Sono stato aggredito con pugni, calci e con le chiavi delle celle. Uno mi colpì con le chiavi sulla testa, ebbi due punti di sutura sul capo. Al pronto soccorso riferii di essermi fatto male da solo con la maniglia della porta”. Perché ha mentito? “Ho avu- to paura di ritorsioni, una delle guardie mi minacciò dicendo ‘ti faccio fare la fine di tuo cugino’”. Il cugino era anche lui rinchiuso a Poggioreale. Ebbe un diverbio con quell’agente e si suicidò nel mese di ottobre 2012. “Ho saputo da sua madre che era in corso un processo per accertarne le cause”.
Sono solo alcune delle storie raccolte dai pm di Napoli Giuseppina Loreto e Valentina Rametta, coordinati dal procuratore aggiunto Alfonso D’Avino. Dodici gli imputati del processo iniziato nei giorni scorsi e subito rinviato al 1° marzo 2018.
CINQUE I CASI che la Procura e il gip hanno ritenuto riscontrati. Tra questi, non vi è l’episodio del detenuto in sedia a rotelle. Potrebbe essere stato stralciato oppure essere oggetto di una delle otto richieste di archiviazione. Si tratta di fatti avvenuti tra il 2012 e il 2014, le accuse spaziano dal sequestro di persona all’abuso di potere, lesioni e maltrattamenti, incombe il rischio della prescrizione.
Puntano a evitarla le parti lese – quattro ex carcerati e la congiunta di un ex detenuto nel frattempo scomparso – e le associazioni per i diritti dei detenuti che intendono costituirsi parte civile nella prossima udienza, assistiti da un pool di legali, tra i quali gli avvocati Cesare Amodio, Raffaele Minieri, Elena Lepre. Sulla questione, la Camera Penale presieduta da Attilio Belloni ha organizzato per l’11 dicembre una marcia dal Tribunale a Poggioreale per protestare contro le condizioni disumane dei detenuti e le disfunzioni del Tribunale di Sorveglianza.
LE GUARDIE carcerarie sotto processo nel frattempo sono state trasferite presso altri penitenziari. I prigionieri di Poggioreale ne avevano terrore e li conoscevano solo tramite soprannomi. Un altro episodio sarebbe avvenuto tra fine giugno e inizio luglio 2013. Un detenuto di una cella del 3° piano del padiglione Avellino prova a non reagire all’agente che lo accusa “di voler fare il guappo”. “Appuntato vi state impressionando, stiamo parlando tra noi”, gli risponde. Basta questo per condurlo nella Cella Zero. “Mi fecero spogliare anche degli indumenti intimi, in tre iniziarono a picchiarmi, insultarmi e farmi eseguire flessioni sulle gambe. Si alternarono a picchiarmi con schiaffi dietro la testa e calci alla schiena e al sedere”.
Un’altra vittima “Mi dicevano: ‘Farai la fine di tuo cugino’”, suicida nello stesso carcere