Avvento e Apocalisse si completano a vicenda nel raccontare Dio
“Vidi nella destra di colui che sedeva sul trono un libro scritto di dentro e di fuori, sigillato con sette sigilli. E vidi un angelo potente che gridava a gran voce: “Chi è degno di aprire il libro e di sciogliere i sigilli?”. È questo il testo biblico che il lezionario “Un giorno una Parola” (Claudiana 2017) indica per la predicazione di questa prima domenica d’Avvento. È un brano dell’Apocalisse noto, se non per altre ragioni, per avere ispirato il celebre film capolavoro di Ingmar Bergman intitolato, appunto, Il settimo sigillo.
STRANA COINCIDENZA:
mentre i cristiani si accingono a celebrare il Natale, il nostro lezionario – lo ricordiamo, prodotto dalla Chiesa evangelica dei Fratelli moravi, sin dal 1731 – propone un testo che attraversa tutta la storia dell’umanità e ci fa riflettere su che cosa accadrà alla “fine dei tempi”. L’Apocalisse, infatti, è l’ultimo libro della Bibbia, quello in cui si squarcia il velo che ci impedisce di vedere le cose ultime. È quindi un testo complesso che, dopo aver descritto una guerra epica e definitiva tra le forze del Bene e quelle del Male (l’Anticristo), ci mostra un regno di pace simboleggiato dalla “Gerusalemme celeste” che scende dall’alto nella sua perfezione estetica e spirituale per inaugurare il tempo finale in cui il Messia regnerà in eterno sul mondo. Siamo insomma di fronte a un libro che, nelle stesse pagine, ci trasmette la disperazione di calamità che annunciano la fine dei tempi e la se- renità della pace del Regno di Dio.
Quello dell’Apocalisse è un testo da “maneggiare” con estrema cura perché non sono mai mancate interpretazioni fondamentaliste che lo leggono cercando immediati quanto forzati riscontri nell’attualità geopolitica o nelle emergenze ambientali che vengono interpretate come “se- gni” premonitori della prossima fine del mondo. Il messaggio conseguente che i predicatori fondamentalisti rivolgono ai “veri credenti” è l’appello ad arruolarsi nell’esercito del Bene per combattere le forze del Male (l’Anticristo). E, con un rocambolesco salto interpretativo, a lungo hanno identificato l’esercito del Bene con il mondo e il potere delle democrazie occidentali in contrapposizione ai regimi dell’Est. Oggi, divenuta obsoleta questa i nt e rp r et az i on e geopolitica, il Male è costituito dall’islam e dai suoi piani di “conquista globale”. Per quanto strano possa apparire, si tratta di un’interpretazione molto popolare, per esempio, tra gli evangelici fondamentalisti nordamericani che hanno dato fiducia a Trump anche per la sua esplicita pregiudiziale anti-islamica.
Ma torniamo all’ultimo libro della Bibbia: per capirne il senso profondo bisogna ricordare che è stato scritto in uno dei momenti più duri e disperati della piccola comunità che si era riunita attorno a Gesù di Nazareth. Certo, la Chiesa era cresciuta: non solo alcuni ebrei ma anche dei pagani si erano convertiti al cristianesimo e la nuova fede era arrivata a Roma, capitale dell’impero.
IL MISTERIOSO autore dell’Apocalisse – tale Giovanni, ma probabilmente è uno pseudonimo per non rendersi identificabile – scrive il libro confinato sull’isola di Patmos (al largo dell’attuale Turchia) ma sa bene delle persecuzioni dell’imperatore Domiziano contro i suoi confratelli; soprattutto è consapevole del disorientamento derivato dal fatto che la promessa di ritorno del Messia tarda a realizzarsi. Nel momento della sofferenza e dell’incertezza, il suo vuole essere un messaggio di speranza, la predicazione della fiducia nel Signore che mantiene le promesse, un disegno di giustizia e di amore per tutti e per tutte. Ecco perché ha senso richiamare il Natale, quando tutto è cominciato, e collegare Avvento e Apocalisse: l’uno sta con l’altra, l’uno completa l’altra nel racconto dell’amore di Dio.
Il testo sul ritorno del Messia vuole essere un messaggio di speranza e fiducia nel Signore
Per questo richiama il Natale