Peculato, Barracciu (Pd) condannata a 4 anni
Spese pazzeL’ex sottosegretaria Pd condannata per peculato sui fondi del gruppo in Sardegna. Interdetta, lascerà il consiglio di Sorgono (Nuoro)
La carriera politica di Francesca Barracciu potrebbe essere finita: il Tribunale di Cagliari l’ha riconosciuta colpevole di peculato continuato e l’ha condannata a quattro anni di reclusione. Con la sospensione condizionale non rischia il carcere ma l’interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena e la legge Severino costringeranno l’ex sottosegretaria renziana ai Beni culturali ad abbandonare anche l’ultima carica elettiva, quella di consigliere comunale a Sorgono (Nuoto). La prescrizione dei reati commessi fino al 17 novembre 2004 ha invece salvato l’esponente del Pd da una sentenza più pesante: il pm Marco Cocco aveva chiesto cinque anni, i giudici della seconda sezione hanno però calcolato diversamente dall’accusa i tempi di estinzione di una parte dei reati. La sentenza sarà trasmessa alla Procura della Corte dei Conti perché accerti l’eventuale danno erariale.
CON FRANCESCA BARRACCIU sono 20 i consiglieri ed ex consiglieri regionali dell’isola condannati per peculato nei procedimenti legati all’uso illecito dei fondi destinati al funzionamento dei gruppi consiliari, che coinvolgono finora 83 politici. Il presidente Massimo Poddighe ha letto il dispositivo alle 11.30, subito cronisti e operatori tv hanno accerchiato l’ex europarlamentare che dopo due anni di udienze e un procedimento durato quasi otto anni in cui ha scelto la linea del silenzio, ha accettato di commentare il verdetto: “Ero certa che dopo tutto quello che è successo questo tribunale non mi avrebbe mollato – ha detto tutto d’un fiato, tradendo l’emozione – ma questa è una partita che si gio- ca su tre tempi e io ho perso soltanto il primo”. Definita “disgraziata” la prima difesa, quando d’accordo coi suoi legali si difese spiegando di aver speso in carburante per la propria auto i primi 33 mila euro di fondi pubblici conte- stati dalla Procura, la Barracciu ha ricordato il “sacrificio” delle dimissioni dal governo Renzi dopo il rinvio a giudizio.
CONSIGLIERA regionale dal 2004 al 2009 dopo la vittoria elettorale di Renato Soru, Francesca Barracciu era finita sul registro degli indagati a conclusione dell’i nchiesta-bis della Procura di Cagliari insieme ad altri 32 esponenti del Pd. Eletta all’europarlamento e uscita vincente dalle primarie dei dem per la candidatura a governatore, aveva dovuto rinunciare a seguito della iscrizione al registro degli indagati con l’accusa di peculato legata prima all’utilizzo illegale di 33 mila euro e successivamente a contestazioni per altri 48 mila per i quali non ha mai fornito spiegazioni. Di questi, 3.600 sono stati corrisposti alla società di formazione guidata dal fidanzato della Barracciu. Chiamata da Renzi a far parte del governo come sottosegretaria ai Beni culturali, aveva dovuto dimettersi dopo il rinvio a giudizio, benché il gip Giovanni Massidda avesse rigettato l’istanza della Procura per la sua sospensione dall’incarico politico. Nel corso delle varie fasi dell’inchiesta Francesca Barracciu ha attaccato pesantemente la stampa locale, annunciando che al processo avrebbe chiarito ogni aspetto della vicenda e dimostrato la propria estraneità ai fatti contestati dal pm Cocco. Licenziato in corsa il collegio di difesa e incaricato il celebre penalista sassarese Franco Luigi Satta, l’ex europarlamentare ha partecipato in silenzio a tutte le udienze. Sulla sua posizione processuale ha pesato gravemente – come ha sostenuto il pm nella requisitoria – l’iniziale tentativo maldestro di spiegare l’uso dei primi 33 mila euro pubblici contestati con gli spostamenti in auto all’interno dell’isola, elencati in una voluminosa memoria di cui la polizia giudiziaria ha verificato punto per punto il contenuto. Incrociando i dati della carta di credito con le date dei presunti incontri politici e delle relative spese, è emerso che la Baracciu ha fornito indicazioni false in almeno 15 punti. Una prova d’accusa che il nuovo difensore ha cercato di contrastare sostenendo che la sua assistita non poteva ricordare tutto.
Accusa e difesa Contestati 81 mila euro, 3.600 alla società del fidanzato. Lei dopo il verdetto: “È il primo tempo”