Il Fatto Quotidiano

“Corsa agli sportelli e zero liquidità”, quando l’istituto aretino rischiò di fallire di nuovo

Nicastro rivela a Napoletano l’effetto dello scandalo politico di fine 2015

- STE. FEL.

Banca Etruria ha rischiato di fallire due volte. Anche dopo che il governo Renzi l’aveva “salvata” con il decreto del 26 novembre 2015, spostandon­e quel che rimaneva in una “good bank” e mandando in risoluzion­e il resto, con azionisti e obbligazio­nisti subordinat­i azzerati. Lo stesso trattament­o riservato a CariChieti, Banca Marche e CariFerrar­a.

ANCHE LA “GOOD BANK” di Etruria, a differenza delle altre tre, ha però subito sfiorato il disastro, come effetto collateral­e del ruolo di Maria Elena Boschi, figlia dell’ex vice presidente dell’istituto. “Alzatosi il polverone mediatico i clienti persero fiducia, nel panico correvano in filiale a prelevare i propri depositi. La corsa agli sportelli si bloccò presto in Nuova Banca Marche e a Chieti, durò un po’ di più a Ferrara, ma divenne acutissima in Nuova Banca Etruria, come effetto della tensione mediatica e politica rispetto alle colpe dei dissesti”, rivela Roberto Nicastro, il banchiere che gestiva le good bank nel libro Il cigno nero e il cavaliere bianco firmato da Roberto Napoletano, ex direttore del Sole 24 Ore (che è sotto indagine dalla Procura di Milano per false comunicazi­oni sociali, assieme agli ex vertici del gruppo, per la vicenda delle copie digitali gonfiate).

La maldestra gestione di Palazzo Chigi (e della Banca d’Italia) di un problema che riguardava l’1 per cento del sistema bancario italiano a fine 2015 sta per innescare un effetto valanga.

NAPOLETANO ric os tru is ce un capodanno drammatico per ministero del Tesoro e Banca d’Italia: la sera del 31 dicembre 2015 “Pier Carlo Padoan, dalla caserma della guardia di finanza di Predazzo, il presidente delle quattro banche popolari ( Etruria, Cariferrar­a, Carichieti e Banca Marche) Roberto Ni- castro da Trento e il vicedirett­ore generale della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nella sua stanza in Via Nazionale, a Roma, con il capo dell’Unità di risoluzion­e e gestione delle crisi Stefano De Polis, sono in collegamen­to telefonico permanente perché, soprattutt­o per Etruria e Cariferrar­a, ci sono problemi di liquidità, rischiano di non chiudere i conti: i risparmiat­ori prelevano i depositi, scappano dalla banca”. Etruria era a un passo dal dissesto, secondo quanto racconta Nicastro a Napoletano e sopravvive soltanto grazie a risorse drenate dalle altre good bank: “La ri-

serva di liquidità di Etruria si era ridotta a sette giorni, avevamo uscite quotidiane di 30 milioni; la legge europea non consentiva interventi diretti o indiretti di natura pubblica in supporto di liquidità. Quindi si assumono varie misure di emergenza: viene ac- centrata la tesoreria di tre banche, Carichieti per fortuna era molto liquida; si mettono in liquidazio­ne alcuni portafogli titoli; si cercano depositi dappertutt­o, anche allertando le banche più solide; Bankitalia si incarica di valutare la possibilit­à di con- cedere liquidità di emergenza. Nelle filiali si combatte come in trincea”.

UN DIRIGENTE p en sio na to da Unicredit, Roberto Bertola, viene richiamato da Nicastro e “si fa tutte le filiali della banca a una a una, va a spiegare a tutti che in realtà ora la banca è più capitalizz­ata e solida di prima, senza l’energia sua e di tutta la squadra di Etruria la diga non avrebbe tenuto, con grossi rischi di ulteriore contagio”. Senza il conflitto di interesse della Boschi, Nicastro avrebbe potuto gestire la nuova Etruria senza problemi, come ha fatto con le altre tre good bank.

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Ansa Smobilitaz­ioni La sede di Banca Etruria ad Arezzo

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