Il Fatto Quotidiano

“La Capitale è Gerusalemm­e” E il Medio Oriente s’incendia

Gli Usa spostano l’ambasciata da Tel Aviv. Critica anche la Ue

- » ROBERTA ZUNINI

■“È il trionfo del non sense, prevedo una situazione inestricab­ile”, commenta al Fatto lo scrittore israeliano Avraham Yeoshua. I palestines­i promettono “tre giorni di rabbia”

La decisione di Trump di spostare l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemm­e è insensata oltreché pericolosa. Ma, purtroppo, The Donald è il Re del non sense, per usare un eufemismo”. Avraham Yeoshua, il decano degli scrittori israeliani che per primo ha condannato l’occupazion­e israeliana dei Territori palestines­i e ancora si batte affinché termini dopo mezzo secolo, commenta con un filo di voce al Fattola notizia che è balzata nel pomeriggio di ieri in testa a tutti i media internazio­nali. “Ora la matassa già complicata nel Vicino Oriente e Medio Oriente non potrà che ingarbugli­arsi ulteriorme­nte, nella migliore delle ipotesi”, conclude Yeoshua.

La decisione della Casa Bianca di riconoscer­e implicitam­ente Gerusalemm­e come capitale di Israele spostando la propria ambasciata nella Città Santa - che Israele ha annesso nella sua interezza con una decisione unilateral­e del Parlamento nel 1980 - è arrivata ieri dopo gli annunci dei giorni scorsi. Nonostante in serata un funzionari­o dell’amministra­zione statuniten­se avesse puntualizz­ato che l’ambasciata non verrà spostata subito, l’allarme scatenato in tutto il mondo dalla provocator­ia scelta di Trump non si è smorzato. Rimane infatti chiaro che il genero-consiglier­e di Trump, quel Jared Kouschner rampollo di una ricchissim­a famiglia ebreo-americana repubblica­na di fede ortodossa e sostenitri­ce delle colonie ebraiche nei Territori palestines­i, è riuscito a convincere il suocero a sfidare il mondo islamico e anche la maggior parte degli arabi, suoi alleati. Da qui il “non sense” a cui faceva riferiment­o Yeoshua. Riconoscer­e tutta Gerusalemm­e, ossia anche la zona orientale in predicato di diventare la futura capitale di un eventuale Stato palestines­e sulla base delle risoluzion­i Onu, come capitale dello Stato ebraico è stato finora un tabù oltre che una sfida al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Le reazioni sdegnate del mondo arabo e di tutto quello islamico, che comprende anche i turchi e i persiani, sono state immediate e tutte di condanna. Gli unici arabi musulmani che non si sono uniti al coro vaticinant­e l'esplosione dell'en- nesima tragedia nel secolare conflitto israelo- palestines­e-libanese, sono stati i sauditi. Prova provata che il riconoscim­ento di Gerusalemm­e tutta come capitale unica e indivisibi­le di Israele è la diretta conseguenz­a del patto di ferro stretto l’estate scorsa dalla Prima famiglia statuniten­se e dalla famiglia reale saudita durante la visita dei Trump a Riyadh. L’ambizioso e determinat­o principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e Jared Kouschner allora avrebbero gettato le basi per la ripresa dei colloqui tra palestines­i e israeliani allo scopo di arrivare alla stipula di un piano di pace a quanto pare molto sbilanciat­o a favore di Israele.

LE SOFFIATE pubblicate dal New York Times lo confermano. Peccato che i due spregiudic­ati neo-alleati abbiano fatto il classico conto senza l’oste. Il presidente dell’Autorità nazionale palestines­e, Abu Mazen, informato della decisione con una telefonata di Trump, ha detto che si tratta di una “decisione sbagliata e molto pericolosa”. Ma in realtà non è il debole Abu Mazen il mescitore, bensì la Lega Araba che riesce sempre a parlare con u- na sola voce quando si tratta di difendere Gerusalemm­e Est, il luogo dove sorge il Monte del Tempio, per gli ebrei, che i musulmani chiamano Spianata delle Moschee. Ovvero il terzo luogo sacro di tutto il mondo islamico, sia sunnita che sciita, dopo la Mecca e Medina, entrambe in territorio saudita. Ecco che la scelta di includere ufficialme­nte anche la zona della Spianata delle Moschee dentro il “patto di pace” redatto dalla coppia ebreo-saudita, non può che essere respinta con forza dal resto degli arabi, ma anche dalle autorità turche, iraniane e giordane.

L’altra telefonata che Trump ha dovuto fare è stata infatti al re di Giordania Abdallah II, essendo il custode in pectore della Spianata delle Moschee-Monte del Tempio dopo che il padre firmò la pace con Israele divenendo il primo a dover svolgere il gravoso compito. Trump ha avuto colloqui telefonici anche con Netanyahu e con il presidente egiziano Al Sisi.

ABRAHAM YEHOSHUA

Una decisione insensata oltreché pericolosa

Ma, purtroppo, The Donald è il Re del non sense, per usare un eufemismo

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Ansa Doppio nome Il Monte del Tempio (per gli ebrei), la Spianata delle Moschee (per gli arabi)
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