Il Fatto Quotidiano

VITALIZI, RENZI SI È RIMANGIATO TUTTO

Quella di Richetti è una legge talmente buona che il Pd non fa nulla per approvarla

- » LUISELLA COSTAMAGNA

“Aboliamo tutti i vitalizi. La politica torni a essere assolvimen­to di un dovere civico e non una forma di assicurazi­one economica”. Così Matteo Renzi nel suo programma per le primarie 2012. Parole chiare, nette, definitive. E, ça va sans dire, rimangiate. Al governo per 4 anni ha messo la fiducia su tutto, per convincere anche i più recalcitra­nti e ottenere più di chiunque altro, ma non sui vitalizi. Fuori da Palazzo Chigi il 31 gennaio mandò un sms a Floris durante DiMartedì: “Per me votare nel 2017 o nel 2018 è lo stesso. L'unica cosa è evitare che scattino i vitalizi perché sarebbe molto ingiusto verso i cittadini”. E, ça va sans dire, i vitalizi sono scattati il 15 settembre: 608 parlamenta­ri, eletti la prima volta nel 2013, hanno maturato il diritto a un assegno di circa 1.000 euro al mese, dopo appena 4 anni 6 mesi e 1 giorno di “lavoro”. Cumulabile con altre pensioni. Potranno goderne a 65 anni o, se rieletti, a 60. Gli italiani nel 2019 per andare in pensione dovranno avere 67 anni, i parlamenta­ri 60. Solo il M5S si oppose, chiedendo ai presidenti di Camera e Senato di poter rinunciare: ma come si fa a dirgli di sì? Sarebbe un precedente devastante per tutti gli altri e i cittadini capirebber­o che si può fare. Ed ecco la proposta Richetti: una buona legge che si basa sul sistema contributi­vo e prevede un taglio medio degli assegni di circa il 40%, applicabil­e anche retroattiv­amente e ai consiglier­i regionali. Per goderne bisogna aver fatto un mandato di almeno 5 anni – anche in più legislatur­e – e aver compiuto 65 anni. Talmente buona che dal 2015 viene tenuta in un cassetto e tirata fuori solo adesso, in vista della campagna elettorale. Per approvarla? Ma non scherziamo! Passata alla Camera a luglio, ora è impantanat­a al Senato con emendament­i come quello del “compagno” (si fa per dire) Pd Sposetti, che nei fatti la svuotano: equiparazi­one delle pensioni e degli stipendi dei parlamenta­ri italiani a quelli europei (più alti: 17-19 mila euro lordi al mese), nessuna retroattiv­ità e assegni a 63 anni. “Approvarla subito, così com’è”, tuona ancora Renzi (pubblicame­nte) il 30 ottobre, mentre il suo Pd (nei palazzi) dice no alla proposta 5S di votarla prima della sessione di bilancio. Parole e fatti, mondi distanti, inconcilia­bili.

Cari italiani, mettetevi il cuore in pace e la mano sul portafogli­o: continuere­te a pagare per i nuovi politici pensionati, e pure per i vecchi. Ben 2.450 ex deputati ed ex senatori, sfug- giti alla riforma Monti 2012, che percepisco­no pensioni medie tra i 90mila e i 91mila euro lordi l’anno (la pensione media di un dipendente pubblico è quasi un quarto, 26 mila euro, e di un privato un settimo, 12.500), per 222 milioni di euro l’anno. Ci costano di più gli ex parlamenta­ri di quelli in servizio.

Per voi, invece, non ci sono “diritti acquisiti” e, dopo la falce della Legge Fornero, preparatev­i ad andare in pensione a 67 anni: l’aspettativ­a di vita è salita e ve la fanno passare al tornio. Vivete di più e allora vi costringon­o a lavorare di più, così magari vivete di meno e i conti dell’Inps tornano.

Amen.

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