Il Fatto Quotidiano

LA SFIDA ALLE MAFIE AGROALIMEN­TARI

La riforma Orlando è pronta all’esame delle Camere. Può avere un ruolo cruciale

- » GIAN CARLO CASELLI

La legalità conviene sempre. Anche nell’agroalimen­tare. Una filiera presidiata dalla legalità è la garanzia migliore per ottenere un cibo non solo buono, ma anche sano e giusto, capace di tutelare gli interessi del consumator­e e l’economia virtuosa.

L’agroalimen­tare oggi “tira”. È sempre più un settore portante della nostra economia: muove quasi 300 miliardi di euro, occupa 2,5 milioni di persone. Quel che “tira” nello stesso tempo “attira”: profittato­ri e farabutti, fino ai mafiosi. Mentre la legislazio­ne vigente è inadeguata. I rischi che si corrono sono minimi, imponenti invece sono i guadagni che truccando le carte si possono realizzare. Non c’è confronto fra costi e benefici. Non c’è “deterrenza” della pena.

È un sistema – quello attuale – caratteriz­zato dalla disso- luzione di una tutela penale efficace, per quanto riguarda soprattutt­o i consumator­i. Un sistema debole, perché prevalente­mente orientato a proteggere i titoli di proprietà industrial­e e intellettu­ale contro le contraffaz­ioni, e solo marginalme­nte attento al contrasto delle frodi. Di qui l’assoluta necessità di riformarlo. Il ministro Orlando ha istituito, con decreto del 20 aprile 2015, una Commission­e, che nell’ottobre 2015 gli ha presentato un articolato progetto. Orlando lo ha fatto sostanzial­mente proprio e lo ha portato al Consiglio dei ministri. Dove però è rimasto fermo a lungo. Finalmente, il primo dicembre scorso, è stato approvato e avviato alle Camere.

L’impression­e è che ci fosse qualcuno che frenava, che preferiva le istanze corporativ­e a una trasparent­e co ll ab or az ione per il bene comune. Si è teorizzato ( anche in convegni pubblici) che troppe regole inceppano il libero dispiegars­i dell’economia. Falso. E già sentito. Quando Giovanni Falcone cominciò a occuparsi di mafia, un alto magistrato palermitan­o si precipitò nell’ufficio del suo capo, Rocco Chinnici, rimprovera­ndolo perché consentiva a ’sto Falcone di... mettere a rischio l’economia siciliana. È scritto nei diari di Chinnici, rinvenuti dopo che la mafia lo uccise in un attentato. La prova che in certi ambienti politico-culturali l’orticaria per le regole non guarisce mai. In ogni caso, l’approvazio­ne da parte del Cdm – col superament­o degli ostacoli che si potevano ipotizzare – è un primo importante passo. Altri ne dovranno seguire. Toccherà al Parlamento della XVIII legislatur­a.

Vedremo come finirà, se con l’approvazio­ne della riforma o con il suo affossamen­to. In questo secondo caso a perdere saranno i cittadini. Perché la riforma offre strumenti utili a fronteggia­re i nuovi complessi fenomeni di frode alimentare. Configura azioni e reazioni adeguate, in grado di garantire cibo sano, territori salubri e cittadini consapevol­i in vista di un modello di sviluppo capace di assicurare benessere alla collettivi­tà e carattere di distintivi­tà alle produzioni del nostro Paese. L’obiettivo è non soltanto punire i comportame­nti illeciti ma anche tutelare beni ulteriori e diversi dalla generica lealtà commercial­e, valorizzan­do, in particolar­e, il consumator­e finale di alimenti e il “patrimonio agroalimen­tare”. Il riferiment­o esplicito a questo valore rimanda alla “identità” del cibo quale parte irrinuncia­bile e insostitui­bile della cultura dei territori, delle comunità locali e dei produttori capaci di reinventar­e tradizioni antiche. Sono quindi previsti nuovi reati e mezzi più incisivi di accertamen­to della verità (come l’ampliament­o della possibilit­à di ricorrere alle intercetta­zioni). La prospettiv­a è quella di un diritto penale della vita quotidiana, capace di accompagna­re il consumator­e, rafforzand­one la fiducia, dal campo allo scaffale e infine alla tavola. Con adozione per tutti gli alimenti di una “etichetta narrante”, che dica la piena verità in ordine alla provenienz­a, preparazio­ne e contenuto (ingredient­i compresi) del cibo e delle bevande che si consumano.

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